Non profit

la difficile caccia allo slogan meno scontato

L'esperto di comunicazione valuta lo sforzo creativo delle associazioni

di Redazione

I soggetti più gettonati sono le mani (per le cinque dita) e
l’invito a «dare il 5». Ma non manca chi si distingue per originalità
e freschezza. Ecco gli esempi più innovativi Come si sono presentate le associazioni italiane all’appuntamento con la campagna di comunicazione pro 5 per mille? A dire il vero, in generale non si sono viste grandi prove di originalità, anche se bisogna riconoscere che il compito non era dei più facili, soprattutto in considerazione del fatto che si tratta ormai del quarto anno che tutti sono chiamati a misurarsi con lo stesso obiettivo: convincere il cittadino a scrivere il codice fiscale della propria associazione nell’apposito spazio del modello di dichiarazione dei redditi.

Dritto al sodo
Tra le tante strade possibili, i più hanno scelto la più semplice: poco o nulla di grafica, e un invito didascalico a compiere l’azione richiesta. Alcuni (per esempio WWF, ActionAid e Save the Children) hanno aggiunto l’invito a lasciare il numero di cellulare per poter ricevere un promemoria via sms. Per quanto riguarda le immagini scelte, anche quest’anno la mano ha avuto un ruolo importante, complice l’associazione immediata col numero cinque. Così ecco, per esempio, otto mani di colore diverso e arricchite da un sorriso nel messaggio delle Acli, due mani di bambino multicolori per Arché, la mano drammaticamente rossa di Palmas International, una mano con un nodo sull’indice come promemoria nel messaggio della Fondazione Meyer, l’impronta di una mano scelta dal San Raffaele, quella esibita sorridendo da un bambino per Telefono Azzurro e così via?

Il gioco di parole
Qualcuno, per tentare di emergere dalla folla, si affida alla soluzione classica del testimonial.
È il caso, per esempio, di Amnesty International con l’attore Alessandro Gassman, di Amref con la conduttrice Sveva Sagramola o ancora di Sos Bambini con la giornalista Maria Concetta Mattei. Anche per quanto riguarda gli slogan, quando ci sono, la maggior parte delle soluzioni segue la via del gioco di parole intorno alla formula. Troviamo così «Il tuo 5 per noi vale 1000» (Acli), «5 x 1000 buoni motivi per sostenere Acra», «5 per mille progetti Aifo da sostenere», «5 x 1000 x Airc = ricerca», «5 per 1000 cuori da salvare» (associazione Cuore Fratello), «5 minuti x mille bambini» (Enzo B.), «5 x 1000 fa? bene!» (Intervita) e così via. Altro evergreen è «Dammi il 5», proposto da Telefono Azzurro, ma utilizzato da molte altre organizzazioni. Dunque un panorama abbastanza omogeneo che conferma anche la tendenza, ancora molto diffusa nel non profit nostrano, a sottovalutare l’importanza strategica della comunicazione.

I fuori dal coro
C’è, naturalmente, anche qualche eccezione che testimonia del contrario. Come la campagna «Cerchiamo donatori di reddito» dell’Ail – Associazione italiana contro le leucemie, i linfomi e il mieloma, che associa allo slogan un modello Unico trasformato in sacca da trasfusione. Non è probabilmente centrata strategicamente (basti pensare alle associazioni spurie che può suscitare con il “dissanguamento” da tasse o alle ambiguità presenti nel concetto di stesso di “donatori di reddito” quando a essere donata è l’imposta), ma testimonia di un tentativo di andare oltre l’inerzia. Anche Save the Children, con «Alcune vite sono appese a un filo. D’inchiostro», slogan che accompagna l’immagine di un’altalena costruita da tante firme cu cui giocano due bambini, mostra di aver cercato una soluzione originale. Per finire, la scelta di Naga onlus, che ha ripreso uno slogan già utilizzato in passato per altre situazioni cogliendone l’adeguatezza alla necessità presente, è quella che ci ha più convinto: nel suo «Tra il dire e il fare c’è di mezzo il dare» è possibile cogliere in una sintesi brillante il significato forse più importante del 5 per mille.

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