Welfare

La disperata perfezione. Parla Giovanna, mamma speciale

Madri assassine: cosa leggere dietro la cronaca. Giovanna Spantigati, mamma di un bambino con grave handicap, riflette sui casi di Santa Caterina Valfurva e Imola

di Benedetta Verrini

Santa Caterina Valfurva il 12 maggio. Il 17 maggio, appena cinque giorni dopo, Imola. E nella mente di tutti, il fantasma di Cogne. «Tragedie come queste diventano facile preda della gente. In fondo, è quasi una catarsi. Stai a guardare i drammi degli altri, e dici: ?Ma guarda che roba!?, e magari hai appena finito di scannarti con tuo marito. Nessuno di noi può mettersi a giudicare. Ci vorrebbe solo un po? di pietà, moneta rara in questa società». Giovanna Spantigati sulle ?mamme assassine? preferisce rigettare ogni schema. Lei, che è mamma di due bambini, Martina ed Emanuele (sordo e affetto da un grave handicap neuromotorio), di maternità e di difficoltà ne sa qualcosa. Dopo la vicenda di Imola, ultima di una serie sempre più angosciante, abbiamo fatto una chiacchierata con lei. Vita: Stai affrontando un impegno di madre più difficile di altri. Ti sarai fatta un?opinione su queste altre mamme, apparentemente senza problemi, che all?improvviso decidono di distruggere la vita dei loro figli e la propria. Giovanna Spantigati: Leggo gli eventi con un forte senso di accettazione. è la vita che me l?ha insegnato: vivo l?accettazione di un bambino come il mio e so che tutto ha un senso, anche questo. Le prove, i sacrifici sono una traccia misteriosa, che a volte non sappiamo riconoscere, e che ci porta verso un?altra vita, a realizzare un disegno più grande. è impossibile capire perché alcune madri hanno deciso di spezzare questo disegno, ma certamente è possibile avere un po? di umana comprensione per loro. Non mi sento di giudicare. Anch?io, come madre, ho avuto periodi durissimi. Vita: Ce ne vuoi parlare? Spantigati: Quando Emanuele aveva 2-3 anni (adesso ne ha 11), c?era una psicologa che mi seguiva. Convivevo con sentimenti laceranti che oggi, finalmente, non ci sono più. Un giorno le ho confessato: «A volte, io questo coso lo odio. Mi fa schifo, non era quello che volevo». E lei mi aveva risposto che era normale. A me non sembrava affatto: mi sentivo in colpa per aver creato un bambino così, mi sentivo in colpa perché a volte lo detestavo, mi sentivo in colpa di tutto. A poco a poco, però, il fatto di sentirmi dire che era normale, che se la rabbia saliva dovevo combatterla cambiando stanza, facendo altre cose, mi ha cambiata molto. Ora so che posso accettare pensieri distruttivi, perché sono umani, sono sani, sono normali. Non so quale velo sottile separi il pensiero dall?atto: certo, nei casi citati, di normalità ne vedo davvero poca. Vita: Eppure, il filo rosso che lega la vita di queste mamme è la normalità: benestanti, tranquille, con mariti e bambini ?normali?. Spantigati: Sì, ma guardiamo sotto quella patina di perfezione che ci impone la società: vogliamo la famiglia perfetta, i bambini perfetti, con mille giocattoli, gli abitini firmati, la bella casa, le vacanze ai Caraibi tutti gli anni. Ma la realtà non è questo. La tensione verso la perfezione ci porta a esasperarci, a soffocare dentro uno schema che, evidentemente, ha qualcosa di sbagliato. Non esiste la normalità o la non normalità: esistono solo situazioni portate all?esasperazione. Queste, a mio avviso, sono il detonatore di gesti disperati. In mezzo a tutto questo, però, vedo anche una tensione forte, in molte persone, a costruire la propria esistenza su un altro livello, a dare un senso ad altri valori, alla vita, all?amore. Vita: La disperazione di una donna può maturare anche per colpa di una certa indifferenza sociale? Spantigati: Quella esiste, la vivo sulla mia pelle e devono averla vissuta anche altre madri. Con il tipo di civiltà che abbiamo, nessuno vuole stare al mio posto. Nessuno è disposto a capirti, ed è difficile chiedere aiuto. Mio figlio ha frequentato una scuola elementare, in passato, in cui non potevo mai parcheggiare nel posto riservato ai disabili perché gli altri genitori se ne fregavano e occupavano il parcheggio. Ho scritto una lettera alla direttrice e alle maestre per chiedere che insegnassero educazione civica almeno ai bambini in classe, visto che i genitori non l?applicavano. Mi hanno proposto, ?per semplificare?, di passare con mio figlio dal retro. Vita: Come affronti le tue giornate? Spantigati: Ci sono molti modi per alzarsi al mattino. Io avverto il risveglio della mia famiglia: bambini, cani, gatti. E, sarò matta, ma mi sento felice. C?è troppa rabbia, troppa voglia di condannare, di lamentarsi in questo mondo. Se questi casi di cronaca ci possono insegnare qualcosa, è che la vita è un valore meraviglioso. Quelle madri che hanno ceduto alla disperazione ci chiedono di avere più rispetto per gli altri, ci chiedono di porci verso il prossimo con più amore e disponibilità. E di sorridere alla vita.


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