Non profit

La gratutià s’impara (bene) sui banchi

L’ultima indagine Istat parla chiaro: le associazioni non intercettano più le giovani leve. Eppure, a Milano, un liceo recluta come volontari il 20% dei suoi iscritti

di Benedetta Verrini

Il volontariato è vecchio. Ha lo sguardo maturo e l?esperienza di uomini e donne di mezza età che, ancora al lavoro o in pensione, decidono di dedicarsi agli altri. L?ultima indagine Istat, pubblicata a ottobre 2005, mostra impietosa uno shock generazionale cui le associazioni dovranno far fronte: dal 1995 al 2003 le nuove leve, gli under 29, sono calati del 7,3%.

Eppure a Milano sta succedendo qualcosa che va in controtendenza. Succede in un istituto psicopedagogico del centro città, l?Agnesi, lo stesso che un anno fa aveva aperto le sue porte, sommerso da mille inutili polemiche, ai ragazzi islamici di via Quaranta.

All?Agnesi lo spirito del volontariato si respira già nei gesti minimi di solidarietà verso il compagno di banco, verso il ragazzo straniero o disabile, verso il ragazzino più timido o più lento, «in un?attenzione per la persona che riteniamo fondamentale per crescere ed educare dei cittadini», spiega il preside, Giovanni Gaglio. Così, grazie a questo impegno educativo, nel 1999 l?istituto milanese è diventato il primo sportello provinciale per la diffusione del volontariato e nel 2002 si è ulteriormente rafforzato, costituendosi come sportello unico regionale, punto di riferimento per tutte le scuole della Lombardia, con partner la Caritas Ambrosiana.

Risultato? Ogni anno all?Agnesi almeno 250 ragazzi su 1.300 (il 20%) fa volontariato costante, mettendo a disposizione due ore settimanali del proprio tempo in un?associazione, assistendo gli anziani o qualche coetaneo disabile, facendo animazione presso comunità per minori o in altre scuole elementari e medie. «Non sono ragazzi ?speciali?, hanno medie scolastiche molto varie, storie personali diversissime», commenta la professoressa Claudia Gariboldi, insegnante di tedesco e referente del progetto. «Diciamo che colgono il senso di un messaggio, sul piano umano, e quasi sempre questa esperienza li cambia».

Forse, il segreto dell?Agnesi è che nessuno li va a cercare. «All?inizio dell?anno mandiamo una lettera a ciascuno studente, invitandolo allo sportello», prosegue la Gariboldi. «Di lì, si attiva un tam tam, la voglia di far parte del progetto. Un altro passaggio fondamentale di questa strategia è che la scuola non è una semplice intermediaria: noi non ?affidiamo? i ragazzi alle associazioni. L?attività di volontariato fa parte del Piano dell?offerta formativa dell?Agnesi e dunque noi continuiamo a seguirli durante tutto l?anno, teniamo i rapporti con i tutor delle associazioni e cerchiamo di tenere alta la motivazione». A fine anno, gli studenti ottengono la certificazione del percorso fatto. Anche se non incide sulla media, tengono molto ad avere questo documento in curriculum.
L?esperienza del volontariato, poi, ricade sullo ?stato generale? della disciplina nella scuola: all?Agnesi i fenomeni di bullismo sono molto rari («capita che le azioni disciplinari vengano tradotte in ore di volontariato», spiega la Gariboldi, «e spesso chi ha sperimentato queste ?punizioni? poi è entrato spontaneamente nel progetto») e si fa una grande prevenzione del disagio giovanile. «La scuola è il luogo dove si insegnano i valori», aggiunge il preside Gaglio, «perciò combattiamo violenza e disagio facendo sperimentare ai ragazzi quel senso di responsabilità che si espande in tutti gli aspetti della vita».

La sfida della scuola del futuro, dicono, passa anche da questo. «Perché l?educazione alla solidarietà», dice la Gariboldi, «va sperimentata quando si è giovanissimi o si perde e diventa estranea».

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