Sostenibilità

La disavventura ha partorito un topolino

di Redazione

L’avventura nucleare in Italia è iniziata nell’anno 1963, con la connessione in rete, a Latina, del primo reattore nucleare italiano (tecnologia inglese, reattore a gas-grafite, 160 MWe di potenza). Nel 1964 viene connesso alla rete un secondo reattore nucleare (Bwr – Boiling Water Reactor) nel comune di Sessa Aurunca (Caserta), in prossimità del fiume Garigliano, per una potenza di 160 MWe. Al reattore del Garigliano fa seguito nello stesso anno un terzo reattore a Trino Vercellese (Pwr – Pressurized Water Reactor, 270 MWe). Il quarto reattore nucleare italiano verrà connesso alla rete solo 14 anni dopo a Caorso (Piacenza), nel 1978. Si tratta di un reattore Bwr della potenza di 880 MWe. Un quinto reattore di piccole dimensioni (Cirene 40 MWe, di concezione italiana) era quasi pronto ad entrare in funzione a Latina, ma non venne mai avviato dopo gli esiti del referendum antinucleare del 1987. Il referendum concluse ufficialmente la vita di tutti i reattori nucleari italiani, con una produzione elettrica totale pari a circa 56,2 TWhe (miliardi di kilowattora elettrici). Tale produzione è pari a circa il 16% del consumo di elettricità in Italia nel 2009: ossia l’intero programma nucleare italiano dal 1964 al 1987 ha contribuito una quantità di elettricità pari a nemmeno un quinto dei consumi elettrici di un solo anno. Convertendo questo dato in termini di petrolio risparmiato in centrali termoelettriche, si ottiene un risparmio di circa 12 milioni di TEP (tonnellate di equivalente petrolio), pari al 6,5% dei consumi totali di energia italiani nel solo anno 2009. (S.U.)


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