Non profit

La d-tax? Bella ma complicata

Il parere di Luca De Fraia, di Action Aid, sulla proposta (ri)annunciata da Berlusconi

di Emanuela Citterio

Fra le proposte della presidenza italiana al prossimo vertice dei G8 della Maddalena ci sarà anche quella di una d-tax, cioè la destinazione di una quota di Iva ai Paesi poveri. Lo ha annunciato il premier Silvio Berlusconi in un’intervista rilasciata in occasione del G4 a Berlino. Una proposta non nuova: nel 2002 la d-tax era stata addirittura inserita nel disegno di legge delega della riforma fiscale e Altero Matteoli, allora ministro per l’Ambiente l’aveva presentata al summit per lo sviluppo sostenibile di Johannesburg come “via italiana alla tassazione etica”. Allora si era parlato di un prelievo percentuale, attorno 1%, da ritagliare all’interno dell’va, destinato espressamente a concrete iniziative sociali. Vita.it ha interpellato Luca De Fraia di Action Aid International, esperto di finanza per lo sviluppo e già protagonista, nel 2000, della campagna per la cancellazione del debito dei Paesi poveri.

La D-tax era data per certa nel 2002, poi non se ne fece nulla. Come mai?

Ne abbiamo perso le tracce. Era addirittura stata inserita in un disegno di legge, ma poi sono venuti meno i meccanismi attuativi. Non è diventata operativa.

Ora è stata annunciata dal premier e dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti come strumento per integrare i fondi dell’aiuto allo sviluppo e sarà presentata dall’Italia al G8.

Ben venga. Questo meccanismo può essere un’utile componente della quota di Aiuto pubblico allo sviluppo che l’Italia si è impegnata a stanziare ogni anno. Il problema è che il meccanismo operativo non si è mai capito fino in fondo.

Qual è il problema?

Non ne è mai stata verificata sul campo la fattibilità, e quindi è difficile intuire come possa funzionare. Anche perché ci deve essere una convergenza fra l’iniziativa del governo, la disponibilità dei commercianti e l’adesione dei consumatori.

Proviamo a immaginare..

Io, consumatore, vado al supermercato. Il commerciante aderisce all’iniziativa. Io compro e una quota dell’Iva va per l’Aps. Ma il commerciante aderisce a un progetto specifico di cooperazione allo sviluppo o il ricavato della d-tax va in un calderone generale? Bisognerebbe quindi stilare un albo di commercianti che aderisce alla d-tax, oppure creare dei codici come per il 5 per mille. E infine io consumatore dovrei scegliere di aderire all’iniziativa, mi sembra difficile che possa scattare in automatico.

La conclusione?

Bello in teoria, ma laborioso. Staremo a vedere.


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