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La guerra che verrà: la Francia arruola scrittori di fantascienza

Non è la prima volta che gli apparati di sicurezza e difesa si servono di scrittori e sceneggiatori per "immaginare" scenari futuri. Ora tocca al Ministero della difesa francese che ha bandito una gara per autori e sceneggiatori capaci di «immaginare scenari di conflitto tra il 2030 e il 2060»

di Marco Dotti

La notizia era nell’aria da mesi, ma da qualche giorno è ufficiale. Nero su bianco: il Ministero della dfesa francese recluta scrittori di fantascienza.

Lo scopo è creare un red team all’interno dell’AID, l’Agenzia per l’innovazione della difesa, capace di ripensare la guerra e «immaginare e creare scenari futuristici e disruptive a beneficio dell’innovazione della difesa».


Red team: che cos’è

In ambito militare un red team è un gruppo specializzato che simula il ruolo di avversari e nemici. Il tutto al fine di testare alternative, piani, operazioni capacità di resistenza e controffensiva nel contesto di un ambiente altamente operativo. La pratica del red teming è anche entrata anche nel linguaggio dell’hacking informatico, definendo un processo innescato per rilevare le vulnerabilità della rete e del sistema e testarme la sicurezza.

Il progetto francese, si legge nel bollettino ufficiale, punta a reclutare autori e sceneggiatori di fantascienza per impegnarli nella «porogettazione e restituzione di scenari di disruption operativi, tecnologici o organizzativi» che letteralmente immaginino i conflitti del futuro in un periodo ben definito: 2030-2060.G

Future war

Intervistato dal settimanale Marianne, il colonnello Michel Goya, autore del recente S’adapter pour vaincre : Comment les armées évoluent (Perrin, 2019), spiega però che innovazione può anche significare un ritorno al passato. Per questo, osserva, il soldato del futuro avrà in mano in kalashnikov», più che insolite pistole laser.

«Sono anche un grande fan della fantascienza e usare gli scrittori di fantascienza non è una novità, è già stato fatto in passato, per esempio negli Stati Uniti. È sempre interessante circondarsi di persone cui affidare il compito di immaginare possibili futuri. Può aiutare a esplorare nuove strade. Ma l’esercizio ha molti limiti. Nel complesso, questo tipo di iniziativa ha portato molto raramente a risultati operativi. O perché l’esercito ha mancato un’innovazione o perché l’innovazione non è stata presa sul serio. L’unico esempio che mi viene in mente è il caso di H.G. Wells, che nel 1910 immaginò in uno dei suoi romanzi l’uso di un’arma atomica e influenzò i ricercatori dell’epoca. La trappola dell’anticipazione è quella di concentrarsi sull’evoluzione tecnologica».

«Innovare? È guardarsi indietro, quando serve»

Così è stato per il tenente colonnello Robert Rigg, che, spiega ancora il colonnello Goya, «nel 1956, sulla rivista militare americana Army, immaginava il soldato americano del futuro, cioè degli anni Settanta. Per lui, questo soldatoera un soldato di fanteria, vestito con un’armatura antiatomica e dotato di un fucile da cecchino. Troveremo questo mondo immaginario nei film di fantascienza. Se non fosse che gli anni ’70 sono quelli della guerra del Vietnam, il soldato americano non è poi così diverso da quello degli anni ’50. (…) a volte l’innovazione significa un passo indietro tecnologico».

Durante la guerra d’Algeria, per esempio, l’esercito francese si rese conto che il suo equipaggiamento «era troppo moderno per combattere efficacemente. I suoi aerei erano troppo veloci per individuare e colpire il nemico, e i suoi veicoli corazzati erano molto poco pratici per le spedizioni in montagna. Di conseguenza, i piloti si riprendono dai vecchi e lenti orologi a cucù della seconda guerra mondiale, i combattenti a terra tornano alle escursioni a piedi per rintracciare il nemico. Gli elicotteri da trasporto sono sottoposti a manutenzione quando vengono adattati al contesto dell’operazione».

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