Famiglia

La famiglia è più che un valore

Le famiglie per la prima volta nella loro storia in Italia escono allo scoperto come soggetto pubblico, sociale...

di Giuseppe Frangi

Il 12 maggio è una giornata che potrà riservare delle sorprese. Non ci riferiamo ai numeri, a una piazza San Giovanni probabilmente piena, come si suol dire, ?oltre le previsioni?, a quel po? di folklore e di allegria che la caratterizzerà. No, la sorpresa, se ci sarà, sarà un?altra. Proviamo a ragionare. Le famiglie per la prima volta nella loro storia in Italia escono allo scoperto come soggetto pubblico, sociale. La vicenda è ben nota: il governo lancia un disegno di legge per salvaguardare i diritti delle coppie di fatto, la Chiesa insorge sottolineando che una legge di questo tipo è culturalmente ed educativamente pericolosa. Sembra un nuovo muro contro muro come sulla legge 40. Un dialogo tra sordi, con posizioni che si fanno via via più oltranziste.

Nel mezzo del confronto avviene una cosa abbastanza inattesa: i vescovi, espressa la loro chiara posizione, fanno un passo indietro e lasciano che siano i laici – cattolici innanzitutto, ma non solo – a scendere in campo. Le maggiori associazioni cattoliche si ritrovano e, non senza qualche imbarazzo e iniziale titubanza, decidono di indire una manifestazione che ribattezzano (felicemente) «Più Famiglia». Nominano due portavoci, un ex sindacalista, Savino Pezzotta, e un?ex femminista Eugenia Roccella. La formazione è inedita, com?è del resto inedita l?iniziativa. A questo punto, come ha notato acutamente Ernesto Galli Della Loggia sul Corriere della Sera, c?è stata un virata: «Per la prima volta hanno fatto irruzione nel grande spazio pubblico, guidati da quella specie di generale Patton dell?impegno sociale che è Savino Pezzotta, i nuovi cattolici italiani».

La virata è anche di contenuti. Non che ci si discosti, nella sostanza, dalle posizioni dei vescovi, ma cambia il menu dei temi. Il dibattito da una dimensione di difesa di valori o di una visione del mondo, viene portato su quello più semplice e prosaico di una difesa di diritti: non è un caso che in prima linea ci siano un ex sindacalista e un?ex femminista. Così gli italiani scoprono che quello che vivono tutti i giorni è diventata finalmente materia di discussione pubblica. Il costo di tirar grandi i figli, il peso di dover costruire una rete di welfare laddove lo Stato è latitante, la difficoltà proibitiva di trovar casa e di metter su famiglia all?età giusta, la mancanza di qualsiasi agevolazione fiscale degna di questo nome. Cose semplici, elementari che incredibilmente da 50 anni sono fuori dall?agenda della politica, se non per qualche intervento che il Censis un po? di settimane fa, in un rapporto dedicato alla famiglia, ha definito figlio «di una concezione riparativa». La famiglia che gli italiani scoprono non è semplicemente un bellissimo valore in cui credere (o al contrario un laccio da cui tenersi alla larga). No, è un soggetto sociale che in questi anni ha arrancato più che mai, vacillando sotto il peso di conti che non tornano e di una cultura che appena può lo ha relegato a scoria del passato o a addirittura a patologia. La famiglia è uscita alla scoperto mostrando il suo volto di soggetto sociale che dalla sua ha una fiducia irriducibile nella vita e nella realtà. La famiglia ha un segno ?più? nel dna. Di questo segno ?più? abbiamo bisogno tutti. Anche chi (sinceramente) scende in piazza per rivendicare il diritto ai Dico. La sorpresa che vedremo in piazza il 12 maggio sarà proprio questa: che lì è come se ci fossimo tutti.

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