Politica

La destra al governo, 37 anni dopo il golpe

Il miliardario Sebastian Piñera è il nuovo presidente del paese più ricco dell'America latina. Per la prima volta dall'uscita di Pinochet perde la coalizione progressista

di Daniele Biella

In Cile si riscrive la Storia. A 21 anni dalla fine del regime del dittatore Augusto Pinochet e per la prima volta negli ultimi 50 anni, la destra torna al Governo in modo democratico. Ovvero tramite le elezioni, che domenica notte hanno consegnato il paese più sviluppato dell’America latina nelle mani del miliardario Sebastián Piñera (nella foto), che ha battuto con il 51,6% dei voti del ballottaggio il candidato progressista Eduardo Frei.

È la prima volta, soprattutto, che al Governo cileno non c’è un esponente della Concertaciòn, l’alleanza tra partiti di centro e sinistra che ha condotto ininterrottamente il paese dal 1989, dopo l’esito del referendum che ha fatto cadere Pinochet. “Non farò tabula rasa dei governi della Concertaciòn”, sono state le prime paorle di Piñera, che quattro anni fa era stato battuto dalla prima presidente donna cilena, Michelle Bachelet, oggi uscente e vera sconfitta delle elezioni, alla luce del fatto che la maggioranza suoi cittadini abbia scelto di appoggiare la destra e dare quindi parere negativo sul suo mandato presidenziale.

Piñera, 60 anni, è un volto noto per tutti i cileni da almeno un ventennio, essendo il proprietario di una catena televisiva tra le più seguite, Chilevisìon, e tra gli azionisti di maggioranza delle linee aeree cilene, Lan Chile, e della squadra di calcio più blasonata, il Colo Colo. Il suo ingresso in politica è stato paragonato da molti analisti latinoamericani all’ascesa di Silvio Berlusconi in Italia. “Voglio essere il leader di tutti i cileni”, ha dichiarato a notte fonda il nuovo inquilino del palazzo presidenziale della Moneda, a Santiago del Cile, “propongo una ‘democrazia degli accordi’, visto che al nostro paese oggi più che mai serve unità, nella continuità di quanto compiuto negli anni recenti”.

La vittoria di Piñera e della destra cilena al ballottaggio, pronosticata alla vigilia anche in seguito all’ottimo risultato del primo turno (dove il nuovo presidente aveva ottenuto il 44%, battendo Frei con il 30% e con il 20% la sorpresa Marco Enriquez-Ominami, giovane candidato indipendente ex socialista e figlio di un famoso dirigente di partito assassinato dagli squadroni della morte di Pinochet, su cui sono affluiti i voti della sinistra non affiliata alla Concertaciòn), era però sembrata sempre meno sicura con l’avvicinarsi dell’affluenza alle urne, in particolare dopo che Enriquez-Ominami aveva appoggiato Frei ed entrambi avevano sottolineato il fatto che tra i fedelissimi di Piñera ci fossero membri delle forze golpiste. Alla fine, però, il tycoon cileno (che comunque sin dal 1989, votando “no” al referendum con cui Pinochet chiedeva l’appoggio popolare, aveva preso le distanze dalle efferatezze del regime) ce l’ha fatta, e con la sua elezione si apre un’altra epoca per il Cile e per tutta l’America latina.


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