Sostenibilità

Là dove c’erano i prati ora c’è soltanto fango

Marush Narankhuu, allevatrice in Mongolia

di Elisa Cozzarini

«Quando ero bambina questo posto era bellissimo. L’erba per il bestiame cresceva rigogliosa, c’era acqua per tutti. Avevamo una vita tranquilla e felice. Oggi tutti scappano in città» Sorride Marush Narankhuu, nonostante tutto. A 68 anni ha trovato il coraggio di lasciare per la prima volta la sua terra, Tsagaan gol, il Fiume bianco, in Mongolia. Prima è andata nella capitale, Ulan Bator, poi si è spinta fino in Italia, come Testimone del clima WWF, per raccontare al mondo la tragedia che oggi colpisce la sua comunità a causa della drastica riduzione del lago Khar Us, l’Acqua nera. «Non sono mai stata a scuola e ho sempre vissuto in una tribù di pastori nomadi. Ho 14 figli. Solo quattro di loro sono diventati anch’essi allevatori, gli altri sono emigrati in città», racconta Marush.
Molti giovani della sua comunità se ne sono dovuti andare perché la vita è sempre più difficile nella zona del lago Khar Us. «Quando ero bambina questo posto era bellissimo. L’erba per il bestiame cresceva ovunque rigogliosa, c’era acqua per tutti. Avevamo una vita tranquilla e felice», ricorda Marush. Negli ultimi cinque anni, però, il lago Khar Us si è ritirato in modo drammatico, i piccoli pozzi scavati a mano si sono prosciugati e sono scomparsi tutti gli stagni che circondavano il lago. «Dove c’era l’acqua, adesso costruiamo le nostre abitazioni tradizionali, ger. Tutti cerchiamo di stare il più vicino possibile all’acqua, perché la nostra vita dipende da questo», dice ancora Marush, e prosegue: «Attorno al lago ora c’è fango, cosa che non avevamo mai visto prima. Gli animali rischiano di sprofondarci dentro e morire per andare ad abbeverarsi. Io stessa ho perso oltre cento animali in questo modo. Prima che le acque del lago si ritirassero, avevo circa 600 capi di bestiame. Quando l’acqua ha iniziato a scarseggiare e l’erba a diradarsi per la siccità, ho dato trecento animali a due dei miei figli e io ne ho tenuti 250 per me e i due nipoti che vivono con me».
D’inverno la temperatura è aumentata, nevica di meno e il clima è sempre più secco. Durante l’estate il ghiacciaio del monte Jargalant si scioglie e questo rappresenta un’ulteriore perdita nelle riserve d’acqua della zona. Così, negli ultimi anni non è cresciuta l’erba sul monte Jargalant, dove i nomadi portano a pascolare il bestiame quando fa caldo. «I nostri animali sono sempre più deboli e io sono abbastanza anziana per dire che siamo al limite della possibilità di sopravvivenza. Credo che il nostro governo debba fare qualcosa subito», dice Marush, lasciandosi tradire dall’emozione solo per un attimo. Conclude: «Non lascerò mai Tsagaan gol. Come potrei trasferirmi in città alla mia età? Sono anziana, voglio rimanere vicino al lago, dove sono nata e cresciuta».


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