Politica
La democrazia è un’amica fragile: salvarla dalla deriva “movimentista” è la nuova sfida
In un'Italia scossa dalla crisi dei partiti e dalla fine dell'esperienza "movimentista" quale spazio si apre per la nuova politica? Se ne è discusso in un evento a cui sono intervenuti, tra gli altri, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, Ugo Finetti, Stelio Mangiameli e Giorgio Vittadini
di Marco Dotti
La democrazia è un’amica fragile. Spesso si presenta ammaccata, qua e là inceppata. Segnali di una crisi inarrestabile o opportunità di un percorso di riforma? Questo il tema del recente numero di Nuova Atlantide, trimestrale online di cultura civile della Fondazione per la sussidiarietà, e discusso in un evento online condotto da Paolo Del Debbio, a cui sono intervenuti Enzo Manes, direttore della rivista, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, Ugo Finetti, Stelio Mangiameli.
Per la senatrice Emma Bonino «la democrazia liberale non è in crisi. Essa è un processo; nasce imperfetta e contiene le possibilità di migliorare. Sono drammatiche, semmai, le politiche di certi Paesi sedicenti democratici». Il punto dove la democrazia deve fare decisi passi avanti è l’Europa, «progetto unitario rimasto a metà del guado: mercato e moneta, ma non politiche unitarie per gli esteri, la difesa, l’immigrazione, la stessa lotta alla pandemia. Che cosa inceppa? Il meccanismo dell’unanimità, che va abolito».
Dalla politica che ha dominato gli anni ’70, a Mani pulite negli anni ’90, la campagna anti-casta nel Duemila, insomma dalla antipolitica al populismo il passo è stato breve
La democrazia liberale non è in crisi. Essa è un processo; nasce imperfetta e contiene le possibilità di migliorare. Sono drammatiche, semmai, le politiche di certi Paesi sedicenti democratici
Emma Bonino
Assistiamo a una caduta della spinta ideale personale, e così anche i corpi intermedi diventano corporazioni, non luoghi di contributo al bene comune. Ma la prospettiva sta cambiando
Giorgio Vittadini
Se in Europa la democrazia ha importanti passi avanti da fare, in un'Italia è certamente scossa dalla latitanza dei partiti, tentati dalla piega “movimentista”. Una ripresa di partiti (e dei sindacati) è «possibile e necessaria» per Anna Finocchiaro, già parlamentare, presidente di Italiadecide, Caduta del Muro di Berlino, Tangentopoli e altri cambiamenti storici hanno creato una società molto complessa “in cui è difficile delimitare campi di interessi da rappresentare”, ma il bisogno di mediazione e di rappresentanza è ineludibile. Le primarie possono aiutare? «Purché non siano la sostituzione della comunità politica. Ad esempio il segretario di un partito devono sceglierlo gli iscritti». La democrazia digitale: «Non credo al movimentismo e alla democrazia digitale. Vediamo che nel Movimento 5 stelle è diventata centrale la questione statutaria”. “La democrazia digitale diseduca alla complessità», aggiunge Bonino.
Dalla Repubblica dei partiti alla Repubblica dei social? Ugo Finetti vede “un logoramento complessivo della democrazia liberale nel nostro Paese”. Da un lato siano “sazi di una democrazia che ci appare ormai noiosa (e non senza ragioni”. Ma soprattutto l’ultimo mezzo secolo è stato caratterizzato da “tre intense, prolungate campagne contro la democrazia liberale e parlamentare: quella sessantottina che ha dominato gli anni ’70, Mani pulite negli anni ’90, la campagna anti-casta nel Duemila. Dall’antipolitica al populismo il passo è stato breve.”
Da dove dunque ricominciare? Dal principio di giustizia, suggerisce Stelio Mangiameli, professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Teramo. «Se non è rispettata la giustizia – il costituzionalista qui cita S. Agostino – gli Stati non sono che bande di briganti».
«Ricomporre la dinamica della democrazia – suggerisce Mangiameli – ripartendo dal principio dell’autodeterminazione del cittadino, in una visione scalare che raccorda la democrazia della Repubblica con la democrazia sovranazionale-europea e con la democrazia di prossimità». Qui si inserisce l’idea di “medicina del territorio” sostenuta da Finetti. Secondo il quale c’è “un vuoto che va riempito valorizzando i corpi intermedi sul territorio: stabilire rapporti e confronti seri con loro, non consultarli alla vigilia di elezioni per avere voti”. Così pure bisogna sempre ricordarsi che le istituzioni appartengono non ai gruppi di potere ma “ai cittadini”, sottolinea Mangiameli, cominciando dalle leggi elettorali, da tempo orientate ad espropriare il cittadino di un vero diritto di scelta».
C’è anche un lavoro di approfondimento storico da fare, se si vogliono comprendere il fenomeno di tentato indebolimento della democrazia (di cui parla Finetti). Questo è il parere espresso da Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, in conclusione dell’incontro. «Assistiamo a una caduta della spinta ideale personale, e così anche i corpi intermedi diventano corporazioni, non luoghi di contributo al bene comune». Vittadini si augura dunque che prendano corpo percorsi di educazione dell’io al valore ideale, in una società di corpi intermedi vivi. Con una nota finale di ottimismo:«Siamo sicuri che i giovani del 2021 non possano essere quelli che ricominciano e ricostruiscono corpi intermedi e rappresentanza? Certo, se trovano praticabile quel percorso educativo. Senza questo non si va da nessuna parte».
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