Non profit
La differenza fra denaro e moneta? Il primo è realtà, la seconda convenzione
Maria Grazia Turri, economista dell'università di Torino
di Marco Dotti
Allieva del grande economista Claudio Napoleoni, docente all’università di Torino, autrice del libro La distinzione fra moneta e denaro (Carocci, 2009), Maria Grazia Turri è una studiosa di frontiera. Che cosa è denaro (in inglese, money)? Che cosa è moneta (currency)? C’è una grande confusione concettuale, attorno a questi due termini.
Ci aiuta a distinguere?
Gli economisti confondono spesso il mondo della finanza, del credito e della moneta e il mondo dell’economia. È importante, al contrario, distinguere per capire e per agire e, vista la nostra questione, distinguere tra denaro e moneta. Il denaro è un concetto che affonda le sue radici nella realtà, la moneta è un oggetto sociale, costruito dagli esseri umani, contrariamente agli oggetti naturali che trovano in natura la loro origine. La moneta ha quattro funzioni essenziali: è un mezzo di pagamento, ha una funzione numeraria, è mezzo di scambio ed è riserva di valore. È solo come riserva di valore che denaro e moneta si toccano e rischiano di coincidere.
Il denaro è denaro ovunque, in Uganda come in Antartide, mentre una moneta è sempre, entro certi limiti, espressione di un territorio. È d’accordo?
Direi che la moneta è un segno del denaro e, come tale, ha bisogno di rispettare due condizioni. La prima è che sia dotata di una traccia sia che essa sia la firma del Governatore della Banca che la emette sia che sia un bit elettronico, come nel caso delle carte di credito. La seconda, è l’uso collettivo che di questa moneta viene fatto attraverso il suo riconoscimento sociale.
Vediamole nel dettaglio…
Per quanto riguarda la prima condizione, va detto che persino nelle ipotesi-limite, laddove si è soliti parlare di “smaterializzazione” forse perché certe forme ? pensiamo al moneta web o a quella elettronica ? si avvicinano all’immaterialità, una traccia esiste. Altrimenti non potremmo parlare di moneta. Persino in una carta di credito o in una moneta web si ha una traccia, magari rappresentata da un codice o da un’iscrizione su un server. Il processo di smaterializzazione della moneta di cui spesso si parla incontra dunque il suo limite nella necessità, perché si abbia moneta, di un segno grafico che qualifichi quella cosa come “moneta”. La moneta non è però un oggetto fisico, ma un oggetto sociale, ovvero un oggetto a cui una comunità attribuisce una funzione e questa funzione è attestata da un segno. Il riconoscimento sociale, però, non è arbitrario, viene da quella che Durkheim chiamava “società”, concetto ben diverso da quello di “collettività” messo in campo da Max Weber, in quanto quella di Weber è semplicemente la somma dei singoli individui, mentre per Durkheim siamo in presenza del sostanzializzarsi di una entità che influisce sul comportamento dei singoli. Una società sa dotarsi di una sanzione, questo non lo dobbiamo dimenticare. Nessuno può creare una moneta “sua”, servendosi del puro arbitrio.
Oggi si torna a discutere di moneta a termine, secondo il vecchio progetto di Silvius Gesell, ovvero di una moneta che scade dopo un certo periodo se non rimessa in circolo…
Le cosiddette “monete a tempo” sono qualcosa di profondamente diverso dalla moneta che ha uno statuto proprio, hanno sì una funzione positiva per favorire il baratto o lo scambio di certi servizi, ma è altra cosa dalla moneta vera e propria e ancor più dal denaro, poiché non rappresentano riserva di valore nel tempo e nello spazio.
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