Non profit

La disfatta dei prepotenti

L'editoriale di Giuseppe Frangi sul movimento sorto in varie nazioni di opposizione alla possibile guerra contro l'Iraq.

di Giuseppe Frangi

E se il mondo non la pensasse come tutti credono? Mettiamo in fila qualche indizio. Art Spiegelman, il più grande illustratore americano, ha lasciato dopo anni il New Yorker, perché qualsiasi critica alla presidenza di Bush jr é ormai proibita. E annota Spiegelman: “Il New York Times (il più diffuso e autorevole quotidiano americano, ndr può permettersi di tacere le enormi marce di proteste che si sono svolte nel Paese”. Qualche fotografia di queste marce fa capolino nel numero del settimanale Time, che in copertina ha un titolo allarmato: “Blaming America”. Gli Stati Uniti sono in calo spaventoso di consenso fuori dai loro confini. I numeri sono questi: in Germania l’opposizione alla guerra oscilla tra il 70 e l’80%, a seconda degli istituti demoscopici. In Francia solo il 15% si dichiara favorevole all’intervento “ma sotto l’egida dell’Onu”. In Italia, lo sappiamo, la percentuale dei contrari al conflitto toccherebbe l’85%, come documentato da un sondaggio di Famiglia Cristiana. Ma ci sono anche altre certezze che vacillano. Prendete le elezioni israeliane che si terranno il 28 gennaio prossimo. Sembravano una formalità, sembrava che tutto il Paese fosse come un sol uomo schierato con Sharon. Invece dai sondaggi più recenti scopriamo che solo il 3% dei consensi divide i laburisti dal Likud (fonte: il quotidiano Haaretz: Likud al 27%, Laburisti al 24%). Attenzione: il malessere non riguarda il tradizionale schieramento destra-sinistra. L’Italia e la Francia sono Paesi più o meno saldamente orientati a destra. Israele e gli Stati Uniti pure. Eppure la reazione di rigetto é chiara, inequivocabile. Il rigetto é per la strategia della prepotenza, che sembra essere diventata l’unica logica in grado di governare il mondo e che in realtà lo sta spingendo nel caos. L’idea che i conflitti possano essere risolti con il dispiego di forze, a volte così sproporzionato da apparire non si sa se più tragico o più grottesco. Il mondo é stanco degli altolà che un giorno sì e l’altro pure Bush lancia dal suo pulpito. Com’é stanco delle prepotenze, il più delle volte contro innocenti, con cui certo mondo islamico cerca di alzare la febbre dello scontro. Adriano Sofri (uno che non può essere certo tacciato di pacifismo e che su questo ha apertamente polemizzato con Gino Strada), ha trovato parole molto intelligenti e acute per esprimere questa stanchezza del mondo: “Bisognerebbe che qualcuno arrivasse e parlasse un’altra lingua. Che la tentazione dell’unilateralità militare lasciasse il posto all’unilateralità della convivenza. Un tempo”, proseguiva Sofri, si invocava il disarmo unilterale: era una fesseria santa e prosovietica. Ma la revoca unilaterale dell’embargo all’Iraq, l’unilaterale ritiro dalle colonie in Palestina, l’unilaterale finanziamento della ricostruzione afghana, sarebbero tentativi di bonificare l’odio!”. Questa unilateralità della convivenza, formula bellissima, ha trovato un sostegno senza nessun “ma” da parte del Papa, che davanti a tutti i diplomatici della Santa Sede (una platea, quindi, per nulla casuale), ha ribadito il suo no alla logica della guerra come soluzione dei conflitti. A questo punto, davanti a un consenso così vacillante, c’é da chiedersi cosa tenga in piedi questa strategia della prepotenza. Quale calcolo ci sia dietro. Forse la risposta l’ha fornita qualche anno fa, con la sfrontatezza che gli dobbiamo riconoscere, Bush senior quando ha dichiarato che “il tenore di vita del popolo americano non é negoziabile”. Per mantenere in piedi questo sistema che vede un Paese con il 5% della popolazione mondiale divorare il 36% delle risorse, la guerra é una via obbligata. Per garantirsi un controllo a tutto campo sulle fonti energetiche e per tenere sotto scacco quella enorme fetta del pianeta che vive nella più disperata povertà. Questo é il primo punto sull’agenda dell'”unilteralità della convivenza”. Il mondo che non sopporta più i ricatti della prepotenza, deve esser consapevole che é l’ora di accettare, civilmente, un riequilbrio.


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