Sono in continuo aumento le convivenze “more uxorio”, sia etero che omosessuali. “Famiglie di fatto” a tutti gli effetti ma che, per lo Stato italiano, semplicemente sono “invisibili”: individui che, pur condividendo stessa vita, stesso tetto e magari anche dei figli, sono considerati alla stregua di estranei (al massimo, coinquilini!). Nel miglior dei casi il discrimine tra l’esser riconosciuti come famiglia o l’essere “coppie invisibili” risiede nella libera scelta della coppia etero di non convolare a nozze; nel peggiore, il discrimine sta, invece, nella diversità sessuale della coppia omosex, alla quale la scelta di sposarsi è in ogni caso preclusa. Non va dimenticato, poi, come per molte coppie la convivenza risulta una scelta obbligata: nel caso di partner proveniente da una precedente esperienza matrimoniale e intento a costruirsi una nuova vita.
Cos’è la “famiglia” oggi? La realtà sociale italiana, difatti, è profondamente mutata, come conferma l’ultima ricerca del Censis (“I valori degli italiani”) dalla quale emergono dati sorprendenti: aumentano le coppie di fatto (541mila nel periodo 1998/2009); aumentano le coppie non sposate con figli (nel periodo 2000/2010, 274 mila; aumentano le famiglie composte da un solo genitore (nello stesso periodo, se ne sono costituite 345mila); aumentano le “famiglie ricostituite”, ovvero formate da partner con un matrimonio alle spalle (un milione 70mila); aumentano i componenti delle unioni formatesi al di fuori del matrimonio (le quali, includendo i figli, conterebbero oltre 2,5 milioni di unità); aumentano le coppie omosex (oltre 100mila); aumentano gli italiani che hanno sperimentato almeno una volta nella vita una forma di convivenza libera o informale, 5,9 milioni; aumentano i figli nati al di fuori del matrimonio: dei 500mila bambini che ogni anno nascono nel nostro Paese, 100mila sono i nati da coppie di fatto; aumentano i bambini cresciuti da coppie omosessuali, già oggi, secondo altre ricerche, circa 100mila. A questa emergente realtà fa da contraltare: la diminuzione delle unioni matrimoniali (negli ultimi 40 anni, dalle 419mila del 1972 alle 217mila del 2010; tra il 2000 e il 2010, i matrimoni sono diminuiti ulteriormente del 23,7%); la diminuzione delle coppie coniugate con figli (nel periodo 2000/2010, 739mila in meno). Tutto ciò impone alla nostra attenzione ? oserei dire, alla nostra “coscienza” ? alcuni interrogativi: ha senso continuare a parlare di “famiglia” nel senso tradizionale del termine o, piuttosto, bisognerebbe parlare di “famiglie”?; ha senso far discendere dal solo vincolo matrimoniale una serie di diritti, benefici, tutele, preclusi ad ogni altra forma di stabile convivenza?; fino a che punto la scelta dei genitori di sottrarsi ai doveri (dunque anche ai diritti) coniugali può esser penalizzante per i figli?; perché negare il matrimonio alle coppie omosessuali?
Gaspare Serra, email
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