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La guerra in Siria non è finita, nuova esplosione ad Aleppo
Secondo fonti civili siriane, un'esplosione vicino a una stazione degli autobus ad Al Bab City, a 40 chilometri da Aleppo, ha causato la morte di 21 persone e il ferimento di altre 96. La guerra in Siria non è finita. Bombe, emergenza diritti umani, emergenza sanitaria ed economica stanno aggravando le già difficili condizioni di vita della popolazione, stremata da oltre nove anni di guerra
di Asmae Dachan
Secondo fonti civili siriane, un'esplosione vicino a una stazione degli autobus ad Al Bab City, a 40 chilometri da Aleppo, ha causato la morte di 21 persone e il ferimento di altre 96 (in un primo momento il Syrian Network for Human Rights parlava di 14 vittime). L'area è sotto il controllo turco e al momento non c'è stata nessuna rivendicazione. La città, in passato, è stata roccaforte di gruppi estremisti e solo lo scorso anni è stata riconquistata dalle milizie curde sostenute dagli Stati Uniti.
La guerra in Siria non è finita. Bombe, emergenza diritti umani, emergenza sanitaria ed economica stanno aggravando le già difficili condizioni di vita della popolazione, stremata da oltre nove anni di guerra. Gli sfollati – sono circa 6,5 milioni – stano affrontando l’ennesimo autunno in condizioni precarie, all'interno di tendopoli fatiscenti. Lo stesso vale per i profughi. Il covid-19 è arrivato anche in Siria e si contano casi sia nelle città, che nelle tendopoli. Nella regione, intanto, si sta scrivendo una nuova pagina di geo-politica. Ilham al-Ahmad, capo del comitato esecutivo del Consiglio democratico siriano, ha annunciato che saranno rilasciate circa 25mila persone, donne e bambini legate a terroristi dell’Isis, dal campo di detenzione di al Hol, al confine tra Siria e Iraq verso i rispettivi Paesi d’origine. Secondo l’Onu in quel campo, gestito dalle forze curde, vivono ormai 70mila persone ed esiste anche un allarme sicurezza.
In questo complesso quadro, diverse centinaia di uomini siriani sono attualmente impegnati sui fronti opposti in Libia e ora anche nella regione contesa di Nagorno-Karabakh. In sinesi la Siria sanguina, la Siria muore, ma da una parte e dall'altra si incoraggia e si finanzia la partenza di mercenari siriani, che vanno a combattere guerre per procura. Che si tratti di giovanissimi cresciuti in questi ultimi dieci anni in mezzo a violenze e ingiustizie, che non hanno conosciuto alternative alle armi, o di esperti combattenti che semplicemente inseguono i propri interessi e servono il dio denaro, a uscirne sconfitto è ancora una volta il popolo siriano, la sua rivoluzione pacifica, la sua società civile in tutte le sue sfumature.
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