Mondo

La crisi irachena secondo Giulio Andreotti. Americani, quanti errori

Il senatore a vita ribadisce la convinzione che la guerra al terrorismo non si vince innanzitutto con la forza. E a sorpresa ai giovani consiglia: "Siate romantici".

di Ettore Colombo

Un Giulio Andreotti in versione insolitamente casual (cardigan blu su camicia bianca e colletto sbottonato) è stato, come al solito, uno dei mattatori del meeting di Cl a Rimini. Paradossalmente, però, i temi che ha toccato nella sua conversazione-ovazione pubblica che ha tenuto in una sala stracolma della Fiera della città romagnola, dove si svolgeva l?edizione 2003 dell?annuale incontro di Comunione e Liberazione non hanno riguardato affatto la politica estera e cioè uno degli argomenti più caldi di questo difficile anno vissuto dalla comunità internazionale e anche quella italiana, politica che il senatore vede incardinata su due pilastri irrinunciabili: rafforzamento e integrazione dell?Unione europea e riconoscimento nell?alleanza occidentale, anche se su questo punto il senatore a vita sottolinea che «se cambia la natura dell?alleanza atlantica con interventi armati fuori area come in Iraq, tali modifiche devono ottenere la ratifica dei parlamenti nazionali». Vita è però riuscita a strappare al senatore un paio di preziose battute sull?attuale drammatica situazione del post Iraq. Ad esempio la considerazione sul ruolo dell?Onu che, nonostante le gravissime perdite subite, «è e resta cruciale», dice il senatore a vita, «anche se è sempre più evidente che il suo ruolo va totalmente ripensato, specialmente alla luce degli ultimi drammatici fatti accaduti a Baghdad». «Il problema», spiega Andreotti, «sono i paesi con diritto di veto e la strozzatura è tutta nel consiglio di sicurezza, ma la strada potrebbe essere quella di favorire interventi d?area e di affidarli al gruppo di paesi e di potenze più vicine all?area della crisi che di volta in volta si presenta. Come l?Unione europea per il Mediterraneo, il Mercosur per l?America latina e l?Organizzazione degli stati africani per il continente nero. Strutture e strumenti subregionali più vicine alle sensibilità degli stati coinvolti nelle crisi». Del resto, il rilievo di spessore che Andreotti affida ancora all?Onu è direttamente figlio della sua contrarietà a un intervento militare che il senatore a vita ha giudicato e continua a giudicare sbagliato. «Con la politica delle armi, della forza pura e semplice, dell?occupazione militare non si risolve e non si risolverà mai niente», ribadisce a Vita. E ricorda con un sorriso al cronista che «già negli anni Settanta avevo scritto al presidente degli Usa Carter che bisognava riallacciare le relazioni diplomatiche con l?Iraq. Poi gli Stati Uniti, che avevano rotto con l?Iran, arrivarono ad armare Saddam in funzione anti-khomeinista, armi chimiche comprese. Per poi ricredersi, perdendo l?amicizia sia dell?Iran che dell?Iraq. Il problema – ma forse sarebbe meglio non scriverlo – è che nei paesi arabi non si può pretendere la monogamia, nel campo degli affetti come della politica estera, ma certo è che di rovesciamenti di alleanze ne hanno fatte tante, troppe, anche gli Usa». Come l?ultimo, quella sulla Libia, che ad Andreotti non strappa più di un mezzo ghigno: «Gli americani spesso fanno errori madornali e poi ne pagano le conseguenze. Speriamo lo capiscano, una buona volta, come appunto è successo ora con la Libia, riammessa al consesso delle nazioni». Del resto, era un Andreotti davvero in forma quello che ha affrontato una platea tutta dalla sua parte, quella del meeting di Rimini. Per le centinaia di ragazzi e ragazze che ne seguivano i ragionamenti arguti e sottili assiepati in una sala strapiena o incollati ai maxischermi nei corridoi, però, e che ad Andreotti hanno tributato lunghi applausi e un affetto sincero e affettuoso, i consigli del divo Giulio sono stati curiosamente ben poco politici e molto umani, teneri e persino un po? intimistici. «Abituatevi a essere romantici, date calore umano alla vita organizzata e tecnologica di oggi che, senza romanticismo, è meno vita», ha detto loro Andreotti nel faccia a faccia con il vicedirettore di Libero Renato Farina, grato che proprio da ragazzi così – negli anni bui del suo calvario giudiziario – ha ricevuto “affetto, amicizia e solidarietà”. La stessa che Andreotti nutre per loro quando ricorda di essersi sempre attenuto al motto naturaliter cristiano e di aver vissuto la politica come servizio.


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