Famiglia
La filosofia della badante
Nel suo paese era una professoressa stimata. In Italia assiste unanziana maestra. Così nasce unamicizia. Insieme hanno iniziato a scrivere le storie delle loro vite...
Dopopranzo semideserto a Udine. Svitlana attraversa piazza Duomo, elegante e fragile come un fenicottero rosa in equilibrio su una gamba sola. È una bella donna di 46 anni, viene da un paese di duemila anime in Ucraina e fa la badante. Bada a una signora malata di Alzheimer. Ogni giorno è libera dalle due alle quattro di pomeriggio.
«Scrivo perché mi sento piena di qualcosa che devo esprimere, e se non lo faccio mi scoppia il cuore», racconta davanti a una tazzina di caffè espresso. «Il mio libro, Essere donna, è la storia di una badante a Udine? È in ucraino e l?ho scritto anche per tante connazionali che vivono male quest?esperienza, per portare un po? di ottimismo, un piccolo sorriso. Per dire che la vita non è solo lavoro, ma è fatta di tante gioie quotidiane».
Ucraina addioSvitlana vorrebbe anche attirare l?attenzione del governo del suo Paese che, dice, non si interessa affatto di tante donne, mamme, sorelle, figlie che mancano da casa. «Un grande potenziale intellettuale è andato via. Sono partite le persone che hanno avuto il coraggio di cambiare». Svitlana, fuori così esile, in realtà ha una grande forza interiore. «Sono stata fortunata, ho sempre trovato qualcuno che mi ha aiutato. Nel libro parlo anche di loro. Ma non è facile, devi partire da zero per ricostruirti, devi dimenticare che hai studiato, che eri una grande pittrice, hai fatto il conservatorio?».
La bella 46enne si vede come in un lunghissimo spettacolo teatrale. Nel primo atto Svitlana Shmakova è una professoressa di letteratura, stimata e rispettata. Scrive da sempre. Già alle superiori vince il primo premio in un concorso di poesia e alcuni anni dopo pubblica una raccolta di racconti. Cala il sipario e si rialza sul Friuli. L?Ucraina è finita in fondo alla scala sociale. Cammina lungo un marciapiede, rallentata dal peso di due buste della spesa. È ancora senza documenti, non parla bene l?italiano e non vede l?ora di tornare a casa a nascondersi. Succede tre anni fa.
I vecchi quaderni
Allora Svitlana assisteva un?anziana maestra in pensione. Forse è anche per questo che andavano d?accordo. «Mi ha insegnato l?italiano con i vecchi quaderni dei suoi alunni», ride al pensiero. «La signora è una persona molto dolce, le piace tanto parlare, però quando sono arrivata era depressa e da anni non metteva piede fuori casa. Io le ho detto di provare a scrivere tutte le cose che mi raccontava. E così anch?io ho iniziato Essere donna».
Insomma, l?esperienza ha fatto bene a tutte e due e la straniera ricorda volentieri la sua maestra di italiano. «Per stare bene, per accettare la tua parte di badante, devi sapere che stai vicino a una persona che ha bisogno di te come tu hai bisogno di lei. Non mi piace quando le mie connazionali si lamentano perché nessuno le ringrazia in continuazione. A me non interessa. Qui ho capito che essere donna, il titolo del mio romanzo, vuol dire essere in grado di amare, avere dolcezza da dare agli altri. E non è importante se lo fai qui o nella tua terra d?origine. La patria è dove c?è qualcuno che ti vuole bene».
Al contrario di molte, Svitlana non se n?è andata per motivi economici. Certo, così è più facile far finire l?università alla figlia. Gli studi del figlio sono stati pagati con tutto quel che si poteva vendere. «Ma io sono qui perché volevo vedere questo mondo, capire come si vive nel capitalismo. Che differenza c?è con il postcomunismo». A 43 anni ha due figli già grandi e un matrimonio in crisi. «Non volevo pensare che la mia vita ormai fosse finita. Ho avuto la fortuna di incontrare una famiglia che mi ha messo in regola e quando i figli viaggiano per lavoro portano anche me. Sono già stata a Bruxelles, Parigi, Madrid». Le brillano gli occhi. Venezia, Roma, le capitali europee, una volta erano un sogno. «Il bello è che non ho cercato io questa famiglia, sono loro che hanno trovato me, per caso».
Il sabato fa un tuffo nella sua comunità. All?associazione La tela incontra donne russe e ucraine. Badanti come Ljuba, che di notte dipinge per non pensare a quant?è dura la vita. Ci sono anche signore sposate con italiani. Ai figli Svitlana insegna grammatica russa. Alla fine, anche qui ha trovato il modo di seguire la sua vocazione. Ma sotto gli occhi ha un ritaglio di giornale che parla della voglia di fuga delle badanti secondo la recente ricerca Iref Acli. Sorride: «Anch?io tornerò a casa? quando sarà il momento».
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