In un bel post Marco Tognetti evidenzia come il tema dell’innovazione sociale stia occupando sempre di più il dibattito economico e sociale del nostro paese e dell’Europa in particolare.
Dalla “residualità” al “mainstream” questo è il percorso evolutivo che sta percorrendo l’innovazione sociale, un percorso ormai costellato da voci e contributi sempre più concentrati a definire perimetro e impatto di questa cultura ormai usata come “brand identity” di qualsiasi iniziativa che voglia promuovere nuove soluzioni o cambiamenti sociali. L’affermazione di questa visione si potrebbe giustificare come l’esito di una crisi dialettica (un modello che prevale sull’altro) oppure, come io penso, come l’esternalità di una crisi entropica in una fase di passaggio della storia, caratterizzata dal collasso di un sistema e alla ricerca di un senso inteso come significato e come direzione per lo sviluppo.
E’ proprio in questo “vuoto di senso” che l’innovazione sociale trova il suo terreno fertile restituendo alle persone la possibilità di diventare protagonisti di un processo di “ri-costruzione” della società, del mercato e delle istituzioni. Ecco quindi che l’accelerazione (positiva) della rilevanza e della diffusione dell’innovazione sociale vanno contestualizzate in un “break strutturale” della nostra storia.
A questo punto però la curva della parabola è ad un punto cruciale e per mantenere la sua inclinazione positiva credo sia utile non accontentarsi solo di riaffermare il ruolo della dimensione del sociale nell’economia e nella società (social impact) ma occorre fare un ulteriore passo in avanti su due fronti:
1. occorre distinguere il settore dallo scopo … l’esternalità dallo scopo …. l’impatto dallo scopo …. ossia occorre riconnettere l‘innovazione ad una funzione di utilità ….
2. occorre ricombinare l’innovazione dentro una prospettiva di sviluppo e giustizia sociale e per fare ciò occorre internalizzare non solo obiettivi di natura sociale/ambientale ed economica ma anche quelli di natura “istituzionale” …
L’innovazione sociale diventata “mainstream” deve quindi avanzare oltre la cortina delle “infinite competition” e aspirare a diventare lo strumento privilegiato per un cambio (allargamento) della cultura imprenditoriale e per infuenzare la genesi e il contenuto delle nuove politiche pubbliche (statali e non statali).
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.