Welfare

La globalizzazione “ristretta” ecco cosa insegna il carcere

La testimonianza di Davide Pinardi, scrittore che per tanti anni ha insegnato in carcere

di Ornella Favero

La globalizzazione ?ristretta? ecco cosa insegna il carcere
?Tutti in galera?: strano titolo per una giornata di festa nella Casa circondariale di Padova, organizzata dal Centro sportivo educativo nazionale, ma un titolo significativo perché, in un momento in cui le carceri sono abbandonate davvero da tutti, portare dentro scrittori e giornalisti, quelli che più e meglio si occupano di comunicazione, è importante. E così è entrato Alessandro Baricco in qualità di calciatore, per partecipare a un triangolare con in campo scrittori, giornalisti e detenuti, e sono entrati altri scrittori, fra i quali Carlo Lucarelli e Davide Pinardi, a discutere con i detenuti e poi a sfidarli, con poca fortuna, a calcio. La testimonianza che segue è dello scrittore Davide Pinardi, che il carcere lo conosce bene perché per anni ha insegnato a San Vittore.
Ornella Favero (ornif@iol.it)

Una giornata sudamericana. O asiatica. Araba oppure centro-africana. Ma anche un po? europea? comunque decisamente italiana. Insieme veneta e mediterranea.(?) Insomma una giornata globale, a ben vedere. Certo una globalizzazione alquanto singolare. Una globalizzazione ?ristretta? in un cortile con alte reti attorno e guardiole di vigilanza. Tutti insieme in un luogo solo. In ogni caso una giornata divertente e allegra (rispetto alla norma). Indubbiamente per tutti una parentesi in qualche modo insolita. Per alcuni è stato, come sempre, rimanere chiusi in gabbia; ma almeno facendo qualcosa di un po? diverso. Non una grande consolazione ma un passatempo. Per altri, per quelli che venivano in visita dall?esterno, un?esperienza di vita e di comprensione, visto che certi mondi non si capiscono se non li si vede di persona, con i propri occhi, i propri sensi. Le descrizioni altrui sono inutili, bisogna visitarli certi luoghi, sentirne gli odori, gli spifferi, i tagli di luce e i giochi di colore. O, per meglio dire, i giochi di grigiore?
Chi ha fatto la migliore figura, a mio parere, sono stati decisamente i detenuti. E poi non hanno commesso un errore che credo sia molto facile commettere: non l?hanno buttata sul pietismo. Sono stati concreti, precisi, diretti, realistici. Hanno parlato di questioni pratiche: la necessità che il giudice di sorveglianza possa essere più presente, il carrello vivande che a volte è sporco, il bagno per i parenti in visita che è sempre rotto, il desiderio di un maggior rispetto delle tradizioni alimentari delle varie etnie. E dal concreto sono partiti per esprimere il loro desiderio di un indulto. Ascoltandoli mi sono continuato a domandare: perché in Italia l?opinione pubblica è tanto intollerante e severa con gli emarginati, gli stranieri, quelli che arrivano da lontano inseguendo sogni e che hanno tante attenuanti ai loro errori? Perché, al contrario, è così comprensiva con i potenti, con la classe dirigente, con chi sfila portafogli dalle tasche non una volta sola ma tutti i giorni?
Davide Pinardi

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