Cultura

La cultura vale, il Touring lancia la sfida

Intervista a Franco Iseppi presidente dell’organizzazione. Che per il 25 ottobre lancia a Milano un convegno per far dialogare profit e non profit su questo bene comune: la cultura

di Giuseppe Frangi

Dal prossimo 4 novembre saranno i volontari del Touring club a garantire l’apertura di uno dei più importanti musei milanesi: il Museo del Duomo, chiuso da molti anni, e ora pronto a riapre finalmente i battenti in un allestimento tutto rinnovato. Saranno in 48 ad alternarsi, aggiungendosi agli altri mille che costituiscono il patrimonio di Aperti per voi, l’esperienza più consolidata di volontariato culturale in Italia. Ma l’approdo in un museo con tanta storia e tante ricchezze, suona come un riconoscimento alla qualità e alla preparazione dei volontari della storica organizzazione. «Il nostro segreto? È quello di guardare al patrimonio come ad un’eredità. Qualcosa che è nostro, quindi da custodire con intelligenza e con cura». Franco Iseppi, il presidente del Touring, sta accompagnando la sua organizzazione in un percorso di consapevolezza, non solo del proprio ruolo, ma del “valore” della cultura. E “La cultura vale” è proprio il titolo del convegno organizzato per il prossimo 25 ottobre a Milano, organizzato per far dialogare profit e non profit su un tema tanto strategico per il nostro futuro.

Quali sono i punti di convergenza tra profit e non profit nell’ambito della cultura?
Dobbiamo ambedue andare oltre la mentalità meccanicistica della sussidiarietà così com’è stata interpretata sino ad ora. Cioè intervenire a riempire i buchi o a riparare le emergenze. Quella prospettiva è inadeguata perché mette in secondo piano le motivazioni valoriali. Invece la motivazione è il fattore trainante dell’impegno.

Motivazione in che senso?
Nel senso che cresca la consapevolezza della cultura come bene comune. Come fattore sociale, identitario e strumentale. Sociale in quanto favorisce la coesione; identitario in quanto attesta  la distintività di un Paese e quindi la sua ricchezza; strumentale in quanto ha un’attrattività che può generare nuova ricchezza. 

Non si rischia di fare mercato della cultura?
No, se è chiaro che la cultura è un fattore di ricchezza ma non è negoziabile, ha limiti ben chiari alla commerciabilità. Dobbiamo andare verso un’economia positiva, in cui non si abbia timore a dire che la cultura è un’industria del futuro e che sarebbe folle farsi marginalizzare nella produzione della cultura. Certo è un settore che esige un mercato tutelato, per quanto oggi questa formula possa sembrare un ossimoro. Ma stiamo attenti a non perdere il traino dell’impresa sociale. In Francia se ne parla tanto, è una forma perfetta per la gestione della cultura, perché è un modello che tiene presente valore collettivo ed efficacia economica.

Toccherebbe allo Stato far da stimolo?
È così. Oggi invece i soggetti privati, profit e non profit, non sanno come muoversi perché manca un quadro chiaro di riferimento. Lo Stato deve definire un modello: è un impegno non procrastinabile. Altrimenti si resta in una frammentazione di interventi che servono a poco.

Come Touring continuate comunque ad arrivare là dove lo Stato o i soggetti pubblici non arrivano…

Sì. Ma ora chiediamo che le amministrazioni facciano un passo e diventino parte più attiva. Non chiediamo aiuti. La prospettiva ad esempio è quella di una collaborazione nella formazione dei volontari.


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