Economia
La dislessia nel cv: IBM certificata come dyslexia friendly corporate
IBM e Micron sono le prime due aziende ad ottenere la certificazione di Fondazione Italiana Dislessia, al termine di un percorso di 12 mesi per rivedere le procedure aziendali in fase di selezione e inserimento lavorativo. In Italia ogni anno almeno 12mila giovani con DSA cercano di inserirsi nel mondo del lavoro, ma una legge che li tuteli ancora non c'è
La IBM è una dyslexia friendly corporate. La certificazione gli è stata consegnata da Fondazione Italiana Dislessia, come «riconoscimento al valido contributo offerto per migliorare e adeguare i propri processi interni allo scopo di favorire le condizioni lavorative e l’emergere dei talenti di chi vive con Disturbi Specifici dell’Apprendimento». Non si tratta di una targa ma della certificazione di un impegno concreto: IBM infatti ha realizzato un percorso di circa 12 mesi, legato al progetto “DSA: Progress for work”, ideato e sviluppato dalla Fondazione Italiana Dislessia in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, durante il quale all’interno dell’azienda sono state implementate modalità dyslexia friendly nella fase di selezione e inserimento lavorativo.
Di dislessia infatti si parla sempre molto nella fase della scuola, con una legge ad hoc, la 170 del 2010 che riconosce tutela il diritto allo studio dei ragazzi dislessici e dà l’opportunità di mettere in atto misure compensative e dispensative dare spazio al loro potenziale di tutti gli studenti in base alle loro peculiarità. E quando la scuola finisce? Fra i 300mila giovani che ogni anno concludono il loro percorso di studi, poiché le statistiche parlano di 3-5% di DSA, ci sono ogni anno circa 12mila giovani con DSA cercano di inserirsi nel mondo del lavoro. E considerando l’Italia nel suo complesso, su 60 milioni di abitanti significa che esistono 2 milioni di persone con questo disturbo. Numeri molto elevati per poter continuare a fingere che il tema dislessia e lavoro non esista. Per questi lavoratori infatti fino a questo momento non esistono in Italia percorsi ad hoc di inserimento e facilitazione, neppure per la fase di ricerca e selezione, al contrario di quello che accade nel paesi anglosassoni: eccezione fatta per l’apertura dell’onorevole Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, che l’anno scorso in un evento della Fondazione Italiana Dislessia ha sottolineato la necessità che le istituzioni siano aperte ad approfondire la questione.
“DSA: Progress for work” della Fondazione Italiana Dislessia rappresenta quindi ad oggi il primo tentativo concreto in Italia di supportare aziende e dislessici nell’interesse di entrambi. L’idea è che attivando interventi mirati a valorizzare le potenzialità e i talenti che le persone con Dislessia e DSA possiedono, questi possano rappresentare addirittura la chiave del loro successo professionale. La ricerca scientifica infatti ha ampiamente dimostrato che un ambiente di lavoro dyslexia friendly permette non solo di compensare le difficoltà ma anche di acquisire strategie di successo e di agevolare l’emergere delle potenzialità degli individui facilitando la crescita professionale.
IBM è la seconda azienda in Italia a completare il percorso e ad ottenere la certificazione: la prima è stata Micron. Due sono le aziende che stanno implementando il progetto: Axia, una società milanese specializzata in selezione e recruitment del personale e nella consulenza aziendale, ha terminato il processo ed è in attesa della certificazione, mentre il gruppo Intesa San Paolo ha appena iniziato il percorso. Altre aziende hanno dimostrato interesse ma non hanno ancora avviato il progetto. Il 15 novembre a Bologna ci sarà un seminario laboratoriale dal titolo “DSA e storytelling”, tenuto da Enrico Dalla Rosa, fondatore di Axia e docente dell’Università Cattolica di Milano, che spiegherà le modalità ideali per parlare della propria dislessia nel curriculum e durante il colloquio di lavoro. Dirlo o non dirlo? E se sì, come dirlo? Jacques Dubochet, premio Nobel 2017 per la Chimica, la sua dislessia l’ha messa nel curriculum: vale la pena imitarlo?
Foto di copertina J. Velasquez / Unsplash
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