Famiglia

La guerra che la Nato ha già perso

Le potenze mondiali hanno saputo portare il conflitto e la distruzione ma non hanno saputo soccorrerne le vittime principali:i profughi in disperata fuga dal Kosovo

di Gabriella Meroni

Un mese e mezzo è passato dall?inizio della guerra nei Balcani. Una guerra a cui abbiamo dedicato 6 copertine e 30 pagine di reportage e servizi. Ma un mese e mezzo è trascorso anche per i profughi kosovari, un mese e mezzo senza che i governi mondiali, chirurgici e tempestivi nel portare la morte, siano stati in grado di organizzare le strutture per garantire la vita a centinaia di migliaia di persone in fuga. E ciò vale per l?Albania quanto per la Macedonia. Ma anche per la Serbia e per chi ancora è intrappolato nei confini kosovari. Un Arcobaleno di miracoli La situazione in Albania è tesa e caotica: secondo l?Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur), si trovano almeno 400 mila profughi. Persone che se hanno ancora una qualche speranza, lo devono all?Italia, l?unico Paese che pare essersi mobilitato anche sull?altro versante della guerra, quello di chi la subisce. La nostra Protezione civile con la Missione Arcobaleno, insieme ad associazioni, ong, istituti religiosi e singoli volontari, sono riusciti a predisporre tredici campi e altrettante strutture auto organizzate in grado di accogliere 40 mila persone. Purtroppo solo il 10% del popolo in fuga.Certo, ci sono poi le iniziative a sostegno delle famiglie albanesi di ong e Governo italiano, ma sarebbe stupido e disonesto frequentare trasmissioni televisive continuando a dire, come si fa, ma come siamo bravi. L?impegno dei nostri connazionali, pur immenso, non è poi più sufficiente: mancano i viveri, le strutture, persino le tende, manca in sostanza che il mondo intero, dai governi alle agenzie Onu, scenda in campo per risolvere un problema che ha contribuito a creare. E la disfatta appare a un primo sguardo arrivando nella regione di Kukes, al confine tra Albania e Kosovo, dove sono situati qualcosa come 170 mila profughi. Qui la protezione civile italiana ha organizzato due campi, Kukes 1 e Kukes 2, che ospitano rispettivamente 6 mila e 7.500 persone. Ma una distinzione tra chi è fuori e chi dentro il campo non ha più senso, come ci testimonia Giorgio Tronconi, responsabile nazionale della Prociv Arci. «Siamo al caos più completo, ogni giorno arrivano migliaia di persone, e noi cerchiamo di dare da mangiare a tutti. Ma parlare di accoglienza non è più possibile, anche perché i campi di Kukes sono destinati alla chiusura: la zona, considerata di guerra, va evacuata. Ma anche perché non ce la facciamo più: mi si scusi l?espressione, ma ci siamo fatti un mazzo tanto per poi accorgerci di essere rimasti i soli». I profughi dovrebbero venire spostati in altri campi e l?Acnur dovrebbe prendere in mano la situazione. Dovrebbe, perché, anche se al fianco della bandiera italiana ora nei campi di Kukes sventola anche quella delle Nazioni Unite, l?Alto Commissariato non sembra disporre né di organizzazione né, tantomeno, degli uomini necessari. Una situazione analoga la si sta vivendo nel campo di Kavaje, il più grande allestito dalla Missione Arcobaleno. Anche qui la parola ?normalizzazione? non trova senso: continuano ad arrivare nuovi rifugiati, ma il campo – che ospita più di 5.700 persone – ormai è chiuso. Dovrebbero subentrare l?Acnur e alcune ong internazionali, ma al momento si tratta solo di intenzioni. Intanto i volontari italiani lavorano alacremente in un campo, l?unico, che è riuscito ad andare oltre l?emergenza: 700 tende, due ospedali e cinque presidi medici, una scuola con ottocento studenti, un campo da calcio e un mercato. «Purtroppo abbiamo dovuto fermarci nell?accoglienza, perché siamo già oltre i limiti strutturali del campo, ma anche fisici nostri, dato che lavoriamo non meno di diciannove ore al giorno», ci conferma Domenico Fiorito della Protezione civile, fra i responsabili del campo. «Il problema è che siamo solo noi italiani, e siamo qui ormai da settimane. Abbiamo saputo di promesse d?aiuto, di volontari provenienti da altri Paesi, ma noi non abbiamo mai visto nessuno». Il malcontento e la stanchezza continuano ad andare a braccetto con la determinazione ad andare avanti anche in tutti gli altri campi ?italo-albanesi?. Entro la prossima settimana dovrebbero andare a regime i nuovi centri di Valona e di Rrashbul 2 (10 mila gli ospiti), mentre il lavoro dei volontari prosegue: a Rrashbul 1 (2.500 persone), gestito dalla Misericordie d?Italia; a Shijak (1.500), gestito dall?Anpas; a Tirana (900) all?interno dell?Isituto Don Bosco; a Scutari (700), grazie al Comune di Modena; a Lezhe, dove nell?intera area sono ospitati circa 15 mila profughi, grazie anche al campo e al coordinamento di Intersos, che ha organizzato altri due campi a Shenjin e Kune (1.500 persone). Infine, in fase di realizzazione, sono ancora i campi di Elbasan (Cefa) e Saranda (Cesvi). Kosovari vittime due volte In Macedonia la polveriera umana sta per esplodere, e non solo per i continui arrivi dei profughi (64 mila in tre giorni nell?ultimo fine settimana). Qui infatti i rifugiati kosovari sembrano essere vittime due volte: dei serbi che li hanno costretti a fuggire da casa loro e di un vasto e organico disegno politico che mira alla loro espulsione dal Paese. Il governo macedone infatti non li vuole sul suo territorio, e non è un caso che proprio da qui l?Acnur stia organizzando quelle che chiama ?evacuazioni umanitarie?, cioè il trasferimento dei profughi verso altri Paesi europei. Al 4 maggio erano quasi 27 mila i kosovari messi su un aereo o un treno e spediti in Germania, Turchia, Norvegia, Belgio, Austria. L?Italia è pronta a riceverne 10 mila, i primi 5 mila nella base di Comiso, in Sicilia, come ha annunciato il presidente del Consiglio Massimo D?Alema. Con quali prospettive di accoglienza reale, non è dato sapere. Ma c?è qualcosa di molto peggiore che potrebbe attendere migliaia di questi deportati: essere costretti a trasferirsi non in un ricco Stato occidentale, ma nella vicina e ancor più povera Albania, ormai al limite del collasso. «Le prove ancora non le abbiamo, ma qui nessuno parla d?altro: i kosovari stanno per essere deportati un?altra volta, in Albania», ci racconta da Skopje Alessandro Pieroni dell?Ics. «Il problema è politico, e la netta sensazione è che si cerchi di rendere la situazione ingovernabile in modo che le deportazioni vengano giustificate da ?motivi umanitari?. Un esempio? L?ultimo campo che è stato aperto, a Cegrane, doveva contenere 14 mila persone ma le autorità macedoni ce ne vogliono stipare 40 mila. È chiaro che la situazione esploderà, e alla prima epidemia, o incendio, o rivolta, partiranno i trasferimenti di massa». La miccia, del resto, è già accesa. La Macedonia conta in tutto quasi 200 mila rifugiati e solo sei campi, tutti sovraffollati, di cui cinque (con oltre 63 mila ospiti) sono definiti dal governo ?di transito?. L?unico che dovrebbe contenere profughi per un periodo più lungo è appunto quello di Cegrane, il candidato ad esplodere. «La situazione peggiora di giorno in giorno», dice Francesca Cerchia di Intersos, l?organizzazione italiana che co-gestisce il campo di Cegrane. «I soldati della Nato, dell?operazione Allied Harbour, hanno fatto un buon lavoro perché hanno costruito i campi in un periodo in cui le ong non erano ancora pronte per far fronte alla massa di rifugiati, poi però se ne sono andati. Qui sono presenti diverse organizzazioni internazionali, soprattutto statunitensi, che fanno quello che possono. Noi italiani siamo pochi e non riceviamo aiuti dalla Missione Arcobaleno, che si è concentrata sull?Albania, ma solo da Echo e dalla cooperazione italiana, che però non ha molti fondi. Così siamo in emergenza anche noi». In tutto, sarebbero oltre 100 mila i profughi che si trovano in Macedonia fuori dai campi di accoglienza; di questi circa 30 mila sono ospitati in famiglie, gli altri vivono all?aperto, sui loro poveri stracci, senza nemmeno il riparo di una tenda. In trappola nella terra di nessuno Chi sta peggio di tutti, però, sono i 10 mila profughi ancora accampati nella ?terra di nessuno? tra Macedonia e Kosovo in attesa di rifugiarsi al sicuro. «Sono in trappola» denuncia Francesca Cerchia. «Non si possono muovere perché le frontiere vengono aperte senza preavviso, ma lì l?assistenza non è possibile perché alle ong è vietato l?accesso. L?unica cosa che possiamo fare è distribuire qualche aiuto alimentare agli abitanti dei villaggi vicini che a loro volta li portano ai profughi. Ma nessuno può dire come stanno veramente quelle migliaia di disperati». Come uscire da un?impasse di questa gravità? I responsabili delle ong italiane avanzano una proposta: «La Macedonia è un Paese povero lasciato troppo solo, così per difendersi si rifà sui profughi», dice Alessandro Pieroni (Ics). «Bisognerebbe che gli Usa e gli altri Paesi Nato facessero la voce grossa e considerassero l?aiuto ai profughi la vera priorità. Così anche il governo di Georgevski sarebbe costretto a cessare l?ostruzionismo. Invece con un Occidente così debole anche la Macedonia diventa forte». Sono 727 mila i disperati Dove sono i profughi Montenegro 61.900 Macedonia 204.070 Albania 396.300 Bosnia 15.000 Serbia (fonte governo serbo) 50.000 Totale 727.270 Evacuazioni umanitarie dalla Macedonia Austria 1.145 Belgio 1.205 Croazia 188 Repubblica ceca 346 Danimarca 156 Finlandia 481 Francia 2.354 Germania 9.974 Islanda 23 Israele 106 Olanda 1.474 Norvegia 2.166 Polonia 635 Slovenia 115 Spagna 208 Svezia 758 Svizzera 33 Turchia 5.827 Gran Bretagna330 Totale27.524 Ingressi in Italia circa 9.000 di clandestini kosovari dal 24/3/99 (fonte: Acnur; dati aggiornati al 4/5/99) Cercasi volontari Ai.Bi. Cerca coordinatori gestionali diretti ad un Osservatorio Minori sul territorio albanese. Dovranno essere in grado di svolgere interventi sociali e logistici. Requisiti: disponibilità immediata, pemanenza in Albania per almeno 6 mesi; esperienza di coordinatore di un progetto di cooperazione internazionale; laurea e/o master; conoscenza della lingua inglese. Corso di formazione, viaggio, alloggio e assicurazione a carico dell?Ai.bi. Trattamento economico di 1 milione 700 mila lire mensili. Inviare curriculum e lettera di motivazione (specificando Rif. EBK) al fax: 02/98232611 CESVI Cerca coordinatori e logisti per il Sud dell?Albania. Il candidato ideale ha già esperienza di cooperazione, capacità decisionale, attitudine al lavoro autonomo. Preferenziale conoscenza dell?inglese. Si richiede disponibilità a rimanere in Albania per 3 mesi, estendibili a 6. Per i coordinatori è prevista una interessante retribuzione. Si ricercano inoltre volontari con qualifiche tecniche in attività idrauliche, elettriche e di muratura (disponibilità 3-4 mesi). Inviare curriculum a Cesvi Cooperazione e Sviluppo, via Pignolo 50, 24121 Bergamo. Tel 035/243990 Fax 035/243887. INTERSOS Si cercano logisti e magazzinieri per i campi di Albania e Macedonia che organizzino la distribuzione dei beni di prima necessità. Si cercano anche operatori e assistenti sociali. Il volontario ideale ha maturato esperienze sul terreno dell?emergenza, conosce l?inglese e ha una disponibilità di tempo di 2-3 mesi. L?associazione provvederà a viaggio, vitto e alloggio e fornirà un pocket money di un milione e mezzo. Inviare curriculum al fax 06/4469290. AVSI L?associazione ricerca, per il progetto ?Emergenza bambini? 4 coordinatori di attività per l?infanzia. Si richiedono esperienza in gestione del personale, attitudini alle relazioni umane, capacità organizzative; si ricercano inoltre 3 pediatri, 1 psicologo e 4 operatori sociali/animatori. Per il progetto ?Pane per i profughi?: 2 logisti e 1 magazziniere; un coordinatore che sappia l?inglese e abbia competenze manageriali. Per il campo di Valona si ricercano: 2 coordinatori, con capacità organizzative e amministrative e conoscenza dell?inglese; 1 medico di base. Disponibilità richiesta:1-3 mesi. Inviare curriculum all?Avsi (fax 02/5062994) all?attenzione di Giampaolo Silvestri. ICS Dall?idraulico al maestro d?asilo, l?associazione cerca ogni tipo di volontari. Requisito indispensabile: la maggiore età e l?esperienza adatta a reggere lo stress di un contesto problematico. Altre figure richieste: medici, infermieri e pedagogisti. Disponibilità minima: 2 settimane. A carico dei volontari solo le spese del viaggio, Ics fornirà vitto e alloggio. Inviare curriculum via fax (06/4469290) indirizzato a PaoloTamiazzo. COCIS È partita la campagna ?Giochiamo alla pace?: si raccolgono giocattoli in buono stato (non a pile) e materiale didattico da spedire ai bambini del Kosovo. La raccolta termina il 31 maggio; il materiale può essere convogliato in tre centri, a Torino (011.4374936), Roma (06.32.16.054) e Taranto (099.77.72.348). Per informazioni, Cocis tel. 06.69.92.41.12


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA