Fondazioni
La filantropia oggi a Roma? Tra ascolto e passione
Periferiacapitale è il programma per Roma della fondazione Charlemagne. Una delle tante iniziative sostenute è Porticiak, una sei giorni tra grande cinema, cultura e socialità. Stefania Mancini, consigliera della fondazione (e presidente Assifero): «Noi sosteniamo o affianchiamo circa 90 interventi in città. Abbiamo ascoltato il territorio». E aggiunge che «la passione, termine a me caro, verso la filantropia coniugata con la passione per la rinascita della città, ci ha condotto per mano nella fase della filantropia strategica»
Dal 2 al 7 luglio, a Roma, si svolge la seconda edizione di Porticiak: sei giorni di grande cinema, cultura e socialità ai portici di via Monte Cervialto. Tra gli ospiti, Carlo Verdone e Matteo Garrone. Organizzata dal comitato I Portici, con il sostegno del III municipio Roma capitale e del programma “periferiacapitale” di fondazione Charlemagne, in collaborazione con il centro sociale Brancaleone, la cooperativa Parsec e il progetto Astracult, l’iniziativa «nasce dalla volontà di un comitato di cittadini di riqualificare un’area di proprietà Inps, troppo a lungo lasciata all’abbandono, grazie a un progetto partecipato di rigenerazione urbana», dice Stefania Mancini, consigliere della fondazione Charlemagne, che in questa intervista a VITA parla dell’iniziativa Porticiak e di tanto altro. Mancini è anche presidente di Associazione italiane fondazione ed enti filantropici – Assifero.
Mancini, può parlarci di Porticiak, in corso a Roma?
Porticiak si svolge dal 2 al 7 luglio, occupa la fascia pomeridiana e serale, ha luogo a Roma nel III municipio, uno dei più importanti dal punto di vista numerico e che ha sempre un’attività interessante dal punto di vista culturale. La premessa che noi come fondazione Charlemagne si possa entrare in questo tipo di attività dando un supporto, sia promozionale che materiale, riporta a una prassi che abbiamo avviato nella Capitale che è quella di sottoscrivere, insieme ai presidenti dei municipi, dei protocolli d’intesa. Questi protocolli vedono la fondazione Charlemagne (privata, a carattere totalmente solidaristico e promozionale) sottoporre un testo che prevede un partenariato tipico pubblico-privato tra la fondazione e i presidenti dei municipi. Con l’obiettivo di creare un’alleanza, un dibattito, un dialogo, una possibilità di un’ulteriore visione del territorio che coinvolga bene il Terzo settore e le espressioni della cittadinanza attiva nell’ambito, appunto, del partenariato pubblico-privato.
Quanto è importante il partneriato pubblico-privato?
Crediamo moltissimo in quest’alleanza. Nell’ambito del programma “periferiacapitale” abbiamo una sezione che si chiama “culturale”, dedicata a supportare iniziative culturali più tradizionali ma anche quelle soffocate da una mancanza di supporto amministrativo pubblico, cerchiamo di avere quella velocità di assegnazione del finanziamento, quella passione di mettersi a disposizione. Crediamo che alcune rappresentazioni culturali debbano essere disponibili per tutti. Le attività culturali che possiamo definire minori a Roma (in spazi abbastanza ristretti) hanno una difficoltà di autonomia finanziaria. Non ci sono molti fondi a disposizione, vengono decisi in contesti alternativi.
Si tratta della seconda edizione di Porticiak. Com’è andata l’anno scorso?
L’estate scorsa io ero all’area dei portici ad assistere alla prima edizione dell’iniziativa, alla quale ha partecipato anche Matteo Garrone, è stato tramesso il suo film Reality. Il regista si è prestato al “Questions and answers” con il pubblico, con due ragazzi del quartiere che hanno mediato le risposte. Gli abitanti di quello spazio hanno potuto trascorrere una serata, immaginandosi con Garrone cosa significhi fare il regista, come raccontare la città, i luoghi. Questo è il senso, secondo me altissimo, di Porticiak. La manifestazione è promossa dal comitato di quartiere I Portici di Monte Cervialto, che è molto giovane, nata nel 2022. Questa volontà cittadina gode di un impegno importante dell’assessore municipale alla Cultura Luca Blasi e insieme costruiscono un percorso.
Quest’anno chi partecipa alla seconda edizione di Porticiak?
Quest’anno saranno ospiti Carlo Verdone, di nuovo Matteo Garrone, poi Gianni Di Gregorio, Filippo Barbagallo, Filippo Ceccarelli, Marco Risi e altri. L’iniziativa Porticiak nasce dalla volontà di un comitato di cittadini di riqualificare un’area di proprietà Inps, l’area dei Portici di Via Monte Cervialto, troppo a lungo lasciata all’abbandono e al degrado, grazie a un progetto partecipato di rigenerazione urbana.
Quali sono gli interventi che una fondazione come la vostra può fare per una città come Roma?
Noi sosteniamo o affianchiamo circa 90 interventi in città. Abbiamo risposto ad una serie di domande del territorio; abbiamo ascoltato il territorio. Roma è complessa ed è narrata in modo complesso. Abbiamo provato ad attivare delle modalità di costruzione del dialogo che in alcuni contesti remoti, periferici, di periferie del mondo, in contesti urbani complessi, hanno avuto un senso umano e filantropico, generando nuovi percorsi di sviluppo inclusivo ma non standardizzato. Da qui la decisione di intraprendere un programma comunitario che avesse al centro le periferie e i suoi abitanti, che cogliesse l’energia e le attività di espressione del Terzo settore: organizzazioni, associazioni, comitati di quartiere, ma anche gruppi di volontariato, parrocchie, che nei territori assumono un ruolo riconosciuto dagli abitanti a favore della comunità per delle costruzioni di cammini comunitari. Abbiamo stabilito di intervenire in tre ambiti.
Quali?
Sociale, ambientale e culturale. In primis ascoltiamo il territorio; veniamo spesso contattati dai gruppi del territorio e con loro abbiamo un dialogo conoscitivo per poi fare delle valutazioni congiunte. I nostri finanziamenti non sono limitati a dei progetti bensì destinate a percorsi, quindi al sostegno delle attività dei nostri partner. Pertanto, eroghiamo core fund, finanziamenti a sostegno alle associazioni per gestire le proprie attività. A sostegno di questo approccio, che ci vede presenti in quasi tutti i municipi di Roma, abbiamo deciso di avviare dei partenariati strategici con alcuni dipartimenti universitari dei tre atenei pubblici, per sostenere ricerche e azioni che possano supportare e motivare il nostro intervento. Ad esempio, le mappe delle disuguaglianze danno un quadro delle difficoltà dei territori su cui articolare, da una parte, il nostro programma e, dall’altra, veicolare delle campagne di coinvolgimento e advocacy presso le istituzioni comunali. Ultimamente abbiamo finanziato la ricerca su Reti di Mutualismo Poli Civici, una mappa del contesto romano, realizzata per la prima volta, con uno sguardo del potenziale del Terzo settore, autorganizzazione ed economie trasformative.
Il nostro programma “periferiacapitale” ha un respiro di almeno 10 anni per iniziare a vedere dei risultati e ha l’obiettivo di coinvolgere i territori più remoti, in alcuni casi proprio le periferie, e le attività di quei territori in maniera attiva, inclusiva rispetto alle fragilità che sono dimenticate dalle politiche locali
Ce ne può parlare?
La ricerca traccia una mappa dell’associazionismo formale e informale che anima la città, al tempo stesso esamina alcune esperienze di reti di mutualismo e la co-progettazione partecipata tesa verso processi di sviluppo socioeconomico. L’estensione della città di Roma, le sue complessità e le potenzialità ancora non ascoltate potrebbero essere il miglior terreno per una promozione sistemica di Poli civici, risultati da percorsi comuni e condivisi tra pubblica amministrazione, cittadini e servizi territoriali. Alcune esperienze tracciate dalla ricerca (condotta dal Dicea de La Sapienza e Fair Watch) in quartieri complessi di Roma ci indicano la strada, o meglio una delle strade, quella dei poli civici appunto, ove una pluralità di associazioni di un territorio iniziano un cammino in comune, a beneficio di sviluppo sociale ed economico combinato, sapientemente, e a misura di uomo. Lo sguardo sui poli civici convince. E in tal senso anche lo stesso comune di Roma attraverso percorsi amministrativi e delibere ad hoc. Il nostro programma “periferiacapitale” ha un respiro di almeno 10 anni per iniziare a vedere dei risultati e ha l’obiettivo di coinvolgere i territori più remoti, in alcuni casi proprio le periferie, e le attività di quei territori in maniera attiva, inclusiva rispetto alle fragilità che sono dimenticate dalle politiche locali.
Mancini, com’è cambiato il ruolo della filantropia oggi?
Non abbiamo più una sola dimensione erogativa. La passione, termine a me caro, verso la filantropia coniugata con la passione per la rinascita della città, ci ha condotto per mano nella fase della filantropia strategica. Le persone che lavorano in fondazione per il programma “periferiacapitale” sono presenti nel territorio regolarmente. Le discussioni, i confronti, la ricerca di un percorso avvengono direttamente nei territori. Dopo anni di erogazione pura, la filantropia strategica non si sostituisce alle organizzazioni territoriali, ma è una filantropia che decide di ascoltare. E in un periodo ove la politica spesso manca di ascolto… Nel momento in cui ascolto i miei interlocutori, imparo, perché sono quasi sempre più esperti di me; ed è’ per questo che la Fondazione non agisce più solo tramite erogazioni a progetto ma erogazioni e sostegno a cammini e percorsi di associazioni territoriali che sanno bene ove condurre il proprio agire. Ecco allora il mettere le proprie risorse a disposizione di quella soluzione, di quel cammino che territorialmente emerge. Come molte città Roma, il suo territorio e i suoi abitanti hanno potenzialità sconosciute. E per noi è fondamentale porci al servizio per far emergere potenzialità attraverso il supporto della fondazione. Deve essere condotta, supportata, aiutata.
Dopo anni di erogazione pura, la filantropia strategica non si sostituisce alle organizzazioni territoriali, ma è una filantropia che decide di ascoltare
Cosa mettete a disposizione, come fondazione?
Noi mettiamo a disposizione una serie di servizi anche non finanziari, consulenze di vario tipo, relazioni e intermediazioni filantropiche, supporto per cause legali, corsi e scambi di formazione. Lavoriamo con uno schema programmatico, con un approccio sistemico molto chiaro. Abbiamo evidenziato dei punti di migliorie per la gestione della città.
Ad esempio?
Abbiamo elaborato un Manifesto per Roma, un elenco di alcuni punti, terra cui il potenziamento di un ufficio tecnico del Comune di Roma che si occupi della progettazione europea; la necessità di , una cabina di regia sull’economia sociale in città, ancora sconosciuta a livello comunale. Questi punti li portiamo avanti nell’ambito di tutta la nostra progettazione.
Il programma “La città dei 15 minuti” prevede di rigenerare – attraverso il coinvolgimento dei municipi – una prima serie di 15 ambiti urbani, uno per ciascun municipio. Tali ambiti includono spazi urbani in grado di rivitalizzare e riqualificare i tessuti circostanti, oltre ai principali servizi necessari a perseguire l’obiettivo della città dei 15 minuti. Cosa ne pensa?
Parlare della Roma dei 15 minuti può essere un rischio e temo uno schiaffo lessicale per tutte le migliaia di astanti che non accedono a neanche un servizio territoriale, che sono isolati dall’accesso ai servizi. La mia preghiera, come rappresentante di un ente filantropico che si è dedicato e si dedica alla città di Roma, è anche quello di prevedere un linguaggio politico che tenga in considerazione le potenzialità ma anche le fragilità. In secondo luogo, sotto il pensiero della città dei 15 minuti (che è uno slogan importante) c’è un pensiero importante che è quello del decentramento amministrativo. Nelle grandi capitali, per esempio sudamericane, laddove il numero di abitanti è assai più elevato di quello romano, ma con quartieri estesissimi, si è proceduto a rafforzare le municipalità che hanno dei poteri riconosciuti che aiutano la gestione del territorio ma soprattutto dei servizi nel territorio, senza doversi trasferire dall’altra parte della città. I municipi romani dovrebbero vedersi riconosciuti una maggiore autonomia e una maggiore disponibilità finanziaria. Roma ha delle potenzialità enormi, ma con municipi di 280mila abitanti, c’è difficoltà di gestione e di garantire prossimità. I municipi più popolosi sono anche quelli con il tasso di popolazione più giovane, a cui è doveroso dare speranza, servizi, aiuto, supporto. E per questo invochiamo senza tregua una società inclusiva localmente. La dimensione con cui va gestita Roma deve prendere una nuova direzione.
Anche con il programma “periferiacapitale” state cercando di dare una nuova direzione.
Il programma “periferiacapitale”, che entra nel quarto anno di attività ha avuto un approccio interessante. Prima lo abbiamo formulato, poi abbiamo iniziato a farlo conoscere implementandolo, adesso siamo di fatto una comunità di pratica di quasi un centinaio di associazioni territoriali. Ora entriamo nella parte impegnativa che vedrà anche campagne di lobby, di advocacy. Inoltre ci siamo dati l’obiettivo quest’anno di coinvolgere parte di quella popolazione che non conosce il Terzo settore. Molti cittadini di Roma hanno un “cuore” importante, sono attivi e solidali, ma noi abbiamo bisogno di coinvolgere anche i cittadini che non fanno volontariato, che non sanno cos’è il Terzo settore per far entrare loro un’ottica di aver cura di una città e delle sue periferie. E far sì che le periferie, anche quelle umane, siano accompagnate in una rinascita e una presa in carica civica, che sia di stimolo per politiche più attente, per la città di Roma.
Foto fornite dall’ufficio stampa fondazione Charlemagne (foto in apertura e foto in bianco e nero di Daniele Napolitano)
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