Mondo
La “galassia africana” di Macron
La sua marcia trionfale al Louvre accompagnata dall’inno europeo ci ha detto molto sulla priorità assoluta in politica estera del più giovane Presidente della storia della Repubblica francese. Ma l’Africa non sarà messa in un angolo. Vita.it rivela la galassia africana che alimenterà la visione strategica del nuovo inquilino dell’Eliseo.
Come Mitterand, ma senza la rosa in mano e con l’inno europeo ad accompagnarlo nell’ultima scalata verso il potere. Se c’è un’immagine, anzi una lunga sequenza, che rimarrà in presso nel nostro immaginario colletivo sarà questa camminata infinita che dall’entrata del Louvre ha visto Emmanuel Macron dirigersi verso il palco per abbracciare i suoi sostenitori.
Per alcuni osservatori francesi, la visione di fratellanza fra gli esseri umani di Schiller, sposata da Bethoveen nella Nona sinfonia e adottata dal Consiglio d’Europa nel suo Inno alla gioia nel 1972, potrebbe riassumere lo spirito europeista che anima il più giovane Presidente della storia della Repubblica francese. Tra le sfide immense che attendono Emmanuel Macron, il tentativo di riformare l’Unione Europea sarà una priorità assoluta. Inevitabile sarà la necessità di confrontarsi con i suoi omologhi sul tema caldissimo delle migrazioni, e vista dalle istituzioni dell’Ue, chi dice migrazioni dice anche Africa, un continente a lungo denigrato dall’Unione dopo la caduta del Muro di Berlino (privilegiando il processo di integrazione dei paesi dell’Est), ma tornato un po' al centro degli interessi geostrategici di alcuni Stati membri europei chiave, tra cui la Germania e l'Italia.
E' opportuno capire quali saranno gli uomini e le donne che aiuteranno il nuovo inquilino dell’Eliseo a implementare la sua agenda africana.
Dopo aver messo a confronto le visioni di Macron e Le Pen sul futuro delle relazioni tra la Francia, l’Ue e l’Africa, è forse opportuno capire quali saranno gli uomini e le donne che aiuteranno il nuovo inquilino dell’Eliseo a implementare la sua agenda africana. Vita.it vi propone una lista non esaustiva delle personalità chiave della “galassia africana” del nuovo enfant prodige d’oltralpe, ispirata da uno speciale “Macron” del settimanale panafricano Jeune Afrique e in cui spunta l'assenza di figure femminili.
Gli strateghi
Cédric Lewandoski. 47 anni, direttore di gabinetto del ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian. Soprannominato “Foccardowski”, in riferimento a Jacques Foccart, eminenza grigia della politica africana della Francia da De Gaulle a Chirac, Lewandowski è stato una figura insostituibile delle relazioni Francia-Africa durante il mandato di Hollande. Chiunque voleva entrare in contatto con l’Eliseo, doveva passare prima dal ministero della Difesa (quindi lui e Le Drian), considerato dagli esperti la vera cabina di regia di tutte le decisioni importanti prese a Parigi sull’Africa, la prima delle quali l’entrata in guerra in Mali nel 2012 per sconfiggere il terrorismo islamico. Uomo ombra nelle trattative per liberare gli ostaggi francesi nel Sahel, Lewandowski potrebbe traslocare dall’Hexagone de Balard alla sede della Direction Générale de la sécurité française (DGSE) per prendere le redini della CIA francese.
Jean-Yves Le Drian. 69 anni, è considerato il « Monsieur Afrique » di Hollande. Non c’è cellula africana all’Eliseo o Ministero degli Esteri che tenga, il cuore del politica africana nell’era del Presidente francese più impopolare degli ultimi decenni è stato il ministero della Difesa guidato da Le Drian. E’ stato lui a coordinare da Parigi l’Opération Serval, una forza multinazionale guidata dalla Francia per ristabilire nel gennaio 2013, sotto mandato delle Nazioni Unite, la sovranità del Mali nei suoi territori settentrionali. Da lì in poi, è diventato il Deus ex machina della lotta condotta dal governo francese contro il terrorismo e l’interlocutore incontornabile tra Parigi e i capi di Stato africani. Noto per la sua serenità e la sua capacità di tenere i nervi sempre saldi (“soltanto una sconfitta della sua squadra del cuore, Lorient, potrebbe provocargli un mal di testa”, si legge in un bel ritratto di Libération), questo fedelissimo di Hollande ha sposato la causa del leader di En Marche ! a fine marzo, con la volontà di garantirgli i voti della Bretagna (il suo feudo), mettere a disposizione la sua esperienza e rafforzarne la statura presidenziale. Il suo nome è regolarmente menzionato sulla stampa francese per assumere un incarico importante nel governo Macron, che cerca di associare giovani talenti ed anziani dotati di una forte esperienza.
I politici
Aurélien Chevallier. 40 anni, è considerato il Deus ex machina della strategia diplomatica del nuovo Presidente francese. La loro amicizia, risalente agli anni universitari, si è consolidata fino a diventare strategica per le “ambizioni” africane di Macron. Come ricorda Jeune Afrique, “questo diplomatico dai modi cordiali è stato il punto di riferimento all’Eliseo per l’organizzazione di COP21”. Durante la campagna elettorale del leader centrista, “ha gestito le basi della futura politica estera e africana della Francia, qualora il suo campione trionfasse”. E così è stato. Con quale destino per Chevallier? La guida del Quai d’Orsay? La risposta la darà lo stesso quando domenica annuncerà il suo governo.
Jean-Christophe Belliard. 57 anni, “è considerato uno dei migliori conoscitori dell’Africa anglofona in Francia”. Ex ambasciatore in Etiopia e Madagascar, Belliard ha preso le redini del Dipartimento Africa e Oceano Indiano al ministero degli Affari Esteri per poi essere nominato nel’agosto 2016 da Federica Mogherini Vice Segretario Generale e Direttore politico del Servizio diplomatico europeo. “E’ un posto strategico, ma non si occupa di Africa, su cui ha la delega il belga Vervaeke”, sostiene a Vita.it una fonte dell’EEAS. Questo non ha impedito Belliard di redigere note personali per Macron e facilitargli un incontro con il Presidente di turno dell’Unione Africa, il guineano Alpha Condé.
Lionel Zinsou. 63 anni, di origine franco-beninse è un altro attore chiave nelle relazioni Francia-Africa. Il primo incontro con Macron è avvenuto mentre il leader di En Marche ! prestava i suoi servizi alla banca d’affari Rotshild e mentre Zinsou dirigeva Pai Partners, uno dei più importanti fondi d’investimento francese. Di grande spessore intellettuale, per questo economista formato come Macron nelle scuole delle élites francesi, gi ostacoli tra la Francia e l’Africa sono di ordine “psicologico. Bisogna continuare a convincere, special modo gli imprenditori, che l’Africa è il continente del futuro”. Afro-ottimista, ma senza eccessi, Zinsou è protagonista di una carriera atipica durante la quale ha messo in piedi nel 2005 a Cotonou una Fondazione artistica (Fondation Zinsou) e che negli ultimi anni lo ha visto assumere le funzioni di Primo ministro del Benin (2015-2016), fallire nel tentativo di diventarne il Presidente della Repubblica, per poi tornare in Francia per dirigere a tempo pieno la Fondazione AfricaFrance, un’iniziativa da lui stesso lanciata nel 2015 con l’appoggio del ministero degli Esteri e del Medef (Confindustria francese) con l’obiettivo di rianimare le relazioni economiche franco-africane. Oggi viene considerato tra gli esperti più preziosi di Macron.
Jules-Armand Aniambossou. Un altro franco-beninense alla corte di Macron. Di lui, il nuovo inquilino dell’Eliseo sostiene che “è stato presente in ogni tappa della sua vita”. Vice versa, Aniamboussou ricorda spesso che “contrariamente a molti compagni usciti dall’ENA che in modo del tutto legittimo preferivano svolgere il loro stage in diplomazia in una grande capitale occidentale, Emmanuel Macron aveva optato per l’Africa”, in Nigeria. A 54 anni, la sua carriera si snocciola tra incarichi importanti nell’amministrazione pubblica francese (tra cui la prefettura del Nord, dove si è occupato di diritto degli stranieri, confrontandosi con “la miseria umana e le ingiustizie”), esperienze nel settore privato, funzioni di consigliere presso la Presidenza beninense, una nomina al posto di ambasciatore del Benin a Parigi e infine un ritorno nel mondo aziendale (da quest’anno dirige il dipartimento Africa e territori d’oltremare del gigante dell’immobiliare Duval). Assieme a Lionel Zinsou, Jean-Michel Severino e Hakim el-Karoui, ha co-firmato un’opinione pubblicata da Jeune Afrique in cui appoggia pienamente la creazione di un Consiglio presidenziale per l’Africa voluto da Macron e composto per metà da francesi e l’altra metà da africani. Questo consiglio riunirà una quindicina di economisti, universitari e responsabili politici per dare una svolta alla politica francese in Africa.
Gli esperti in sviluppo
Jean-Michel Severino. Potrebbe diventare il prossimo ministro della Cooperazione allo sviluppo francese. Per tanti motivi, tutti riassunti in un cv che sembra fatto su misura per Macron. Nato nel 1957 in Costa d’Avorio, Severino è stato negli anni ’80 ispettore delle finanze al ministero dell’Economia, per poi approdare alla cooperazione francese come direttore sviluppo. Il suo spiriti social-liberale convince la Banca Mondiale a chiamarlo nel 1996 per dirigere il Dipartimento Europa centrale, e nominarlo due anni più tardi vice-Presidente con delega all’Asia. In piena ristrutturazione, l’Agenzia francese per la cooperazione allo sviluppo (AFD) lo richiama a Parigi nel 2001 e di cui sarà direttore generale fino al 2010. Dal 2011 dirige Investiteurs et partenaires (Ietp), un fondo d’impact investment a sostegno delle piccole e medie imprese in Africa che vincola il profitto alla responsabilità sociale, ambientale e di governance. Secondo Jeune Afrique, questa figura incontornabile della nuova cooperazione francese, che ha fatto della partnership pubblico-privato l’asse portante della sua nuova strategia, “è ministrabile”. L’intervista che ha rilasciato pochi mesi fa a Vita.it parla da sè.
Zinsou, Severino, el-Karoui e Aniambossou appoggiano la creazione di un Consiglio presidenziale per l’Africa voluto da Macron per dare una svolta alla politica francese in Africa.
Julien Denormandie. 36 anni, è molto meno noto ed esperto di sviluppo di Severino, ma non per questo meno influente nella galassia africana di Macron. Anzi. Dopo un passaggio al servizio economico dell’ambasciata di Francia al Cairo e un percorso di consigliere al Ministero delle Finanze, dove nel 2014 inizia la sua collaborazione con il nuovo Presidente francese, gestendo tutti i dossier legati all’Africa, in particolare quello caldo del Franco CFA, la cui parità con l’euro è ormai apertamente contestata da molti economisti africani. Assieme a Denormandie, Jeune Afrique cita Jennifer Moreau, dotata di una forte expertise grazie alle esperienze trascorse alla cooperazione tedesca, al Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e all’OCSE, e Hakim El Karoui, un intellettuale franco-tunisino che, al pari di Macron, ha lavorato sia nel pubblico (fu tra l’altro consigliere tecnico dell’ex Primo ministro Raffarin) che nel privato (è attualmente partner di una delle principali società di consulenza internazionale, Roland Berger, con delega all’Africa).
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