Oggi sento il dovere di ringraziare la redazione di Vita. Non è piaggeria, è orgoglio di appartenenza. Ho appena sfogliato virtualmente il numero del 24 febbraio, che da oggi è in edicola e in spedizione agli abbonati. Ho visto nero su bianco un lavoro di squadra che non ha eguali nella stampa italiana, su di un tema che in questo blog è stato affrontato a più riprese, negli ultimi due anni, da quando l’allora ministro Tremonti lanciò con enfasi la campagna per sconfiggere il fenomeno dei “falsi invalidi”, a suo giudizio uno dei fattori determinanti nel causare un eccesso di spesa sociale improduttiva.
Da allora, infatti, i grandi media generalisti hanno cavalcato a lungo le informazioni che la cronaca regalava ad orologeria, ma che nascevano, come spesso abbiamo documentato, da efficaci indagini di polizia giudiziaria e da controlli, pedinamenti, denunce e segnalazioni di cittadini onesti. Mai da controlli medici e amministrativi dell’Inps, nonostante il dispiegamento di mezzi e il ricorso senza precedenti a una serie di controlli a tappeto, che hanno messo seriamente in difficoltà migliaia di famiglie per bene, la cui unica colpa è quella di non avere sottomano documentazione specialistica aggiornata, o di non poter documentare “miracoli” impossibili.
Lo abbiamo scritto e detto più volte. Ma vedere un settimanale come Vita dedicare le prime pagine del magazine a questo tema, con coraggio e precisione, e con un lavoro di squadra ben coordinato ed efficace, fa effetto anche a me, vecchio giornalista passato dalla carta al web, dalle redazioni di cronaca alle redazioni virtuali. Il potere della carta, che dura nel tempo e può essere conservata a futura memoria, è indubbio e incontrovertibile, e non è affatto in contrasto con il giusto incedere del giornalismo virtuale. La titolazione, le foto, le tabelle, le interviste, la scansione degli argomenti, sono caratteristiche precise di un giornalismo d’inchiesta che inspiegabilmente sta perdendo peso, almeno nel nostro Paese.
Dedicare la copertina alle imprese del presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, e sviluppare il tema non soltanto con un mio contributo approfondito, ma anche con interviste, pezzi di appoggio, schede, e analisi socioeconomiche, fa di questo numero di Vita un piccolo gioiello, e vi consiglio vivamente di cercarlo in edicola, di acquistarlo, di conservarlo, di diffonderlo. Non è un messaggio pubblicitario il mio: è un invito preciso alla condivisione e all’apprezzamento del lavoro professionale di giornalisti che da anni hanno scelto il non profit e la libertà (senza finanziamenti pubblici) ben sapendo il rischio che stavano correndo. A volte i lettori devono essere chiamati a uno sforzo, piccolo, anche economico, per condividere il lavoro di un giornale e di una redazione. Non basta il copia e incolla dal web, lo scambio gratuito dell’essenziale (anche questo è importante, certo). In questo caso mi piacerebbe sapere che su un tema che sta a cuore a tante famiglie, a tanti cittadini, Vita possa annoverare anche un successo di vendite. Anche questo sarebbe un modo per far capire a “chi di dovere” che sta sbagliando strada, che sta uscendo dal proprio mandato istituzionale, che sta esautorando la politica da un ruolo fondamentale, quello delle scelte corrette attorno ai diritti delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Per il momento mi sento di dire grazie a Riccardo, Giuseppe, Sara, Gabriella, Stefano, Mattia, Cristiano, a tutta la redazione, ai grafici, ai collaboratori. Un piccolo patrimonio di giornalismo consapevole e libero. Andiamo avanti.
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