Formazione

La fame del mondo e il nuovo socialismo

Editoriale di Riccardo Bonacina sulla fame nel mondo

di Riccardo Bonacina

C hi tra voi ha qualche frequentazione con le pagine dei giornali e con i notiziari televisivi sarà stato bombardato in questi giorni da planisferi e cartine che ci aggiornano in tempo reale sugli indici negativi delle Borse mondiali. Un bombardamento di numeri, indici e di consigli non richiesti che inducono il comune cittadino a pensare seriamente che i 3.600 miliardi persi in questi giorni dal finanziere americano Soros o la crisi politico ed economica Russa, che per la verità pesa solo per l?1% sul commercio mondiale, possano avere ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. È il frutto di un mistero molto propagandato e con molti famosi sacerdoti e proseliti: il mistero della cosiddetta ?globalizzazione”. Globalizzazione che prevede una nuova stagione d’intervento pubblico, interno agli Stati e internazionale, attraverso cui, con azioni più o meno dirette (in proprio con le banche centrali o attraverso il Fondo monetario internazionale) i paesi industrializzati e occidentali intervengono con modalità mai prima sperimentate nella vita dei paesi più poveri e in difficoltà. È una sorta di socialismo finanziario e virtuale che succede a quello economico e reale. Un socialismo che collettivizza non più i mezzi di produzione ma i pericoli di insolvenza; con la differenza che mentre il socialismo finanziario, riducendo i rischi dell’investimento speculativo dei già troppo ricchi, ridistribuisce il reddito e la ricchezza verso l’alto come accade da ormai vent?anni, il ?vecchio? socialismo tentava la ridistribuzione verso il basso.
Partendo da queste considerazioni e dopo un lavoro davvero approfondito, vi proponiamo in questo numero un planisfero diverso da quello con cui avete preso consuetudine in queste ore, una geografia aggiornata della fame nel mondo, di un mondo che ha sempre più fame. Una geografia molto più reale di quella dei borsini mondiali, la geografia delle catastrofi e delle carestie, queste sì, che possono avere ripercussioni serie, serissime sull’intero nostro mondo, sulla nostra vita quotidiana.
Solo poche cifre: quasi un miliardo di persone hanno fame; almeno 50 milioni di persone che fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni; pezzi interi di continenti piegati da catastrofi, si pensi ai 240 milioni di cinesi messi in ginocchio dall?alluvione che ancora non finisce; due miliardi di persone (quasi il 50% della popolazione mondiale) che fugge dalla povertà estrema. Una geografia e delle cifre, queste sì, di cui è ragionevole preoccuparsi e di fronte a cui è opportuno rimboccarsi le maniche coscienti del valore estremo dell’ambiente e delle risorse che Dio ci ha dato e pronti a dar vita a pezzi di mondo in cui la cooperazione tra i popoli vinca sulla sovranità limitata dei governi in balia della finanza internazionale.

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