Vent’anni fa fu celebrata, sulle macerie del muro di Berlino, la fine delle ideologie. O almeno di alcune di esse; qualcuna è rimasta in circolazione e sta facendo parecchi danni negli ultimi tempi. Oggi, seppur con minor fragore, si sta consumando la lenta agonia delle strategie. O almeno di un certo modo d’intendere il pensiero strategico, tutto improntato alla razionalità mezzi / fini e votato al controllo delle variabili di contesto. Ma affrontare la complessità armati di uno strumentario ispirato a questa logica porta a cocenti delusioni. Anzi peggio, si rischia di fare danni. Allo stesso modo è dannosa anche la via strategica opposta, quella dell’incrementalismo, dei piccoli passi (magari uno avanti e due indietro). Le imprese sociali sono in una posizione tutta particolare. Alla prima occhiata sembrano seguire percorsi incrementali, ma più di recente una parte di esse è sempre più attratta da strategie di pianificazione mezzi fini e dalle loro architetture tecnocratiche che molte imprese tradizionali dismettono. Cosi si va in un vicolo cieco. Meglio la terza via (che peraltro è più coerente con le peculiarità di queste imprese): poche linee guida strategiche “costituenti”, incardinate sulla mission e vision d’impresa. E poi spazio ad autonomia e creatività.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.