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La cultura contro la crisi, parola di Bracco

Questo lo slogan dell'incontro proposto dalla Fondazione Bracco a Milano

di Redazione

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

«Negli ultimi anni», sottolinea Bracco, «ci sono stati esempi brillanti di collaborazione pubblico-privato, che hanno supplito agli investimenti troppo esigui nei beni culturali. Certo, la totale defiscalizzazione delle sponsorizzazioni, come avviene ad esempio negli Stati Uniti, potrebbe dare un impulso determinante a un ruolo ancora più importante delle aziende. Come è auspicabile che le Fondazioni private evitino dispersioni di risorse e sovrapposizione nei progetti, facendo più sistema e lavorando in rete». Come Bracco, ricorda, «abbiamo sempre creduto che non si possa costruire il futuro se non si conosce il passato; proprio perché consideriamo l’unione di impresa e cultura un binomio vincente, abbiamo sostenuto prima come Azienda e ora attraverso la Fondazione progetti culturali in vari campi in Italia e all’estero: dalla musica classica al recupero di beni architettonici, all’organizzazione di mostre d’arte».

Negli ultimi vent’anni Bracco ha supportato le tournée della Filarmonica negli Stati Uniti e in Canada nel 2007 e in Asia nel 2008. Il 17 settembre scorso, nell’ambito dell’Expo di Shanghai 2010, abbiamo contribuito alla realizzazione di uno straordinario concerto della Scala in Cina. Quanto al futuro, «nel 2011 Fondazione Bracco affiancherà la National Gallery of Art di Washington in una importante iniziativa che contribuirà a far conoscere nel mondo il patrimonio artistico e culturale italiano». La nostra Fondazione, infatti, sarà Main Partner della Mostra “Venezia: Canaletto e i suoi rivali”, che aprirà a febbraio e durerà fino al 30 maggio 2011, candidandosi ad essere uno dei maggiori eventi della stagione culturale di Washington. Un altro importante progetto culturale sostenuto dalla Fondazione nasce dalla partnership con la più alta istituzione del Paese: la Presidenza della Repubblica. In vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, la Fondazione sta sostenendo il progetto di restauro della Galleria di Alessandro VII al Palazzo del Quirinale.

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile.

Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».

«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».

Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

 

 

«Mai come oggi investire in cultura intesa come conoscenza e formazione significa dotarsi degli strumenti necessari per comprendere e affrontare con successo l’incertezza e la complessità del momento che stiamo attraversando». A parlare così, mentre da mesi si consuma il dibattito tutto italiano sul valore da dare alla cultura in tempi di crisi, è Diana Bracco, presidente della Fondazione che da lei prende il nome e che a Milano ha promosso un convegno tutto dedicato al tema in questione con l’intento di approfondire, riflettere.

Il titolo, infatti, “Investire in Cultura: perché? Le fondazioni d’impresa per la crescita etica ed economica della società” è già in sé una precisa presa di posizione. L’imprenditrice è infatti certa che investire in cultura significhi «rafforzare quella sensibilità che ci permette non solo di capire ciò che succede, ma anche di sentirlo, di viverlo». «La crisi», argomenta, «ci ha mostrato quanto velocemente un sistema possa essere scosso alle radici e quanto velocemente si sia costretti a reinventarsi. Gli strumenti culturali (e questo vale tanto per le imprese che per le persone) servono proprio a fronteggiare meglio i momenti difficili, a guardare avanti senza mai dimenticare la storia e le tradizioni da cui veniamo. Una società colta è infatti una comunità coesa, consapevole, sensibile. Questa sensibilità e questa consapevolezza vanno educate, vanno, appunto, coltivate». «Dicendo questo abbiamo sottolineato l’importanza della cultura come valore etico e sociale, ma c’è», evidenzia Bracco, «anche un risvolto molto concreto, a sostegno del Patrimonio culturale del nostro Paese. Le Fondazioni e le stesse imprese possono portare un contributo di managerialità importante al servizio delle istituzioni culturali nazionali, regionali e comunali. Per valorizzare non solo i beni artistici, più tradizionali, ma anche quel vero tesoro di opere nascoste non ancora fruibile e sufficientemente valorizzato».
«Ritengo», tiene a sottolineare, «l’investimento in cultura un asset strategico in grado di potenziare la capacità competitiva e relazionale delle imprese sul fronte interno ed esterno. L’investimento in cultura è il segno della presenza nella società di un’impresa matura e consapevole: non solo come soggetto economico, motore di sviluppo, ma anche come fautore di una crescita a tutto tondo della comunità in cui opera. Questa consapevolezza è sempre più diffusa tra le nostre aziende, e il numero crescente di Fondazioni d’impresa lo testimonia in modo inequivocabile (secondo gli ultimi dati disponibili sono 131 le Corporate Foundations presenti in Italia, con risorse annuali pari a 150 milioni di euro)».
Secondo Bracco, «il messaggio della cultura trascende ogni barriera geografica e linguistica perché la lingua del Bello è una lingua universale. Da un lato la cultura esprime, per definizione, l’identità di una comunità rispetto alle altre; ma dall’altro, al tempo stesso, la cultura è anche ciò che permette alle diverse comunità di confrontarsi, comunicare, condividere. La cultura è dunque la premessa dell’incontro e il fondamento di un’equilibrata convivenza». La cultura, rileva la presidente, «è anche capacità di comprendere, nel senso duplice di capire e di sentire ciò che accade. L’arte ci permette cioè di cogliere il senso delle cose, di stabilire raffronti, di mettere in prospettiva, di contestualizzare; ma anche di sviluppare una sensibilità di fronte ai segni del Bello e di ciò che è importante. Promuovere e valorizzare la cultura vuol dire valorizzare l’uomo, sviluppare le sue potenzialità e migliorare le sue capacità, prima ancora che promuovere le espressioni più alte del suo ingegno, della sua creatività, della sua attitudine artistica».

 

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