Famiglia

La famiglia peer to peer della generazione 2.0

L'intervento del sociologo Mario Morcellini

di Maurizio Regosa

«Oggi a nessun ragazzo interessa annunciare ai propri genitori la diversità dei valori in cui crede». Così il confronto si trasferisce sui nuovi media A forza di postare, commentare e linkare, la generazione 2.0 ha interiorizzato un diverso modo di costruire i propri valori. Da vicino forse lo si nota meno, ma da lontano è più evidente. Non a caso l’allarme Mario Morcellini, preside di Comunicazione alla Sapienza capitolina, l’ha dato dopo aver rivisto dieci anni di rapporti sull’infanzia realizzati da Telefono Azzurro ed Eurispes: l’abitudine a rapportarsi fra pari ha ridotto l’importanza culturale della famiglia e reso più difficili i rapporti fra generazioni. Sicché sono sempre più rare le occasioni per costruire insieme valori condivisi. Un fenomeno che ha le sue ragioni: «La famiglia e la scuola hanno esternalizzato l’educazione dei giovani».
Vita: Cosa intende, professore?
Mario Morcellini: Un tempo nelle mura domestiche avveniva il massimo della coazione ai valori della tradizione. Oggi invece si è andati verso il ripudio della mediazione. La parola “esternalizzazione” fa capire questo processo legato al prevalere dell’influenza del peer to peer nella socializzazione. Oggi diamo per scontato che quello che i soggetti giudicano paritario e riconoscibile, legato alla loro età e al loro linguaggio, funzioni di più in termini di acquisizione di agenda e di valori. Cioè la disposizione dei valori dipende dai legami interpersonali. È sempre avvenuto, ma era subordinato al capitale culturale dato dalla famiglia.
Vita: Ma la differenziazione dagli adulti è una costante della condizione giovanile?
Morcellini: È vero. Ma la famiglia era talmente importante che nei suoi confronti si faceva casino politico-culturale. Oggi a nessuno interessa annunciare in famiglia la diversità dei valori. Basta praticarli. Infine, la rete. Noi crediamo sia un medium in qualche modo domestico che rompe le mura domestiche. Ma i videogiochi riguardano il peer to peer o la famiglia? Tutto ciò ha spostato l’enfasi su valori extrafamiliari giudicati coinvolgenti dai giovani.
Vita: Ma tutte le indagini confermano il ruolo della famiglia…
Morcellini: Si chiede ai giovani: «Che valore dai alla famiglia?». Nessuno di loro dice che non è importante, ma tra dir questo e ammettere alla famiglia un’influenza sui valori vissuti ci passa un mare. Il mare è il peer to peer. Ci sono alcune eccezioni, ma il trend è chiaro: in famiglia tu parcheggi l’alimentazione, risorse economiche e un minimo di scambio educato coi genitori, ma la costruzione e l’ordinamento dei valori, l’agenda delle cose da fare sono assolutamente non negoziati con i valori familiari.
Vita: Perché allora tutti si richiamano ai valori della famiglia?
Morcellini: La cultura pubblica fa finta di credere che sia una congiuntura. Non è così. Sono anni che si vive un processo di smaterializzazione dell’importanza culturale della famiglia. E gli indicatori sono due. Primo, l’aumento affettività in casa: i genitori non sanno più a che santo votarsi e quindi aumentano le manifestazioni affettive. Affettività che copre il vuoto di influenza dei valori. Secondo: le prestazioni economiche. Quando non sai come fare, sganci soldi per tenere il contatto e mantenere la dipendenza.
Vita: E quindi?
Morcellini: Diventi sempre più amico dei tuoi figli, cessi di essere genitore. Ora stiamo parlando di famiglie che funzionano. Pensiamo a quei genitori separati, che magari si sentono in colpa. Aggiungo però che in alcune famiglie separate in cui non ci sono troppi conflitti tra la vecchia e la nuova famiglia, il dispositivo della socializzazione pluralizzato da due a tre persone almeno, rischia di esser più ricco di quello in cui si litiga dalla mattina alla sera o non c’è alcuno scambio culturale.
Vita: Quando è iniziato questo processo?
Morcellini: Se dovessi dare una risposta giornalistica, direi: da quando c’è la crisi della tv. Ho la sensazione che la sua crisi sia in qualche modo legata all’indebolimento delle interazioni familiari. Alcuni pensano che la tv sia fonte di discussioni. Ma quando mai lo è stata? La tv è davvero un mezzo imperiale. Noi sociologi siamo stati troppo indulgenti. Abbiamo ritenuto che la modernità che portava fosse prevalentemente buona, mentre alla lunga…
Vita: Non è rischioso modellizzare il vissuto partendo dalla tv?
Morcellini: Sì, ma è più importante per me cogliere l’occasione di dire che il passaggio dai mezzi generalisti alla rete ha altrettanti rischi se non c’è un minimo di mediazione culturale tra le generazioni. L’individualizzazione della rete funziona solo per quelli che sono culturalmente consapevoli. Per gli altri, può essere devastante e produrre individualismo senza soggettività. Che sembra davvero la metafora culturale del nostro tempo.
Vita: I giovani sono anche molto attenti alla spiritualità. Lei lo sa bene: ha realizzato un dvd su Giovanni Paolo II.
Morcellini: Il suo carisma è stato rilanciato soprattutto da loro. Perché lui aveva il coraggio di dire cose medievali a ragazzi postmoderni. Secondo me questo è ad alta rendita. È la discontinuità. Una delle cose che io chiedo alla Chiesa è non accasarsi sulle mode del tempo.
Vita: La ricetta potrebbe essere non subire i tempi in cui viviamo?
Morcellini: Esatto. La famiglia è antagonista rispetto ad esempio al consumismo sentimentale. L’idea che devi creare qualcosa di stabile è un valore assolutamente premoderno. E io credo che ai giovani farebbe bene avere qualcosa di premoderno.

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