Welfare
La droga e le comunità: quel filo rosso che lega Pamela e Jessica
Le terribili morti di Pamela Mastropietro a Macerata e di Jessica Valentina Faoro a Milano impongono di accendere un faro sulla politica relativa alla cura e la prevenzione dei disturbi da uso di sostanze, tema ormai sparito dall'agenda delle politica. Eppure in questi anni l'aumento dei consumi da parte delle teenager è uno dei campanelli d'allarme sollevati dagli esperti. Come spiegano in questo approfondimento Simone Feder (Presidente Federazione Com.E) e Pietro Maria Farneti (Presidente ASAD)
Il fenomeno delle dipendenze negli ultimi anni ha subito una profonda trasformazione con un aumento dei comportamenti di abuso e di consumo come rilevato ad agosto 2017 nella relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia del Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare viene registrato un preoccupante aumento dell’uso e del consumo tra i giovani, spesso anche minorenni e un ruolo crescente delle donne in termini di consumi. Rispetto ai consumi nell’ultimo anno, il 29% della popolazione studentesca ha assunto almeno una sostanza illegale pari a 4 milioni di individui (il 10,3% quando si parla della popolazione generale). È fortemente aumentata la percentuale di studentesse delle scuole secondarie superiori che ha sperimentato almeno una sostanza psicoattiva illegale con un incremento del numero di ragazze che ha un consumo di sostanze definibile “ad alto rischio”, come la poliassunzione o l’uso quotidiano. La cannabis si conferma come la sostanza psicoattiva illegale più diffusa: il 58,5% degli studenti nel 2016 ne ha fatto uso e si stima che circa 90 mila studenti ne facciano uso quasi ogni giorno. La sostanza più diffusa tra gli studenti dopo la cannabis e la Spice, una delle 43 nuove sostanze psicoattive segnalate nell’ultimo anno.
È fortemente aumentata la percentuale di studentesse delle scuole secondarie superiori che ha sperimentato almeno una sostanza psicoattiva illegale con un incremento del numero di ragazze che ha un consumo di sostanze definibile “ad alto rischio”, come la poliassunzione o l’uso quotidiano
Nel 2016 vi è stato inoltre un incremento dei minori in carico ai Servizi Sociali della Giustizia Minorile per reati droga correlati. Sul fronte dell’alcolismo nel 2016 continua ad aumentare la quota di coloro che consumano alcol occasionalmente (dal 38,8% del 2006 al 43,3% del 2016) e che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 26,1% al 29,2%). Nel consumo eccedono più frequentemente rispetto alle raccomandazioni del Ministero della Salute gli ultrasessantacinquenni (36,2% uomini e 8,3% donne), i giovani di 18-24 anni (22,8% e 12,2%) e gli adolescenti di 11-17 anni (22,9% e 17,9%). La popolazione giovane (18-24 anni) è quella più a rischio per il binge drinking, frequente soprattutto durante momenti di socializzazione, come dichiara il 17,0% dei ragazzi (21,8% dei maschi e 11,7% delle femmine).
A questo quadro va associato il fenomeno del gioco d’azzardo patologico. Una ricerca condotta nel 2012 Dipartimento Politiche Antidroga ha stimato in oltre 23.000.000 il numero di persone che nel corso di un anno giocano d’azzardo, pari al 54% della popolazione fra i 18 e i 74 anni. Secondo il ministero della Sanità, c'è in Italia una percentuale di giocatori d'azzardo problematici tra l'1,5% e il 3,8% della popolazione, cui si aggiunge un altro 2,2% di giocatori d'azzardo patologico, almeno 900 mila persone. Secondo queste constatazione emerge quindi da un documento sottoscritto da Federazione Com.e (Federazione delle comunità educative) e Asad (Associazione servizi ambulatoriali dipendenze), realtà che raccolgono al loro interno 50 comunità per un totale di 900 posti letto e 8 Servizi multidisciplinari Integrati, la necessità di ridare dignità al sistema di trattamento delle dipendenze attraverso l’implementazione di un nuovo modello di cura.
I provvedimenti regionali sulle dipendenze hanno sempre assimilato il sistema di offerta all’area degli anziani e cronicità favorendo di fatto un politica di riduzione del danno a discapito di interventi di riduzione del rischio cronicità. Le norme non tengono conto del sistema di offerta lombardo strutturato in piccole unità di offerta per le quali sono richiesti i medesimi adempimenti imposti a strutture da 120 posti letto e più. E’ urgente modificare l’architettura del sistema di cura perché così come si è strutturato nei continui ritocchi normativi è un sistema ingessato nelle prassi e con aspetti di chiusura a difesa di se stesso. La prassi formale ha sostituito la prassi di adattabilità al fenomeno come si presenta. Uno degli aspetti più macroscopici è la divisione tra intervento ambulatoriale di maggiore esclusiva gestione del settore pubblico, ed il sistema residenziale di esclusiva gestione del privato sociale. Il sistema regionale negli ultimi anni ha introdotto numerose modifiche ai requisiti di accreditamento e appropriatezza che in taluni casi hanno generato difficoltà di presa in carico e di accesso ai servizi. Nel 2017 con DGR 6666 del 29 maggio è stato avviato un lavoro di revisione del sistema al fine di aggiornarlo ai nuovi bisogni di assistenza e cura. Regione Lombardia di fatto non ha mai avuto il coraggio di cambiare il sistema per renderlo più efficiente, ma ha solo aggiustato parti mantenendo inalterato l’impianto generale inefficiente inalterato.
Si sottolinea pertanto la necessità di iniziare a favorire regole che promuovano l’aggancio precoce e la presa in carico, in prospettiva della rivisitazione dell’offerta complessiva regionale e considerato il contesto di sviluppo del fenomeno della dipendenza patologica
Si sottolinea pertanto la necessità di iniziare a favorire regole che promuovano l’aggancio precoce e la presa in carico, in prospettiva della rivisitazione dell’offerta complessiva regionale e considerato il contesto di sviluppo del fenomeno della dipendenza patologica, consentendo alle Ats di poter integrare eventuali extrabudget dei servizi ambulatoriali senza storicizzarne il valore. In merito a questo si richiede di riservare risorse specifiche a favore degli enti accreditati pubblici e privati per la prevenzione e il trattamento precoce dei disturbi da uso di sostanze e comportamenti compulsivi secondo idonee progettualità definite, rivedendo anche l’utilizzo della struttura residenziale per l’accoglienza e il trattamento della popolazione giovanile in modo da evitare pericolose, ed economicamente svantaggiose, cronicizzazioni.
Altro tema fortemente sottolineato è quello del Gap, con la richiesta di ampliare la possibilità di certificazione di dipendenza e di svantaggio, consentendo l’accesso alle Unità di Offerta residenziali terapeutiche, educative e specialistiche per alcol e polidipendenza e l’accesso a misure di inserimento lavorativo protette. Emerge forte la preoccupazione di queste realtà che, per raggiungere una sostenibilità economica, necessitano di adeguamento delle rette, percorso già parzialmente iniziato nell’anno precedente su esortazione del Consiglio Regionale, per le comunità di prima accoglienza, terapeutiche ed educative (attualmente le più basse d’Italia) e aumento le rette delle comunità a bassa intensità assistenziali remunerate ancora a 30 euro al giorno per ospite. Anche gli Smi, come le comunità necessitano di un lavoro di uniformazione rispetto ai criteri di rendicontazione della quota forfettaria trimestrale dei servizi ambulatoriali affinché il suo valore sia riferito non al tipo di dipendenza e alla natura delle prestazioni effettuate, ma al soggetto in carico, superando la distinzione tra interventi sanitari/ farmacologici e interventi psico sociali e di aggiornare la tariffa della presa in carico incrementandola del 16%.
Senza queste fondamentali azioni il sistema per le dipendenze rischia una pericolosa deriva puramente assistenziale, che metterebbe fortemente a rischio una tradizione di decenni nella presa in carico di tali patologie e lo porterebbe ad un’offerta lontana dalle esigenze attuali e non rispondente ai reali bisogni delle persone che giornalmente sono accolte e prese in carico (ASAD, 3.000 utenti solo nel 2017 ).
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