Sostenibilità

La grande colata di cemento che soffoca il paesaggio

Il consumo di suolo

di Redazione

Solo in Molise il territorio urbanizzato è cresciuto del 500%. Un trend comune a tutto il Sud. Con conseguenze sotto gli occhi di tutti Il fenomeno del consumo di suolo causato dalla urbanizzazione, a cui si deve la riduzione della qualità degli ecosistemi e della biodiversità, la contrazione dimensionale degli habitat, la loro frammentazione geografica e i disturbi fisico-chimici provenienti dalle innumerevoli attività umane è particolarmente intenso in Italia, seppur con concentrazioni variabili con le fisionomie morfologiche, ma, soprattutto, con l’energia economica dei diversi luoghi che comporta conseguenze incrementali sulle quantità insediative nel tempo.
Soffermandosi sui caratteri fenomenologici dell’Italia meridionale, i dati provenienti dal confronto tra le coperture Corine Land Cover ed alcune Carte tecniche regionali (Ctr) a campione, mostrano come le aree comprendenti gli spazi edificati residenziali, produttivi e tutte le aree accessorie si estendano in Italia per oltre il 7%, mentre il corrispondente tasso medio per l’Italia meridionale è quasi del 4%. In queste quantità non sono comprese le parti coperte dalla viabilità, che mediamente contribuiscono per percentuali variabili tra l’1 e il 3%.
Va inoltre considerato che le superfici a vario titolo artificializzate sono poi prevalentemente localizzate alle quote altimetriche inferiori ai 300 metri, il che fa salire in queste sezioni territoriali i valori citati in precedenza fino al 10% e più e, nell’Italia del Sud, dove le aree montane occupano più di un terzo del territorio, la densificazione insediativa sta interessando drasticamente le colline e le pianure con percentuali di urbanizzazione che raggiungono anche il 15%.
Di un certo interesse sono anche i valori pro capite dell’urbanizzazione che, sempre nelle regioni meridionali, variano dai 120 mq per abitante della Basilicata ai 340 mq per abitante della Sardegna (la media nazionale è pari a 240 mq/ab.) dimostrando come l’attrattività turistica sia una causa significativa di perdita di suolo naturale pur in assenza di una pressione demografica locale.
Purtroppo sono molto carenti i dati relativi alla crescita urbana su base regionale negli ultimi 30-50 anni. In ogni caso, un aspetto che si riscontra costantemente nelle analisi di conversione urbana dei suoli è proprio l’indipendenza del fenomeno dal trend evolutivo della popolazione residente.
Una sperimentazione recente, basata sull’elaborazione Gis delle estensioni urbanizzate del 1956, ha però prodotto dei risultati interessanti a tal proposito. La regione Molise, una delle più piccole d’Italia con 446mila kmq di superficie, ha visto il proprio territorio urbanizzato crescere dai 2.330 ettari del 1956 ai quasi 12mila del 2005, con un incremento del 500% in cinquanta anni. Considerando che questa regione, collocata nel settore meridionale del Paese, ha una dinamica sociale ed economica piuttosto modesta ed è demograficamente stabile da circa 140 anni, è plausibile pensare che nelle altre regioni, nelle quali l’energia economica è molto superiore, l’incremento delle superfici urbanizzate nello stesso periodo sia stato di gran lunga maggiore.
Gli effetti negativi dell’impermeabilizzazione dei suoli, pilotati dalla pianificazione comunale spesso inconsapevolmente e in base a sole logiche di rendita immobiliare, sono già molto consistenti e riguardano modificazioni climatiche localizzate, la distruzione e la frammentazione degli habitat di specie di importanza internazionale, l’alterazione degli assetti idraulici superficiali e sotterranei, la riduzione della capacità produttiva agricola e di assorbimento delle emissioni civili e industriali, la irreversibilità di uso del suolo una volta trasformato dall’urbanizzazione e, in sintesi, una riduzione complessiva della “resilienza” ecologica nei confronti dei disturbi e delle perturbazioni che intervengono sugli ecosistemi. A ciò si aggiungono i ben noti problemi legati all’espansione urbana, quali la dissipazione energetica, l’inquinamento diffuso, i disagi di mobilità, la perdita identitaria e i maggiori costi economici e sociali.


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