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La guerra che già divora le intelligenze

L'editoriale di Giuseppe Frangi su come la guerra modifichi i pensieri.

di Giuseppe Frangi

Con una formula estremamente efficace Giovanni Paolo II aveva definito la guerra «un?avventura senza ritorno». Si era alla vigilia del primo conflitto iracheno, e le potenze occidentali, Usa in testa, accampavano ragioni di diritto internazionale, quali l?indipendenza del Kuwait invaso dalle truppe di Saddam. Sono passati 12 anni, siamo alla vigilia di un probabile nuovo conflitto con l?Iraq. Le ragioni stavolta sono assai più labili e confuse, il fronte delle potenze occidentale è molto più frammentato. Ma oggi quella intuizione del Papa ci appare in tutta la sua illuminante tragicità: nella guerra si entra, ma dalla guerra è difficile liberarsi. Quello che sta accadendo in queste settimane ha un che di truce proprio per il fatalismo che sembra paralizzare le forze in campo. Come prigioniere dall?ineluttabilità del conflitto, incapaci di fare un passo indietro, di riportare a proporzioni reali i fantasmi che gonfiano la retorica della propaganda. Ma questa è la guerra: un demone ingovernabile che scatena la sua furia distruttiva minando, innanzitutto, la capacità di ragionevolezza dell?uomo. Cioè il suo più grande tesoro. Lo vediamo ogni giorno, a ogni livello. La guerra è una dimensione che intacca l?umano, lo soggioga, lo rende capace di nefandezze intellettuali che ci sembravano inimmaginabili. L?uomo diventa irriconoscibile, incapace persino di provare, non si dice pietà, ma almeno un senso di spavento per le conseguenze concrete che la scelta dello scontro porta con sé. La guerra acceca il cuore dell?uomo ancor prima che venga sparato un colpo. Ed è questa la dimensione che riempie di angoscia i giorni che stiamo vivendo. Come sarà possibile uscire da questa impasse che coinvolge il destino di tutti, anche dei tanti, tantissimi che, con semplicità e con passione, in queste settimane stanno gridando il loro no alla guerra? è immaginabile un passo indietro da parte di chi, da mesi, tiene il dito pronto sul grilletto? C?è stato un episodio, tragico nella sua comicità, ma emblematico di questo annullamento di ogni ragionevolezza. è accaduto quando il segretario di Stato americano Colin Powell, davanti al Consiglio di Sicurezza dell?Onu, ha esposto con la massima solennità le ragioni che avrebbero dovuto essere risolutive per la scelta del conflitto. Il numero due della più grande potenza del mondo ha elogiato un documento, definito di ?eccezionale qualità?, frutto del lavoro dei servizi segreti inglesi. Ebbene, il giorno dopo un?emittente di Londra ridicolizzava Blair e Powell svelando che quel rapporto altro non era che la riscrittura pasticciata della tesi di un ricercatore del Centre for nonproliferation studies e di un articolo della rivista Jane?s Intelligence Review. L?America oggi è come un gigante accecato dai propri fantasmi, che subisce simili umiliazioni buttando via il meglio di se stessa, il proprio amore per la libertà, la propria vocazione a conquistare traguardi che rendano la vita migliore. Riuscirà il gigante a fare un passo indietro? Chissà se il grande popolo che sabato 15 si riverserà per le strade di tante città del mondo per chiedere la pace, riuscirà a fare anche questo miracolo?


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