Mondo

La distanza che cambia la vita

A Riccione la Focsiv, la federazione delle ong di impronta cattolica, ha festeggiato i suoi 30 anni. Erano in tanti, ad ascoltare e a raccontarsi. Vita ha raccolto le loro storie e testimonianze

di Emanuela Citterio

Ci sono gesti quotidiani che non riesci più a fare una volta tornato dall?Africa. Come lasciar scorrere l?acqua dal rubinetto mentre ti lavi i denti. Lo so, è banale, un gesto che uno fa in automatico, senza pensarci. Ma da quando so come l?acqua sia preziosa per chi vive in Tanzania, non riesco più a farlo». Michele Giongrandi, 36 anni, è ostetrico. La sua carriera di volontario nelle ong della Focsiv è iniziata con il servizio civile internazionale, in Guinea Equatoriale, con il Cope-Cooperazione Paesi emergenti. «Avevo solo 19 anni. E, a quell?età, a spingermi era soprattutto la voglia di avventura. Sono partito per un Paese di poco più di 300mila abitanti che nessuno dei miei amici sapeva individuare sulla mappa dell?Africa. Mi sono scontrato con una realtà dura, controllata da un regime che violava sistematicamente i diritti umani». Niente recinti Sono racconti senza fronzoli, quelli dei volontari che incontro durante il convegno della Focsiv, la federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana. Organizzato a Riccione per festeggiare i 30 anni dalla fondazione e altrettanti di progetti nel mondo, per i volontari rientrati il convegno è soprattutto un?occasione per incontrarsi, per scambiarsi le idee e le esperienze vissute. Ti raccontano la loro vita dall?altra parte del mondo e con poche parole riescono a farti immaginare luoghi e situazioni, persino gli incontri che hanno segnato la loro vita. «In Tanzania vivevamo in cinque volontari in una casa non recintata», racconta Michele. «La gente del posto lo ha subito notato, visto che le case degli occidentali di solito sono circondate da mura e hanno sempre qualcuno di guardia. Questa scelta ci ha permesso di entrare in contatto in modo più diretto con la popolazione ed essere accettati». La condivisione, la centralità della persona e l?ispirazione cristiana sono i tre capisaldi che accomunano le organizzazioni non governative che fanno parte della Focsiv. Anche se i modi di intendere un?esperienza di volontariato internazionale sono tanti quanti le storie delle persone che fanno questa scelta. Michele, dopo due anni in Guinea e quattro in Tanzania, ha ripreso il lavoro di ostetrico nell?ospedale di Catania, la sua città, ma continua a fare il volontario per l?ong con cui è partito, come coordinatore dei progetti dall?Italia. A come Angola Giancarlo Pinaffo, 30 anni, vorrebbe invece fare dell?intervento umanitario nei Paesi del sud del mondo la sua professione. Appena tornato dall?Angola, è già alla sua seconda esperienza di volontariato internazionale. A vent?anni, da perito agrario, è partito per il Brasile, con l?ong Aes – Associazione amici dello Stato brasiliano Espirito santo che aveva avviato un progetto di formazione per i figli dei contadini nella regione dell?Amapà, in Amazzonia. «Sono rientrato in Italia e mi sono laureato in agraria», racconta. «Poi ho cercato un?esperienza che potesse essere formativa dal punto di vista professionale, privilegiando l?aspetto più ?tecnico? del mio lavoro». La seconda partenza, quella per l?Angola, l?ha proiettato in una delle situazioni più difficili in Africa di questi tempi. «A Quito, la sede del progetto dell?Aps, c?era la guerra», spiega Giancarlo. «Trattandosi di una situazione di emergenza ho dovuto imparare a lavorare in modo diverso, in coordinamento con le altre ong e con le agenzie umanitarie dell?Onu». Sempre più qualificati Un?alta professionalità è ciò che sempre di più viene richiesto ai volontari internazionali. «Ho fatto un test all?università di Pavia per il master che forma alla cooperazione nei Paesi in via di sviluppo», racconta Giancarlo. «Mi piacerebbe che l?intervento umanitario diventasse il mio lavoro.» «L?importante è non trasformarsi in burocrati», interviene Michele. «La caratteristica del volontario è quella di stare in mezzo alla gente, anche se è tutt?altro che facile». «Spesso il senso di lontananza è frustrante», sottolinea Giancarlo, «chi ha qualche autorità la fa subito pesare su chi gli è sottoposto. Ho superato questa difficoltà comportandomi in modo diverso ed essendo il più possibile autentico nelle relazioni. Penso che qualcuno se ne sia accorto, ma la contrapposizione rimane». Tra i relatori del convegno c?è anche un volontario tanzaniano, John Kamonga, 44 anni. Dopo tre anni di formazione in Italia, è ritornato in Tanzania per coordinare i progetti del Cefa,ong di Bologna. Fa parte del suo lavoro anche facilitare l?inserimento dei volontari stranieri. «Cerchiamo di portare avanti un nuovo stile di cooperazione, che non sia più a senso unico, tra chi aiuta e chi è beneficato. Vogliamo lavorare insieme».


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