Cultura
La guerra Granarolo-Parmalat. Il mio latte è più latte del tuo
Fresco o microfiltrato? Proviamo a capirci.Due colossi alimentari si affrontano a colpi di carta bollata: materia del contendere, la scadenza del prodotto.
di Paolo Manzo
Latte microfiltrato. Un?associazione di parole che oggi suona astrusa ai più, ma che presto entrerà nel lessico comune di milioni di massaie. Proprio come accadde per il latte pastorizzato o per quello a lunga conservazione. Ma che cos?è la microfiltrazione del latte? Lo spiega il professor Antonio Neri, direttore dell?Istituto bromatologico italiano e della rivista Alimenta.
«La microfiltrazione», spiega, «è un processo che consente di separare la parte grassa del latte da quella liquida e durante il quale viene eliminata il 99,9% della carica microbica del latte. Quando il latte crudo arriva nello stabilimento, si separa la panna, mentre il latte scremato è filtrato attraverso una speciale ceramica i cui pori sono così piccoli da lasciar passare il latte, ma non i batteri né le cellule estranee che vi nuotano. Una volta filtrato il latte è pastorizzato normalmente e ricombinato con la parte grassa».
Proprietà immutate?
Ma questo procedimento incide sulle proprietà del latte fresco? Per l?associazione Altroconsumo il latte microfiltrato mantiene le stesse caratteristiche nutrizionali e organolettiche del latte fresco.
«Abbiamo fatto un test su 7 tipi di latte, 5 dei quali contenenti l?aggettivo fresco sull?etichetta», spiega Franca Braga, alimentarista e responsabile europea delle ricerche di Altroconsumo. «I risultati del test parlano chiaro: il latte che si definisce fresco, anche quello con scadenza oltre i 4 giorni, rispetta in pieno i parametri di qualità stabiliti dalla legge 169/89. Le caratteristiche chimiche, microbiologiche, nutrizionali e di gusto dei prodotti che si definiscono freschi e che ?durano di più? (Parmalat FrescoBlu, Muller Latte Fresco Qualità Superiore, Berchtesgadener Land Latte Fresco da agricoltura biologica, ndr), sono le stesse dei latti freschi tradizionali».
Quindi nessuna obiezione a un latte fresco ?extra long?? Neri precisa: «per me è fresco solo quello crudo, anche se la legge ha aperto nel 1989 al pastorizzato, ponendo in Italia il limite dei 4 giorni. Se poi con la microfiltrazione si mantengono tutte le proprietà del fresco anche anche dopo 8 giorni, dev?essere chiaro, sull?etichetta e nei messaggi pubblicitari, il processo cui è stato sottoposto il latte. Insomma, non lo si chiami fresco».
Ma a Luciano Sita, presidente di Granarolo, il ?trucco? di chi ha allungato con la microfiltrazione la scadenza del latte fresco non va proprio giù.
E in attesa che la Commissione scientifica congiunta dei ministeri della Sanità e delle Politiche agricole si pronunci entro fine maggio sulla nuova tecnologia usata da Callisto Tanzi, patron di Parmalat, Sita spiega a Vita le ragioni che hanno portato Granarolo a citare in giudizio Parmalat: «Legittimare il processo di microfiltrazione significherebbe spingere il comparto verso la deriva dell?industrializzazione della qualità del latte. Con questo processo è infatti possibile costruire la qualità del latte in fabbrica e quello prodotto nelle stalle tornerebbe ad avere come parametro d?apprezzamento il colore bianco». E ancora, «la politica della qualità del latte alla stalla, che è quella che ha sancito il primato della naturalità al prodotto, che ha ottenuto l?apprezzamento dei consumatori, che ha garantito una maggiore remunerazione dei produttori, che rappresenta un pilastro della nostra tradizione alimentare, corre oggi seriamente il rischio di essere vanificata».
Alla Parmalat replicano con veemenza alle accuse del presidente di Granarolo: «La microfiltrazione consente di ottenere un prodotto più sano, elimina gli agenti batterici e valorizza il latte fresco: aumentare la durata del latte significa allargarne il mercato», spiega la responsabile del latte fresco Parmalat,Cristina Vezzani. Che chiude con un «ci stiamo arrabbiando», che fa capire come la querelle con Granarolo sia solo agli inizi.
I trend dettano legge
Ci si contende quei 16,6 litri di latte fresco che ogni italiano consuma annualmente. Poca cosa, se si vuole, paragonata ai 26,6 litri di prodotto a lunga conservazione che invece viene bevuto pro capite. Ma sono i trend, quelli che contano. Le statistiche mostrano che se il latte conservato è in leggero calo (-1,6%), il latte fresco mostra una flessione più decisa
(-12,4%), mentre a ?tirare di più? è proprio il ?fresco di alta qualità?, che lo scorso anno ha fatto registrare una crescita del 6,8% in un comparto che vede consumati ogni anno 2,4 miliardi di tonnellate di latte.
Ma se il busillis della microfiltrazione non è ancora sciolto, il problema che quasi tutti ignorano è la legge europea sull?etichettatura, la quale impone che sul prodotto sia indicato chiaramente il trattamento cui è stato sottoposto.
Gli agricoltori intanto…
«Parmalat potrebbe vendere il suo prodotto dicendo che ha le stesse caratteristiche primigenie e organolettiche del latte fresco, ma indicando chiaramente sull?etichetta che è stato sottoposto al processo di microfiltrazione e che è latte tedesco», dicono alla Coldiretti. E il suo presidente, Paolo Bedoni, sottolinea l?importanza della tracciabilità del latte venduto: «è arrivato il momento di fare chiarezza definitiva su un bene primario come il latte, su chi, dove e come lo produce, sulla piena garanzia al consumatore riguardo alla freschezza e alla provenienza».
E il motivo per cui Parmalat tace è ovvio per il professor Neri: «Il consumatore non abboccherebbe, non acquisterebbe un prodotto che costa come (o più) del fresco ma che, de facto, ha subito un trattamento di pastorizzazione violenta e di microfiltratura».
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