“La crisi dell’Europa è politica e richiede soluzioni politiche”. Questo il messaggio ormai unanime e corale che emerge dalle dichiarazioni dei vertici delle principali Istituzioni europee in questo inizio di settembre.
Tre fatti oggi convergono con chiarezza in questa direzione.
In primo luogo il magistrale discorso sullo Stato dell’Unione del Presidente Barroso al Parlamento europeo, nel quale si dice con grande chiarezza che le sfide dell’Europa richiedono maggiore unità e solidarietà, che comporta maggiore integrazione, la quale presuppone più democrazia a livello europeo. Delineando una precisa roadmap per l’insieme delle priorità settoriali e generali, si esprime per una chiara prospettiva di revisione dei Trattati, verso una più compiuta Federazione dei 27 Stati membri.
Il secondo fatto è la presentazione, annunciata, da parte della Commissione europea di un pacchetto di misure per il rafforzamento della supervisione bancaria comune dell’eurozona, che prevede l’esplicito trasferimento di compentenze importanti dal livello nazionale alla BCE, verso la creazione di una Unione bancaria europa.
In terzo luogo, la grandemente attesa decisione della Corte costituzionale tedesca, la quale va certamente lodata per lo spirito pro-europeo e per il determinante via libera alla complessa manovra di controffensiva europea nei confronti della speculazione internazionale, che aveva già trovato una sponda rilevantissima nelle decisione assunte dalla Banca centrale europea. Ma va anche ricordata per aver ribadito con forza la imprescindibile necessità di controlli parlamentari sulle decisioni comuni, per rispettare la forma e la sostanza delle nostre democrazie .
Questa ultima sottolineatura mi sembra di rilevanza maggiore, sia per tenere conto del fatto che in tutti i nostri paesi sta dilagando una vera e propria emergenza sociale che mette a rischio la tenuta dello stesso patto sociale su cui si fondano le democrazie. Sia perché, come ha fatto ben rilevare recentamente il premier italiano Mario Monti insieme al Presidente Van Rompuy, cresce in tutti i nostri paesi un populismo anti-europeo, una divisione tra nord e sud dell’Europa, un ritorno dei pregiudizi nazionali che vengono alimentati dal crescere del risentimento contro le gravide misure di austerità che sono state ovunque assunte nei passati tre anni. Proprio per questo, i due leader hanno pubblicamente convenuto sulla necessità di lavorare alla convocazione a breve di un Vertice europeo dei Capi di Stato e di governo, per affrontare seriamente il virus del populismo che alimenta le spinte verso la disintegrazione dell’Unione.
Giustamente il Presidente Barroso sottolinea nel suo discorso la necessità di “garantire un controllo democratico effettivo delle scelte che si vanno facendo e che dovranno essere fatte e di dover dimostrare ai cittadini che questo è il loro progetto e non un progetto delle élite politiche ed economiche”. E per questo propone che lo spazio politico che si apre verso le prossime elezioni del Parlamento europeo nel 2014 diventino il momento privilegiato per lanciare in tutta Europa un grande e partecipato dibattito pubblico che implichi i cittadini.
Non potremmo essere più d’accordo. Del resto che questo sia il “momentum” è certificato anche dal fatto che il tema del futuro dell’Europa diventa sempre più centrale in tutti i dibattiti nazionali e anche, fatto sin’ora inedito, delle stesse campagne elettorali nazionali. Lo è stato per le elezioni greche, francesi e finlandesi, lo è per quelle olandesi e sono certo lo sarà anche per quelle italiane e tedesche.
Ma credo sia necessaria una postilla. Maggiore integrazione e trasferimento di poteri più importanti alle Istituzioni europee sono la strada maestra, ancora oggetto di evidenti e forti controversie, ma storicamente necessitata. Questo richiede però più poteri di indirizzo e controllo da parte del Parlamento europeo, in cooperazione con i Parlamenti nazionali. Questa è la democrazia rappresentativa, base delle nostre democrazie continentali, come ben fissato negli articoli 10 e 12 dell’attuale Trattato dell’Unione europea. L’attuale Trattato prevede pero tra questi due articoli, anche l’art 11, che fissa le dimensioni della democrazia partecipativa e in particolare di ciò che amiamo chiamare il dialogo civile europeo. Su questa dimensione, un recente parere del CESE di cui sono relatore e promotore, approvato all’unanimità dalla Commissione sociale del Comitato e che sarà in una delle prossime agende della Assemblea plenaria del CESE, fissa una chiara e precisa road-map per una applicazione piena, opportuna e urgente di tale articolo, per uno sviluppo sostenuto della dimensione del dialogo civile europeo, dandogli forma, struttura e continuità. Sono proposte che si possono cominciare a mettere in pratica sin dai prossimi mesi, perché il 2013, Anno europeo della cittadinanza, sia finalmente l’occasione di costruire anche la gamba di questo dibattito ampio sul futuro dell’Europa. Lo vogliamo dire con chiarezza a Barroso, Van Rompuy, Monti e Schultz e a tutti coloro che si stanno muovendo positivamente in una buona direzione per l’Europa: è ora di fare un passo avanti decisivo nella costruzione di un solido dialogo civile europeo e ogni Istituzione deve fare la sua parte.
Le soluzioni politiche di cui ha urgenza l’Europa non si possono fare sulla testa dei cittadini e per questo abbiamo due gambe della democrazia – rappresentativa e partecipativa – da usare di più e rafforzare con decisione.
Speech Barroso http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=SPEECH/12/596&format=HTML&aged=0&language=EN&guiLanguage=fr
LetteradelPresidente Barroso all’on. Martin Schulz, Presidente del Parlamento europeo http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=MEMO/12/661&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=fr
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