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La finale degli afrikaner

L'Olanda ha vinto tutte le partite. Ma per molti sono ancora gli eredi dei colonizzatori

di Antonio Sgobba

Nel primo mondiale africano in finale ci arrivano gli eredi dei colonizzatori. Si potrebbe pensare questo dopo il successo dell’Olanda. In Sudafrica la maggioranza dei bianchi parla l’afrikaans, un dialetto olandese ereditato dai coloni venuti da Amsterdam. Ora per le vie di Johannesburg si possono vedere sventolare vessilli arancione, il colore della monarchia dei paesi bassi. Il passato è lontano e, soprattutto dopo le vittorie con Brasile e Paraguay, ci sono sudafricani che si dicono orgogliosi dei loro «avi olandesi»

Molti sudafricani di colore continuano a pensare che sono stati proprio i discendenti degli olandesi a creare l’odiato regime segregazionista dell’apartheid. Ma, secondo quanto racconta il Christian Science Monitor, per la maggior parte di loro si tratta solo di un gioco. E se finora il calcio era visto come uno sport da neri, contro il rugby “bianco”, con i successi di Sneijder e Robben le cose sono cambiate.

Certo, non sono state sufficienti poche partite per rimarginare vecchie ferite. «Sì, giocano bene a calcio, ma non faccio il tifo per loro. Non mi piacciono i loro amici e parenti che ci hanno ridotti in schiavitù», dice ad esempio Hasani Chauke, che ha lavorato in una fattoria afrikaner nella provincia di Limpopo. «Noi abbiamo ottenuto l’indipendenza nel 1994, ma loro non vogliono ancora dividere la terra con noi», continua. È d’accordo Thokozani Khumalo da Pretoria: «Se sapessi usare la magia nera cercherei di non fargli segnare neanche un gol», dice.

Eppure a Cape Flat, il «ghetto nero» alla periferia di Città del Capo, c’è chi la pensa diversamente. «Fanno parte della nostra storia, ma non possiamo dargli la colpa dell’apartheid», afferma Pedro Julisen. «Gli olandesi si sono comportati bene con noi in questi anni, ci hanno aiutato dando supporto all’educazione, alla sanità. Apartheid e Olanda sono due cose diverse. Loro ci hanno sempre sostenuto». Ed è d’accordo anche Friend Garon James, intervistato sempre dal Christian Science Monitor a Cape Flat: «Non è mai stato un problema per me tifare Olanda. Stavo con loro quando c’erano Gullit e Rijkard in squadra. L’apartheid non è certo colpa dei giocatori olandesi, sarebbe sciocco non tifare per loro».

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