Cultura
La discriminazione multipla di 1,7 milioni di donne con disabilità
In Italia solo il 35,1% delle donne che hanno una disabilità, limitazione funzionale, invalidità o malattia cronica grave lavora: gli uomini che si trovano nelle medesime condizioni lavorano invece nel 52,5% dei casi. Scontano discriminazioni come donne e come persone con disabilità. Uildm rilancia il secondo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Ue
di Redazione
In Italia solo il 35,1% delle donne che hanno una disabilità, una limitazione funzionale, una invalidità o una malattia cronica grave lavora: gli uomini che si trovano nelle stesse condizioni lavorano invece nel 52,5% dei casi. Poco, certo, ma sempre molto più delle donne. Le donne hanno le stesse difficoltà degli uomini disabili nell’accedere al mondo del lavoro – pregiudizi sulla disabilità, inaccessibilità degli ambienti di lavoro, mancanza di sevizi per la mobilità – ma in più scontano i pregiudizi e le difficoltà legati all’essere donna. «Le donne disabili affrontano molte più difficoltà sia rispetto sia alle donne senza disabilità sia rispetto agli uomini, con o senza disabilità, per conseguire l’accesso ad un alloggio adeguato, alla salute, all’istruzione, alla formazione professionale e all’occupazione», dichiara Stefania Pedroni (in foto, sotto), vicepresidente nazionale della UILDM-Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. È una discriminazione multipla quella che in Italia riguarda le circa un milione e 700mila donne con disabilità: come donne condividono la mancanza di pari opportunità che prevale nella nostra società e come persone con disabilità soffrono di restrizioni e limiti alla partecipazione sociale. Per questo, in occasione della giornata internazionale della donna, UILDM rilancia il secondo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Unione Europea, che individua 18 aree tematiche per cui avanza indicazioni sulle modalità operative più utili a promuovere una cultura a favore dell’inclusione e della parità di genere delle donne disabili.
Il Manifesto è stato adottato nel 2011 a Budapest dall’Assemblea Generale del Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) e ratificato ufficialmente nel settembre 2017 da UILDM nella sua traduzione italiana a cura del centro “Informare un’h”. Si va dalla violenza contro le donne ai diritti sessuali e riproduttivi, dal lavoro a sensibilizzazione, mass media ed immagine sociale (qui il testo completo). Temi che rappresentano in pieno le molteplici istanze delle donne con disabilità che UILDM porta avanti attraverso il Gruppo Donne, attivo fin dal 1998.
Per quanto riguarda ad esempio il diritto alla salute per le donne con disabilità, in molti ospedali esso si scontra ancora oggi con competenze, strumentazioni e adattamenti organizzativi inadeguati. Un’indagine del Gruppo Donne UILDM, condotta nel 2013, evidenziò che il 42,62% delle strutture pubbliche del campione non dispone di un bagno accessibile e spesso ci sono ostacoli lungo il percorso per raggiungere la reception ed è impossibile avvicinarsi al banco informazioni se si usa una seda a rotelle. La violenza sulle donne con disabilità poi è molto diffusa, ma non viene quasi mai contemplata per via del pregiudizio secondo cui il corpo di una donna disabile non è desiderabile. Spesso poi sono proprio gli uomini che si prendono cura di queste donne ad approfittare di loro: per questo motivo, la violenza sulle donne disabili non viene denunciata solo nel 10% dei casi. Eppure l’Istat rileva che il rischio di subire stupri è più che doppio per le donne con disabilità: il 10% contro il 4,7% delle donne senza limitazioni funzionali. E i rischi aumentano anche in caso di stalking: il 21,6% delle donne con disabilità ha subito comportamenti persecutori contro circa il 14% delle altre donne. «Purtroppo però all’interno del Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel dicembre scorso mancano riferimenti e azioni di contrasto alla violenza nei confronti delle ragazze e delle donne con disabilità», continua Stefania Pedroni. «È fondamentale che ognuna e ognuno, per quanto di propria competenza, e a tutti i livelli, si adoperi per fare in modo che la discriminazione non abbia più posto e che la nostra società sia basata sul rispetto dei diritti civili ed umani di tutte le persone».
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