Sostenibilità

La grande vecchia dei mari e un nemico chiamato pesca

di Redazione

Ogni anno circa 150mila tartarughe marine vengono catturate accidentalmente da ami, reti e altri attrezzidi Lucio Biancatelli
«Stimiamo che ogni anno nel Mediterraneo circa 150mila tartarughe marine vengano catturate dagli attrezzi da pesca, sia industriali che artigianali, dagli ami alle reti. Di queste, circa un terzo potrebbero trovare la morte proprio a causa di questo impatto accidentale». Paolo Casale è il responsabile del «Progetto Tartarughe marine» del WWF. Lo incontriamo durante Turtle week, che il WWF ha organizzato dal 16 al 20 giugno. «L’Italia è una penisola che taglia a metà il Mediterraneo e ospita zone tra le più importanti in assoluto come aree di alimentazione per le tartarughe marine: l’Adriatico, lo Ionio, il Canale di Sicilia. Ma nello stesso tempo il nostro è uno dei Paesi mediterranei che ha la più grande flotta di pesca». Nel mondo sono sette le specie di tartaruga marina, tre di esse frequentano il Mediterraneo: la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga liuto e la tartaruga verde. Ma solo la prima si riproduce nei nostri mari. «La Caretta è in una situazione di grave rischio», continua Casale. «Alcune colonie di questa specie sono scomparse, e probabilmente stiamo assistendo a tutt’oggi ad un decremento abbastanza forte. È difficile capire il grado e la velocità di declino perché sono animali che vivono molto a lungo, con un tempo generazionale di 30 anni e oltre. E noi abbiamo cominciato a studiarle da poche decine di anni. Ma gli indizi sono tutti molto preoccupanti».
Come affrontare questo problema?
Le problematiche nei diversi Paesi sono estremamente eterogenee: cultura, sistemi di pesca, entità della flotta, ed è perciò difficile intraprendere azioni di conservazione su larga scala. Stiamo lavorando assieme ai pescatori per far loro comprendere l’importanza del loro ruolo e il loro impatto su questa specie. Grazie ai pescatori abbiamo avuto informazioni preziose, e con loro abbiamo definito l’insieme delle procedure da adottare in caso di cattura per rilasciare in buono stato le tartarughe. Su larga scala l’obiettivo è creare attrezzi da pesca più selettivi, che non colpiscano cioè specie non oggetto di pesca.
Qualche curiosità sulle tartarughe marine…
Innanzitutto hanno una storia antichissima, di milioni di anni. Hanno tantissime particolarità, una di queste è la capacità di tornare a deporre le uova negli stessi siti in cui sono nate, compiendo viaggi anche di 10mila chilometri. Questo riescono a farlo grazie ad un insieme di meccanismi che ancora non abbiamo ben compreso ma che coinvolgono probabilmente l’orientamento tramite il magnetismo terrestre e l’olfatto. Un’altra particolarità è che quando nascono si devono sincronizzare nella schiusa, perché il nido è posto sotto la sabbia, anche a 50 centimetri di profondità, e un piccolo da solo non riuscirebbe a risalire in superficie. Una volta allo scoperto, nel guadagnare il mare i piccoli restano uniti, per difendersi dai predatori. Qualcuno finirà mangiato, ma molti si salveranno.

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