Cultura

La famiglia, l’eternabdimenticata dalla politica

di Redazione

L ‘ Italia che ha iniziato questo complicato 2009 è un Paese così composto: un abitante su cinque ha più di 65 anni. Mentre appena uno su sette ne ha meno di 18. È un Paese di vecchi. È un Paese dove le case sono sempre più vuote (2,4 membri per abitazione in media) e dove i nuclei dei single hanno superato la quota del 25%. Questi dati hanno una sola spiegazione: l’Italia non si è mai data una politica per la famiglia. Difficile che nel 2009 le cose cambino. Ma è difficile immaginare un futuro senza che le cose cambino.
Nonostante questo, la famiglia sembra essere finita in fondo all’agenda della politica. Si sono presto vanificate le attese legate al programma elettorale dell’attuale maggioranza, che pure aveva tentato di distinguersi proprio per un’apertura di credito verso questa “cenerentola” della società italiana. Ma sono passati poco più di sei mesi, e, con l’alibi delle difficoltà congiunturali, il tema famiglia sembra essere stato depennato. Il quoziente famigliare resta, come è sempre stato, un miraggio. E anche la sua versione addolcita, il Basic income family, è passato in soffitta. Gli stessi vescovi, che nella passata legislatura si erano mostrati attivissimi nel sostenere la mobilitazione delle famiglie contro l’ipotesi dei Dico, sembrano essersi orientati su altre priorità. Così nei bilanci dello Stato per le prestazioni sociali, la famiglia resta inchiodata a quell’umiliante 4,5%, mentre la media europea è quasi del doppio (8%).
La situazione può essere vista da due punti di vista, diversi ma convergenti. C’è il punto di vista degli economisti, che si sintetizza nella formula coniata da Alessandro Rosina: l’abbandono delle politiche per la famiglia produce «la spirale del “degiovanimento”». Una spirale che penalizza lo sviluppo e la crescita, perché lo squilibrio nel rapporto tra le generazioni si traduce in una penalizzazione dei giovani: i giovani italiani, rispetto ai coetanei europei, contano meno non solo dal punto di vista demografico, ma anche da quello sociale, economico e politico. Siamo un Paese guidato da una gerontocrazia che trova pochi aspiranti al ricambio e che destina gran parte delle risorse (vedi il peso delle pensioni sul complesso delle spese sociali) alla propria sussistenza. Il secondo punto di vista è quello sociale. La crisi che stiamo vivendo infatti si riflette in maniera molto più drammatica proprio sulle famiglie, nuclei sociali “elementari” lasciati indifesi e in grande sofferenza davanti al crollo dell’economia. Ma l’errore ulteriore che ora si rischia di commettere è quello di uno sguardo pietistico, che si preoccupa tutt’al più di misure emergenziali ed assistenzialistiche proprio per evitare il peggio. Invece la famiglia ha bisogno di coraggio. Che si decida in qualsiasi forma di investire su di lei. Che si riconosca la sua funzione insostituibile nella costruzione di un futuro. Per essere chiari: senza famiglie, la società è destinata a trasformarsi in un deserto. Come quello attraversato dai due protagonisti dell’ultimo grande romanzo di Cormac McCarthy, La Strada . Un padre e un figlio dal cui coraggio e dal cui attaccamento alla vita la storia attinge imprevidibilmente la forza di ricominciare.

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