Cultura
La fine del mondo maschile
Nel suo ultimo libro, il filosofo francese Marcel Gauchet capovolge molti luoghi comuni e spiega come, anche nel rapporto fra generi, «il conformismo di ieri diventa il culmine dell’anticonformismo di oggi»
In poche pagine del suo ultimo libro La fine del dominio maschile (trad. Davide Frontini, Vita & Pensiero, Milano 2019), Marcel Gauchet, filosofo francese fra i più attenti ai rapporti di potere nella vita sociale e, in particolare, al ruolo in quest'ultima del religioso – ci espone questioni enormi, che tutte possono essere ricondotte a questa: il dominio maschile nella nostra società è ormai finito.
Di questo evento, le cui conseguenze sono tuttora indefinite e comunque davvero epocali, abbiamo mille e mille prove, le quali hanno a che vedere con il ruolo delle famiglie nella vita collettiva, con l'autorità paterna, con i rapporti fra i sessi e così via.
Si è trattato – come ha notato giustamente Gauchet – di una «detronizzazione pacifica del maschio» (pagina 51), assolutamente rapida e universalmente accettata dalla nuove “società degli individui”, affermatesi chiaramente a partire dall'ultimo quarto del secolo scorso. Essendo tramontato il ruolo della procreazione nella vita sociale, ed essendosi risolta la vita dei singoli individui nell'astrazione di un soggetto emancipato dalla propria identità sessuale e integralmente votato ai propri diritti privati, non poteva che derivare da tutto ciò la scomparsa del maschile e, in particolare, del paterno. A differenza che nei secoli, o meglio, a differenza che nei millenni precedenti, l'ordine sociale non ha ormai più bisogno dei ruoli associati alla sessualità e alla parentela, per non dire dei doveri e dei sacrifici familiari (ovvero: delle donne), per essere perpetuato.
La gerarchia dei sessi, quasi naturalmente (ma in realtà “solo” storicamente) collegata alla gerarchia dei ruoli nella riproduzione (con tutti i significati culturali e prettamente religiosi connessi), è dunque entrata in crisi e nel mezzo di questa crisi oggi non vediamo che confusione e vuoto. Posto che sarebbe ridicolo rifugiarsi nella nostalgia dei bei tempi andati, di quando gli uomini (i padri, i mariti, i padroni) "dominavano" il mondo, è altrettanto vero che siamo entrati in un tempo assolutamente mobile e incerto, in cui si vedono infinite tendenze e possono emergere nuovi, inaspettati anticonformismi.
«Le scelte di vita individuali sono libere e ciascuno interpreta come crede il proprio compito, anche riciclando, se si vuole, forme del passato: nessuno ostacola la vocazione di una donna a volersi casalinga, nessuno impedisce a una coppia di reinventare contrattualmente il pater familias all’antica. Il conformismo di ieri diventa il culmine dell’anticonformismo di oggi» (pagina 32).
Di sicuro – ed è ancora condivisibile questa osservazione di Gauchet – oggi si sta imponendo comunque una nuova forma di autorità, prettamente materna, ma non esclusivamente femminile: e ciò in nome, senza dubbio, del primato della procreazione (ormai disponibile per tutti) e della separazione della procreazione dall'unione familiare. Ad ogni modo, è pure vero che, ancora più marcato e visibile del disinteresse di sempre più donne verso la maternità, è in realtà quello paterno ad emergere; così come è, più in generale, l'interesse dei maschi verso un ruolo sociale maturo e definito a essere finito in crisi.
«Senza dubbio quello che colpisce di più è la disaffezione scolastica di una gran parte dei giovani maschi. Una tendenza che varia dalla scarsa motivazione al franco disinteresse. Lasciando da parte il problema di sapere se le ragazze che li surclassano siano oggettivamente migliori, il dato certo è che esse sono mosse da un orizzonte di conquista tanto personale quanto sociale che si apre davanti a loro, mentre i loro omologhi maschi hanno smarrito una della motivazioni essenziali che li incitava a preoccuparsi del loro futuro in società» (pagina 53).
Un'ultima notazione interessante: questa immaturità di massa dei maschi coinvolge direttamente le relazioni fra i sessi ed il ruolo che, ad esempio, ha assunto la pornografia nel liquefare, per così dire, gli stessi rapporti sessuali. Ciò non fa che riportarci alla questione della “liberazione sessuale” e delle contraddizioni che questa ha portato con sé: «Nessun dubbio, quindi, che l’immaginario pornografico partecipi dello spirito della liberazione sessuale, con l’aggiunta del piccolo dettaglio che è un immaginario per niente interessato alle reali aspettative femminili. Non sembra dunque troppo arrischiato affermare che le donne non si riconoscono affatto in questa strumentalizzazione erotica» (pagina 56).
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