Welfare

La doppia discriminazione

È quella che subiscono le donne con disabilità. Una discriminazione particolarmente difficile da contrastare, perché non dipende solo da pregiudizi ma spesso anche dall’inadeguatezza dei servizi e delle strutture. Un convegno alla Camera lancia il tema

di Redazione

«Le donne con disabilità sono trattate come fossero neutre. È come se la disabilità sovrastasse e coprisse tutte le altre caratteristiche della persona. Gli stessi movimenti femminili e femministi per anni raramente hanno incrociato la variabile del genere con quella della disabilità. Se le donne sono accusate di essere facili, le donne disabili invece sono considerate non donne». Così Lisa Noja, deputata Pd, spiega la ragione del convegno organizzato per domani alla Camera e dal titolo esplicito, “Donne con disabilità, la doppia discriminazione”. Una discriminazione multipla, perché ha a che vedere sia con l’essere donne, sia con la condizione di disabilità, e una discriminazione particolarmente difficile da contrastare, perché non dipende solo da pregiudizi e stereotipi ma spesso anche dall’inadeguatezza dei servizi e delle strutture, troppe volte inaccessibili o abituati ad affrontare i due fattori di discriminazione come compartimenti stagni, mentre la vita e l’identità delle persone sono complesse e vanno considerate nella loro unitarietà.

È drammatico ad esempio il dato reso noto dall’Istat rispetto alla percentuale di donne disabili che hanno subito violenze fisiche o sessuali: sono il 36,6% contro un dato del 30,4% delle donne senza limitazioni fisiche. «È una situazione che si gioca sul fatto che la donna con disabilità fatica a immaginarsi come attraente e desiderabile», spiega Lisa Noja. «E su questo fa leva chi esercita violenza. se la femminilità delle donne con disabilità è un tabù, come possono ritenere di essere credute se raccontano uno stupro?».

Ma anche in tema di servizi le discriminazioni sono gravi. Per quanto riguarda salute e prevenzione la media delle donne con disabilità che fanno il papa test è del 52,3% contro una media della popolazione femminile del 67,5%. «Gli esami diagnostici sono pensati per persone normodotate, che per esempio possono stare in piedi o muoversi in autonomia», spiega sempre la deputata del Pd. «Comunque, una ragazza che vive in casa, per andare dal ginecologo a chi chiede? Come si può assicurare la sua riservatezza se anche solo per salire sul lettino dico ho bisogno di essere aiutata?»

Nonostante le raccomandazioni contenute nell’articolo 6 della Convenzione Onu, in Italia, le donne con disabilità non sono contemplate in quasi nessuna norma dell’ordinamento. L’unico riferimento normativo esistente rinvenibile nel Regolamento recante norme per il funzionamento del Fondo nazionale per il diritto al lavoro dei disabili il cui articolo 6 sancisce che sono ammessi agli incentivi i programmi che soddisfano le condizioni richieste dall’art. 11 della Legge n. 68 del 1999, “…con particolare attenzione ai programmi che favoriscano l’inserimento lavorativo delle donne disabili”.

Tutte questioni di cui si parlerà il 22 maggio alle 15, in occasione del convegno organizzato presso la Sala Conferenze/Palazzo Theodoli Bianchelli e organizzato dalla stessa Lisa Noja e da Maria Elena Boschi.

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