Territori

La gestione efficace dei beni confiscati è una leva di sviluppo

Servono tempi più rapidi, meccanismi burocratici più fluidi e un dialogo più stretto tra istituzioni e Terzo settore. Confcooperative fa il punto

di Alessio Nisi

Nn sono soltanto uno strumento di lotta contro la criminalità organizzata ma anche uno strumento di sviluppo del territorio soprattutto nel Mezzogiorno. I beni confiscati sono uno strumento per sensibilizzare i giovani, per allontanarli dalla criminalità organizzata: per questo le amministrazioni pubbliche si devono impegnare impegnino perché questo patrimonio sia un volano per l’economia. È necessario quindi che il bene confiscato venga consegnato al territorio prima possibile, snellendo le lungaggini burocratiche che invece a ora ne rendono macchinoso l’utilizzo. Tempi più celeri e dati sui beni sequestrati, sono questi i temi sul tavolo di Beni confiscati e cooperazione: legalità e sviluppo del territorio, incontro organizzato da Confcooperative a Roma.

Gaetano Mancini – vicepresidente Confcooperative con delega ai beni confiscati

Troppi beni non assegnati

«Dobbiamo affinare i nostri strumenti e accrescere il dialogo tra istituzioni e il mondo economico e sociale. Anche velocizzando i temi di assegnazione per i quali al momento occorrono 5 anni per passare dalla confisca all’assegnazione», è il tema centrale messo in evidenza in apertura da Gaetano Mancini, vicepresidente di Confcooperative con la delega ai beni confiscati. La gestione efficace dei beni confiscati è un passo fondamentale nella lotta alla criminalità. ha ricordato. «È soprattutto un messaggio al territorio». Perché? I beni delle mafie sono il simbolo del loro potere. «La loro confisca sono un segnale, una risposta». Ma c’è un “ma”. Dei 1.412 beni proposti dal terzo settore, sottolinea Mancini, 1.126, ben l’80% sono rimasti inoptati. «Perché una percentuale così alta? Cosa possiamo fare per vincere questa battaglia per rigenerare questi beni e aziende?», si chiede Mancini.

Abbiamo la migliore legge al mondo sui beni confiscati. Ma dobbiamo mettere in comunicazione di più l’Agenzia con le istituzioni locali. Se non funziona questo anello, il sistema non può essere operativo

Maurizio Gardini – Presidente di Confcooperative

Terzo Settore e beni confiscati

Non solo. Secondo i dati di Confcooperative i beni immobili destinati (al 31 dicembre 2022) sono oltre 21mila. Di questi, 17mila già trasferiti agli enti territoriali. Ebbene, circa il 70% (12mila beni) era destinato a fini sociali. «I soggetti del Terzo settore che gestivano parte di questo patrimonio erano appena 947, le cooperative 183», riporta Mancini.

Maurizio Gardini – Presidente di Confcooperative

Al centro il lavoro sano 

Occorrono dunque azioni specifiche per sostenere il successo dei progetti di rilancio delle aziende confiscate, tutelando così l’occupazione dei lavoratori e potenziando la trasformazione delle aziende sane anche attraverso il workers buyout. Tra queste, la rimessa a coltivazione dei terreni confiscati nel segno della sostenibilità, dell’inclusione, del rispetto di tradizioni e colture.

Strumenti e risorse per stimolare progetti

È necessario accrescere inoltre la capacità progettuale diffusa e mettere in campo strumenti e risorse per stimolare l’azione del mondo cooperativo e del terzo settore. Un percorso in chiave propositiva, a supporto degli enti locali e dell’agenzia nazionale anche per trovare insieme soluzioni per assicurare lo sviluppo a lungo termine dei beni assegnati dopo la confisca.

Dialogo tra istituzioni e privato sociale

Occorre ancora incrementare il dialogo tra istituzioni e privato sociale dentro una visione strategica e lo sviluppo della co-progettazione. E soprattutto semplificare il processo di assegnazione dei beni per evitare di arrivare alla vendita dei beni o alla liquidazione definitiva delle esperienze. «Crediamo», precisa Mancini, «che un rafforzamento del dialogo possa portare ad una maggiore efficacia nella promozione bandi nazionali ad una più funzionale relazione territoriale, alla semplificazione dei processi per ottenere tempistiche più brevi».

Tutti i numeri

Sono 200 le cooperative impegnate nella gestione dei beni confiscati. Occupano 3mila persone e fatturano 100 milioni.

I beni assegnati alle cooperative producono non solo servizi alla comunità ma anche risultati economici in grado di generare un’economia sana, lavoro e prospettive

Gaetano Mancini – vicepresidente Confcooperative con delega ai beni confiscati

Identikit e numeri delle cooperative che gestiscono i beni confiscati

Imprese di piccole dimensioni, ma solide da un punto di vista strutturale e finanziario in grado di generare sul territorio una economia sana, lavoro e prospettive. E questo anche in aree con economie più in difficoltà, con il 60% delle realtà operative nel Sud del paese. È questo l’identikit delle cooperative che gestiscono i beni confiscati, come emerge da una analisi del centro studi Fondosviluppo di Confcooperative. 

La società civil, le organizzazioni di rappresentanza e il Terzo settore

Difficoltà enormi

I beni inutilizzati, ha ricordato anche Stefano Consiglio, presidente della Fondazione con il Sud, «continuano ad essere tantissimi. Le difficoltà e gli ostacoli che incontra chi accetta la sfida della riqualificazione sono enormi. Il taglio dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Pnrr ci dice che il Paese non ha ancora ben compreso cosa significhi veramente investire sui beni confiscati, promuoverne il riuso da parte del pubblico, del terzo settore, della piccola impresa, persino la demolizione quando non utilizzabili».

Più competenze e risorse

Consiglio propone una riforma del sistema normativo e amministrativo attraverso due linee di azione concrete. «Da un lato, potenziare l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – Anbsc dotandola di nuove professionalità (ingegneri, esperti finanziari immobiliari, agronomi) necessarie per svolgere la sua importantissima funzione. In secondo luogo, sarebbe decisivo utilizzare una percentuale delle risorse finanziare del Fondo Unico della Giustizia, per i processi di riqualificazione e gestione, ma anche per mantenere la continuità aziendale, e quindi i livelli occupazionali, laddove il 95% delle aziende confiscate viene liquidato senza distinzione tra quelle completamente corrotte dal sistema mafioso e quelle che invece possono essere in qualche modo recuperate».

Patrimonio netto positivo

Secondo i dati di Confcooperative il 94% delle cooperative ha un patrimonio netto positivo che nel periodo pre-pandemia ha fatto registrare un +21%. Il fatturato generato dai beni confiscati ammonta a circa 100 milioni che si traduce in servizi per la comunità e l’inclusione lavorativa soprattutto dei più fragili, dando lavoro a 3mila persone. 

Tipologia dei beni confiscati

Ville, appartamenti e anche interi palazzi per un valore di oltre 40 milioni di euro. Tanto vale il patrimonio sottratto alla criminalità e gestito dalle cooperative.  Il 48% dei beni confiscati gestiti è un immobile residenziale. Il 28% invece è costituito da terreni, in prevalenza agricoli. Le strutture commerciali o industriali sono il 16%. Non mancano strutture ricettive (2%) che sono prevalentemente villaggi turistici. 

Ma come vengono impiegati dalle cooperative i beni confiscati? Il 34% beni confiscati riguarda l’accoglienza e l’integrazione, incluso l’housing sociale. Alle attività agricole è desinato il 25% dei beni, mentre il 12% riguarda la formazione e il 10% rivive grazie al commercio, l’artigianato e la ristorazione con le sartorie o le osterie sociali. 

Le reazioni

Presente dal convegno anche Wanda Ferro, sottosegretario agli Interni: «Dall’inizio dell’anno fino a luglio si è registrato un aumento di oltre il 140 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, nella destinazione del patrimonio confiscato alla criminalità organizzata e destinato a fini sociali», ha sottolineato con soddisfazione, «vogliamo continuare a colpire le organizzazioni criminali anche attraverso la sottrazione dei beni accumulati illecitamente per trasformarli  in presidi dello Stato o per realizzare attività di valore sociale, anche attraverso l’assegnazione diretta alle realtà del terzo settore. Con il ministro Piantedosi abbiamo potenziato la struttura dell’Agenzia nazionale dei Beni confiscati, guidata dal prefetto Bruno Corda, che era sotto organico. Ben venga anche un protocollo d’intesa con Confcooperative. Importante», ha concluso Ferro, «il ruolo delle cooperative nella gestione e nella valorizzazione di questi beni: si sono fatte carico di un fardello gravoso e rappresentano una fetta importante della nostra Nazione».

Soddistatto anche il direttore Agenzia: «Le cooperative dei lavoratori che si sono costituite all’interno di un bene confiscato possono avere in comodato gratuito da parte dell’agenzia la concessione del bene per un certo numero di anni per lo svolgimento della propria attività», ha spiegato il prefetto Corda, aggiungendo che così «ci si riappropria di un bene che era stato gestito dalla criminalità. Ha un significato di grande importanza. Ci stiamo riappropriando della titolarità del mercato del lavoro falsato attraverso le attività della criminalità organizzata che ha acquisito personale promettendo e creando consenso all’interno del territorio. Questo è un fattore ideologico molto rilevante», ha concluso, «credo che la cooperazione debba fare uno sforzo in più, sta facendo già tanto, ma ci sarà tanto ancora da fare».

In apertura foto di Steven Weeks per Unsplash. Nel testo immagini per gentile concessione dell’Ufficio Stampa Confcooperative

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