Salute

La debacle dell’Ue sulla trasparenza nei contratti con le Big Pharma

«In futuro la trasparenza dovrà essere il punto di partenza, ma per ora penso che l’Ue abbia fallito nell’impostare le regole del gioco», spiega Yannis Natsis, Policy Manager per l’accesso sostenibile e universale alle medicine, dell’Alleanza europea per la Salute pubblica. L'intervista

di Irene Giuntella

«Se le negoziazioni fossero state fatte dai singoli stati e non dall’Ue le cose oggi sarebbero ancora peggio. Ma il vero problema è che con Astrazeneca e le altre case farmaceutiche l’Ue semplicemente non ha negoziato, ma ha solo comprato». È la denuncia di Yannis Natsis, Policy Manager per l’accesso sostenibile e universale alle medicine, dell’Alleanza europea per la Salute pubblica (Epha) durante un’intervista a Vita. Secondo Natsis è sempre più evidente che non ci sono state vere e proprie trattative nella conclusione dei contratti, «ci sono problemi con Astrazeneca ma non solo, i ritardi si sono verificati anche con Pfizer e J&J» .

Secondo il policy manager di Epha, l’Ue dimostra di avere poco potere di rivalsa sulle aziende farmaceutiche «ora ci troviamo ogni giorno notizie di disperati tentativi dell’Ue che pone divieti di esportazione dei vaccini per far pressione sulle aziende in modo diverso, per forzarle, minacciarle , per far loro rispettare le consegne e gli impegni presi». La Commissione ha finora pubblicato parti dei tre contratti su quattro dei vaccini approvati dall’EMA e ritenuti sicuri (Pfizer, Astrazeneca, Moderna, Johnson&Johnson). Mancherebbe all’appello ancora la pubblicazione del contratto di J&J, secondo quanto si vede dal sito dedicato alla strategia Ue per i vaccini della Commissione Ue. «I contratti, per quello che abbiamo visto finora, come pubblicati dalla Commissione Ue, sono piuttosto deboli rispetto al pubblico interesse mentre sono molto flessibili per le aziende». Il comportamento di Astrazeneca mostra chiaramente questa situazione «sembra che le aziende non siano affatto preoccupate di alcuna ritorsione in caso di ritardo», spiega Natsis, «perché dal contratto emerge che l’azienda sa bene che l’Ue non può far nulla in caso fallisca nelle consegne».

Nel Regno Unito e in Israele sembra che questi problemi siano stati compresi e previsti nel momento della contrattazione. «Tutti sapevano che quando ci sarebbe stato un vaccino ognuno lo avrebbe voluto per primo quindi non era difficile immaginare che ci sarebbe stata una grande domanda da parte di molteplici clienti». Il Regno Unito è riuscito ad avere migliori contratti «questo significa che anche l’Ue avrebbe potuto fare meglio».

La colpa però non ricade solo su Bruxelles, sicuramente in questi mesi diversi stati membri hanno dimostrato di non essere capaci di amministrare le dosi sul proprio territorio e di distribuirle con i giusti criteri. «Questa è un’incompetenza nazionale», commenta Natsis, «ma la Ue aveva assunto un ruolo centrale nella campagna per i vaccini che la poneva in prima linea assicurando la provvigione di tutte le dosi necessarie. È per ottenere questo che abbiamo pagato in anticipo. Ora guardando indietro siamo veramente i primi della fila? Ho i miei dubbi. E ci siamo assicurati la consegna delle dosi? Sembra di no. Sicuramente abbiamo avuto dei prezzi bassi ed è sicuramente un successo».

Ma il punto più dolente sembra essere la mancanza di trasparenza nei negoziati per i contratti. «Sandra Gallina, direttrice della DG Sante della Commissione Ue, e altri funzionari alla fine dell’estate erano molto ottimisti che sarebbe stato presto tutto pronto», ricorda Natsis, «gli stati membri e l’Ue erano in luna di miele, i governi sostenevano che tutto stava andando per il verso giusto, non c’erano lamentele gli stati erano così occupati con quello che accadeva a livello nazionale, che erano contenti che Bruxelles se ne facesse carico».

Natsis sostiene che i grandi Paesi come Germania, Francia, Italia abbiano avuto anche un grande ruolo attivo nelle trattative con le Big Pharma: «sapevano tutto quello che accadeva, non è solo colpa di Bruxelles». Altri Paesi invece sarebbero rimasti tagliati fuori dal loop di informazioni. «Per mesi il Parlamento Ue chiedeva informazioni e non riceveva risposte», denuncia ancora Natsis.

Anche i parlamenti nazionali non hanno ricevuto spesso risposta dalla Commissione che si limitava a richiamare alla confidenzialità delle trattative. Secondo Natsis tra i corridoi Ue chiunque immaginava che le aziende stavano promettendo più di quello che avrebbero realizzato. «Vedendo poi quei 30 milioni di dosi nascoste da Astrazeneca in Italia, penso che la scarsità di vaccini in Ue sia almeno parzialmente una finzione», rincara Yannis Natsis, «perché il Regno Unito ha fatto dei contratti in un modo e l’Ue non ha li fatti così? Le aziende stanno giocando giochi diversi. Ora sembra che l’Ue stia correndo dietro alle aziende per ottenere le dosi, se fosse una partnership reale non sarebbe così».

Le imprese come abbiamo visto non hanno offerto un partenariato. «La pubblicazione del primo contratto, quello di CureVac, da parte della Commissione Ue è stata fatta prima del disastro con Astrazeneca ed è avvenuta dopo la pressione della società civile, la stampa e il Parlamento Ue ed è stato un successo e un importante pietra miliare, è un precedente importante, perché nel mondo pharma la confidenzialità e segretezza sono la norma», commenta Yannis Natsis. La Commissione è stata in generale però esitante a essere più trasparente sulle trattative. «Questa posizione anti-trasparenza le sta tornando indietro come un boomerang, con i problemi di Astrazeneca i media chiedono a Bruxelles perché non ha pubblicato i contratti allora per mostrare semplicemente chi ha ragione, chi no, chi è forte e chi è debole a livello contrattuale. Per questo la Commissione Ue ha pubblicato i contratti modificati», spiega Natsis.

Secondo il policy manager di Epha, la trasparenza è l’elemento chiave per la fiducia dei cittadini e doveva avvenire su tre livelli:

  1. la pubblicazione del contratto
  2. la pubblicazione delle negoziazioni nei mesi precedenti con le comunicazioni tra singole aziende e Commissione Ue.
  3. pubblicare gli scambi di comunicazione interna tra Commissione Ue e stati membri.

Sul fatto che la Commissione abbia imparato la lezione, Natsis non è completamente ottimista. «Penso che la Commissione Ue stia lentamente pubblicando tutti i contratti, ma oscurando le informazioni più importanti, continuando a ritardare una completa pubblicazione, la questione è quando e cosa pubblicheranno». Da chiarire c’è però anche un tema certamente non secondario: come l’Ue ha utilizzato finora il denaro pubblico. «In futuro la trasparenza dovrà essere il punto di partenza, ma per ora, penso, che l’Ue abbia fallito nell’impostare le regole del gioco e non è un fatto di interpretazione, è un dato reale», conclude Yannis, «così gli stati membri sono solo attaccati alla speranza che le cose vadano bene, mentre Regno Unito e Usa stanno andando molto veloci. Per la Ue resta solo sperare, chiedere e pagare».


Foto di Nataliya Vaitkevich da Pexels

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