Welfare
La galera, ovvero la vita come replay. Sempre le stesse cose
L'articolo è tratto da Replay, il giornale realizzato dai detenuti del carcere di Sant'Agostino a Savona
Si chiama Replay ed è un «giornale ristretto in attesa di evasione», realizzato dai detenuti del carcere Sant?Agostino di Savona, nell?ambito dei corsi della scuola media S. Pertini. Ora pare che l?attesa sia finita, visto che il primo numero è uscito finalmente e lo possiamo leggere richiedendolo all?indirizzo email: brandale@tiscali.it
Perché Replay? Il titolo, scrivono i redattori, è tratto da uno scritto di Ben Abed El Majid Fartas: «La vita qua in galera è come schiacciare il tasto del telecomando su ?replay?, che vuol dire vivere sempre la stessa cosa e vedere la stessa gente». Quello che segue è uno degli articoli pubblicati sul giornale, un pezzo a più voci sul tema degli affetti, che tocca un po? tutti gli aspetti del problema, anche quello del legame affettivo che tanti detenuti hanno con gli animali di casa, che spesso soffrono per la separazione non meno degli uomini. Vale la pena ricordare, su questa questione, che nel 1986, a Milano, il presidente della Corte d?appello autorizzò un ?colloquio? tra un detenuto e il proprio cane nel cortile dell?aula bunker dove si celebrava il processo d?appello a Prima linea. Quel detenuto era Sergio Segio, il cane un pastore tedesco di nome Igor.
Ornella Favero (ornif@iol.it)
Le relazioni affettive dentro il carcere sono limitate alla sfera del sentimento ed escludono i rapporti fisici. I colloqui sono limitati a sei ore mensili oltre a una telefonata alla settimana. Le relazioni epistolari non hanno limiti. I colloqui si svolgono all?interno di una saletta divisa da un muro sormontato da un vetro.
Mario: «Io, mia figlia, me la prendo in braccio per fargli sentire che ha un padre». Sopra il vetro passano anche baci, mezzi abbracci, strette di mano e… tante lacrime. Adriano:«Mogli, madri e figli vivono la stessa condanna avendo come unica colpa l?amore». Massimiliano:«Vale una sola regola, amore e rispetto». A volte, per non coinvolgere i bambini, si racconta del parente in ospedale o partito per un viaggio. Pino: «A mio nipote piccolo avevo detto che facevo il muratore qui dentro ma uscendo dal colloquio mi ha chiesto: ?zio perché sei sempre in prigione??».
I rapporti epistolari sono i più frequenti: lettere, cartoline, foto e telegrammi. Solo le buste sono aperte dagli agenti davanti all?interessato per controllare che non contengano nulla oltre la carta. Massimiliano: «Quando leggo una lettera, per cinque minuti ho la testa fuori». Disegni, foto e cartoline si attaccano poi al muro della propria cella e c?è chi accumula nel tempo intere collezioni. Anche l?affetto per il proprio cane può aiutare; Mario: «Mia madre non può portare i miei indumenti a casa perché il mio cane sente l?odore e impazzisce».Un argomento a parte è quello della riscoperta della spiritualità che sopraggiunge attraverso una preghiera o semplicemente pensando: «Il mio corpo è rinchiuso. Il mio spirito mai».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.