Cultura
“La Fornace”, il corto di Daniele Ciprì arriva alla Mostra di Venezia
È stato girato in uno degli ultimi esempi di archeologia industriale come le "Antiche Fornaci Maiorana", il cortometraggio "La Fornace", grazie al quale il regista e direttore della fotografia Daniele Cipri riflette sullo stato dell'arte e sulla salute del cinema. Un'opera presentata alla 79a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, durante la quale lo stesso Ciprì ha ritirato il “Premio al Talento Creativo”
di Redazione
Un incontro felice tra cinema e archeologia industriale siciliana, connubio che si perfeziona con la presenza dei pupi siciliani, che mette alla prova l’esperienza e il talento di grandi professionisti del cinema uniti all’’entusiasmo di giovanissimi studenti.
Il risultato? “La Fornace”, cortometraggio cofinanziato dalla Sicilia Film Commission e realizzato con il contributo degli allievi della Scuola di Cinema "Piano Focale", fondata e diretta da Giuseppe Gigliorosso, che ha sede a Palermo, nella prestigiosa Villa Riso, ma anche con la collaborazione dell’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Euroform. Un’opera che vanta la regia e la direzione della fotografia di Daniele Ciprì.
Una produzione Eikona Film in associazione con Slinkset di Daniele Occhipinti e Rodeo Drive di Marco Poccioni e Marco Valsania, che fa ingresso alla 79a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia dove il maestro Cipri riceverà il “Premio al Talento Creativo” in quanto “rappresenta la competenza nel mestiere del cinema applicata alla genialità, lo spirito creativo supportato dalla pratica. Un autore che rende concrete le fantasie dei registi e che attraverso la propria coscienza sociale ci racconta chi siamo. Il premio al Talento Creativo a Ciprì è un incoraggiamento a continuare a raccontarci la sua terra, i nostri vizi e come convivere con essi”.
Protagonista del cortometraggio è il puparo Marcello, interpretato dall’agrigentino Giorgio Portannese, per la prima volta sullo schermo, che si relazionerà con gli storici pupi siciliani provenienti dalla collezione privata di Vincenzo Garifo, manovratore del famoso puparo Antonino Canino.
Un percorso sull’immaginario, ma anche una riflessione umana e artistica sull’uomo e sullo stato dell’arte che non dimentica tutto quello che sta succedendo attorno a noi, compresa la guerra. Un viaggio nelle viscere della terra, metafora dell’animo umano, compiuto grazie proprio ai pupi siciliani che, in quanto privi di anima, non sanno, non conoscono nulla ma continuano a esistere perché siamo noi ad animarli.
«La storia ci porta una visione di una città sotto terra che non esiste – spiega Ciprì – . È un film grottesco, ovviamente surreale, perché c’è sempre la mia cifra, ma in maniera molto più accentuata perché indipendente. Proprio l’indipendenza mi serve come pretesto per poter parlare di cinema e di docenza. Qui c’è il coinvolgimento degli studenti della Scuola di Cinema “Piano Focale”, ma nei precedenti lavori ho coinvolto Fabrizio Lupo con l’Accademia di Belle Arti di Palermo, come pure Ivan Scinardo che dirige la sede siciliana del “Centro Sperimentale di Cinematografia”. Tutto amplificando le risorse di questo territorio che è quello che capisce e anticipa sempre il trend generale e i momenti di crisi. “La Fornace” è una riflessione su tutto quello che accade all'uomo, anche sulla guerra se vogliamo. Utilizzare il pupo siciliano mi sembrava la forma migliore per esprimere tutto ciò».
Suggestiva la cornice che ha ospitato le riprese, le “Antiche Fornaci Maiorana”, un luogo ancora magico nonostante la sua attività di fermi nel 1968. Unica fornace siciliana. con cava attigua alle falde di Monte Pellegrino, produceva calce viva ed era articolata su tre livelli, compresa un’ampia parte sotterranea scavata nella roccia dove si sono svolte le riprese del corto.
Da tempo meta turistica di chi va alla ricerca degli ultimi resti della storia di una città, di una comunità, nelle “Fornaci Maiorana” si possono ancora ammirare attaccati alla pareti alcuni attrezzi utilizzati dagli operai, martelli pneumatici, picconi, resti di carrelli e ruote di ferro,. A raccontare quel che rappresentava questo importante esempio di archeologia industriale, salvato dall’abbandono dagli attuali proprietari, è Salvatore Maiorana che, insieme alla famiglia, ha trasformato questo luogo in uno spazio nel quale potere sostare oltre la semplice visita, usufruendo di un’ampia sala dibattiti e di un angolo di ristorazione.
«Qui ho trascorso la mia infanzia – racconta Maiorana – e ricordo i “carusi “(ragazzi, ndr.) che trasportavano la calce. Per me era un mondo magico. Quello che oggi si vede è opera della mia famiglia che non ha voluto disperdere questo patrimonio. La gente ama ascoltare la storia delle fornaci perchè capisce che qui c’è un’anima»
Anima che anche il cortometraggio di Daniele Ciprì vuole scoprire. Cosa ci insegna questo lavoro e che domande dobbiamo farci pensando al percorso artistico in atto?
«Io non pongo domande e non do risposte. Penso che, se non cominciamo a riflettere tutti, saremo ben presto nei guai. Quello che, per esempio, sta succedendo in Ucraina – conclude il regista – mi arriva come scoraggiamento totale, ma anche come volontà di non arrendersi. Credo anche che i giovani stiano per rivedere molte cose. Non esistono più i cineclub che appartengono alla mia generazione e che ci hanno aperto le porte di questo meraviglioso mondo, ma ci sono le scuole che oggi rivestono un ruolo fondamentale nella loro crescita. Sono quelle che non abbiamo avuto noi, la cui mancanza colmavamo con tanta passione. Ecco, ripartiamo dall’entusiasmo, dal trasporto, dalle emozioni. Piano piano vedo anche che si stano restaurando alcune sale cinematografiche, chiuse perché sostituite dalle piattaforma digitali. Anche su questo punto potrebbero cambiare molte cose».
Con una lunga esperienza nel settore le maestranze che hanno contribuito alla realizzazione del cortometraggio, la cui troupe è composta da: Fabrizio Lupo, scenografo e sceneggiatore, insegnante all’Accademia di Belle Arti di Palermo e autore delle scenografie di “Tano da Morire”, “La Trattativa”, “Il bambino di vetro”; Gianni Cannizzo, sceneggiatore, aiuto regia e montatore, già sceneggiatore del progetto cinematografico “La Particella Fantasma” e regista e autore dei videoclip “Libertà” ed “Elogio della Lentezza”; Samuela Cirrone, costumista (“Il traditore”, “Via Castellana Bandiera”, “Alla luce del sole”); Giuseppe Vasapolli, autore delle musiche originali, Maestro al Conservatorio A. Scarlatti di Palermo e compositore per alcuni tra i principali networks audiovisivi internazionali (Fox, AMC, ABC, History Channel, National Geographic, Disney, NBC, CBS). Gli effetti visivi digitali sono della Metaphyx, di Luca Saviotti, una delle società di VFX più importanti del panorama audiovisivo italiano.
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