Cultura
La globalizzazione ha un nemico: la Chiesa
Marcello Veneziani, lintellettuale più intelligente e trasversale della destra italiana. "I cattolici non potranno mai ridursi ad essere alfieri del liberismo e del mercato."
di Redazione
La sua firma appare sullo stesso foglio che ospita Gianni Baget Bozzo, ma la visione di Marcello Veneziani, libero intellettuale della destra italiana, è davvero diversa. Sul Giornale, citando Augusto Del Noce, si è domandato: «Vogliamo forse negare che la globalizzazione coincide con scristianizzazione: possiamo smentire che l?espansione consumistica e capitalistica coincida con una crescita dell?irreligione occidentale?». Veneziani sarà tra i protagonisti della tre giorni di Vallombrosa. Con Vita ha anticipato alcuni contenuti del suo intervento.
Vita: Quindi, secondo lei globalizzazione e secolarizzazione camminano di pari passo?
Marcello Veneziani: Sì, mi sembra giusta quell?intuizione di Del Noce. La globalizzazione nelle sue tre forme di espressione più potenti, tecnica, economica e militare prescinde da ogni radice religiosa. Direi anzi che si pone come antitesi di ogni discorso religioso sul destino dell?uomo. Del resto questa non è una teoria ma un dato di fatto riscontrabile nel mondo ricco, globalizzato e secolarizzato. Ha vinto invece un?altra cultura, quella del cosmopolitismo di origine illuminista.
Vita: Eppure abbiamo sentito tante voci che hanno teorizzato che questa globalizzazione è figlia del cristianesimo?
Veneziani: Mi sembra una teoria davvero difficile da sostenere. Per vedere, come dice Gianni Baget Bozzo, un segno di Dio impresso nella storia, ci vuole una bella capacità visionaria. Può essere che nella storia il cattolicesimo abbia avuto mire globalizzanti, ma certamente questo processo di globalizzazione lo vede ai margini e non certo sulla tolda di comando.
Vita: Eppure non è che la religione sia sacrificata, nel mondo globalizzato. Negli Usa l?offerta di prodotti spirituali non è mai stata così vasta?
Veneziani: È vero. Ma sono tutte soluzioni omogenee alla società globalizzata, nascono come contraccolpi a qualche sua defaillance. Non ne mettono in discussione i fondamenti, semmai cercano di stemperare quelle domande e quelle attese che sono costitutive di ogni uomo. In un certo senso le neutralizzano. Non per niente la loro presenza segue le dinamiche del mercato.
Vita: E perché la Chiesa è estranea a questo orizzonte? Perché, come ha scritto Ernesto Galli della Loggia, è irriducibile a qualunque potere del mondo?
Veneziani: La Chiesa non è iscritta alla logica di questo supermercato. È estranea al totalitarismo di questa globalizzazione fondata principalmente sul valore del mercato.
Vita: Non c?entra il fatto che la Chiesa, sin dai suoi tempi apostolici, abbia avuto nella difesa dei poveri un segno distintivo della propria presenza nella storia?
Veneziani: Certamente. Questo patrimonio immenso e spesso commovente di esperienze reali in difesa dei più deboli la rendono straniera in un mondo che ha il culto della ricchezza come propria matrice culturale. Però vedo un pericolo in tutto questo.
Vita: E cioè?
Veneziani: Che questa attenzione ai poveri diventi un?ideologia. Si trasformi in pauperismo, in terzomondismo. È facile individuare i segni di questo slittamento: perché il collante non è più l?attenzione ai deboli ma l?odio contro la ricchezza.
Vita: È la critica ai cattolici schierati con il movimento no global?
Veneziani: Sì. È il rischio che vedo in chi pretende di identificare il cristianesimo con il prendersi cura del mondo. È una pretesa di radicalizzare il Vangelo, che paradossalmente porta fuori dal Vangelo. Non si può ridurre il messaggio cristiano di salvezza eterna nella lotta sociale contro la miseria e le ingiustizie, come se fosse una specie di religione premoderna. L?attesa religiosa del paradiso è un?altra cosa rispetto all?attesa per un mondo migliore.
Vita: Non è detto che le due cose si escludano?
Veneziani: Può essere, ma il più delle volte vedo la religione ridotta a filantropia.
Vita: Quindi lei non vede spazio per i cattolici nel movimento no global?
Veneziani: Questa è un?altra questione. Dal punto di vista religioso mi sembra giusto e normale che i cattolici si oppongano alla globalizzazione, perché il destino della Chiesa non è quello di essere cappellano di un impero. Piuttosto mi sembra che siano ostaggi di un movimento che a sua volta è ostaggio dei media.
Vita: Si spieghi?
Veneziani: Il movimento non global è subalterno alla globalizzazione, tant?è vero che si adegua ai suoi tempi e ai suoi riti. Ed è subalterno anche nel momento in cui accetta la radicalizzazione dello scontro. È vittima di un determinismo, per cui riemerge a livello pubblico solo in occasione delle scadenze fissate dai padroni del mondo. E poi, nella logica mediatica, diventa il soggetto che si oppone con la guerriglia a chi fa la guerra.
Vita: Ma i cattolici non hanno fatto né predicato la guerriglia?
Veneziani: Però non sono stati una cosa diversa da quel movimento. Li ho visti inseguire. Invece bisognerebbe essere no global a prescindere da quel movimento. Bisognerebbe essere padroni della propria agenda e non cadere nella trappola delle scadenze imposte dal circo globalizzante.
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