Economia

La grande abbuffatabdel “senza glutine”

Trend Il mercato dei prodotti per celiaci ormai vale 150 milioni di euro

di Redazione

In Italia le diagnosi sono 85mila l’anno. Così crescono a dismisura le offerte:
dalla grande distribuzione ai 1.200 ristoranti certificati. Anche perché gran parte delle spese sono a carico del Ssn « P illola o no, oggi la dieta è l’unica terapia per chi soffre di celiachia». Secondo Caterina Pilo , la direttrice di Aic – Associazione italiana celiachia, la pillola anti glutine che in America è entrata nella fase finale della sperimentazione (l’annuncio è stato dato proprio al convegno dell’associazione, lo scorso 19 settembre) è una grande possibilità per il popolo dei celiaci, ma la carta sulla quale puntare resta la dieta. «Prima di tutto perché molti celiaci non sentono la necessità di ingerire glutine», spiega, «e poi perché questa rimane la terapia più sicura: quella americana, per quanto avanzata, è comunque una sperimentazione».
E così, aspettando la pillola miracolosa, il mercato del senza glutine fa affari d’oro. «Negli anni 80 le aziende che proponevano prodotti senza glutine erano una decina, oggi sono più di cento», racconta Pilo. Nel settore glutenfree sono entrati anche marchi dell’industria alimentare tradizionale, attirati dai guadagni di un mercato in costante crescita. E così anche la lista dei prodotti erogabili dal Ssn è cresciuta a dismisura: erano 281 nemmeno 5 anni fa, ora sono 1.736.
Ma quali sono le ragioni di questo boom? Ci sono più celiaci, o meglio «ci sono più diagnosi di celiachia». Secondo Aic, infatti, un italiano su cento sarebbe intollerante al glutine (in linea con quello che «rilevano studi epidemiologici e statistiche relativi ad altri Paesi»), ma mentre dieci anni fa solo una persona su dieci era a conoscenza della malattia (40mila su 400mila), oggi le diagnosi sono oltre 85mila l’anno. Merito di studi più approfonditi nel campo delle intolleranze e di una maggiore informazione.
I celiaci, insomma, c’erano e ci sono. Ma adesso hanno iniziato a scegliere: non tanto in base al prezzo (la loro dieta è infatti in buona parte finanziata dal Servizio sanitario nazionale), ma in base al gusto e al marketing. E il glutenfree ha acquistato più sapore, perché è prodotto da aziende alimentari (per dna più attente al gusto) e perché deve soddisfare anche chi scopre da adulto di essere affetto da questa intolleranza, e quindi ricorda benissimo il sapore del glutine. L’offerta, dunque, si è scatenata. Risultato? Adesso “in palio” c’è un mercato da oltre 150 milioni di euro, stima l’Aic.
La strategia principale è “demedicalizzare” il consumo dei prodotti. Così ormai i cibi glutenfree si possono trovare anche sugli scaffali dei supermercati (mentre prima la spesa si poteva fare solo in farmacia). E alcuni punti vendita di Coop e Esselunga garantiscono la copertura del Servizio sanitario anche nella grande distribuzione. «Oggi si può ordinare un pasto completo senza glutine in 1.200 ristoranti certificati da Aic, in molti bed&breakfast e persino su alcune navi da crociera», aggiunge la direttrice dell’associazione.
Come detto, quello del senza glutine rimane un mercato poco elastico sul prezzo. «Ultimamente, però, i celiaci stanno iniziando a rendersi conto che con prodotti più cari riescono a portarsi a casa una minor quantità di cibo, perché il budget rimborsabile è fisso», spiegano da Aic. In compenso, nella loro dieta, grazie alla ricerca, sono entrati alimenti proibiti fino ad alcuni anni fa, come il cono gelato, la birra o il pane artigianale.
Come orientarsi in questa giungla sempre più fitta di offerte? Aic ogni anno stila un prontuario di prodotti certificati con il marchio «Spiga Barrata», cioè digeribili per i celiaci. Si tratta di servizi che gli associati apprezzano e premiano, anche con il 5 per mille: l’anno scorso l’associazione ha totalizzato 43mila firme, per oltre un milione di euro raccolti.


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