Welfare

La crisi colpisce anche l’apprendistato

Pubblicato il rapporto 2012 relativo agli andamenti del 2011. Continua il trend negativo (-6,9%), ma in lieve crescita le stabilizzazioni. Professione al top: i camerieri

di Redazione

Se l'indicatore più evidente e citato della crisi in corso è quello relativo alla disoccupazione, un altro fronte del mondo del lavoro da cui arrivano dati tutt'altro che positivi è quello dell'apprendistato. A fotografare la situazione di questo strumento è il XIII Rapporto di monitoraggio realizzato dall’Isfol, per conto del Ministero del Lavoro e in collaborazione con l’Inps, appena pubblicato (vedi download qui a lato), e che mette nero su bianco ancora troppo segni "meno".

Nel corso del 2011 l’apprendistato ha registrato una flessione del 6,9%, proseguendo quindi il trend negativo avviatosi dopo il 2008, pur se ad un ritmo meno intenso rispetto agli anni precedenti. Il numero medio annuo dei rapporti di lavoro in apprendistato è stato di 504.558. La contrazione ha riguardato tutti i settori economici, tranne il tessile-abbigliamento. A pagare maggiormente gli effetti della crisi economica sono i lavoratori più giovani: gli apprendisti minorenni diminuiscono infatti del 36,2% nel periodo 2009-11, mentre per gli over 29 si registra nello stesso periodo un incremento.

Un aspetto positivo è il numero dei lavoratori per i quali il contratto di apprendistato si è trasformato in un’assunzione a tempo indeterminato presso la stessa azienda, con una variazione nel 2011 pari a +2,1%. Si tratta di 180.749 contratti che accendono un lume di speranza, per la quantità, ma soprattutto per la qualità dell'esperienza che questo tipo di contratto configura. Come ha ribadito il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nella Premessa al Rapporto, «Apprendistato deriva da “apprendere”, ossia acquisire modelli di ragionamento, tecniche produttive e nozioni a esse collegate. È un concetto che sottende una relazione, quella tra chi insegna e chi impara, tra docente e discente, tra adulti che trasmettono un sapere o un’abilità e giovani che ne acquisiscono i tratti salienti, e potenzialmente ne migliorano non soltanto l’ampiezza e la profondità, ma anche la capacità innovativa».

Complessivamente nel 2011  le imprese hanno attivato 86.625 rapporti di apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere; di questi, 12.554 hanno riguardato lavoratori stagionali e 1.031 lavoratori in mobilità. Con riferimento al rapporto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, si contano 4.977 attivazioni concentrate nelle regioni del Nord. Il contratto di alta formazione e ricerca rimane un fenomeno ancora marginale.

Le figure professionali più utilizzate sono “Camerieri e professioni assimilate”, “Commessi delle vendite al minuto”, “Baristi e professioni assimilate”; sempre al vertice della classifica, ma con un livello dimezzato si collocano “Cuochi in alberghi e ristoranti” e “Addetti agli affari generali”, settore che include una varietà di competenze applicabili nei diversi settori economici.

Prosegue anche lo sviluppo della formazione pubblica per l’apprendistato: i volumi dell’offerta erogata dalle Regioni e Province Autonome registrano, infatti, un incremento annuo del 16,7%. I giovani inseriti in attività formative per l’apprendistato sono 159.682. In termini percentuali, gli apprendisti che hanno preso parte alla formazione sono nel 2011 il 32,1%, con un incremento di oltre cinque punti rispetto all’anno precedente. Il dato riscontra valori più alti per i minori, raggiungendo quota 65,6%.

Sotto il profilo finanziario, le risorse impegnate dalle amministrazioni territoriali per l’apprendistato sono state nel 2011 circa 183 milioni di euro, con un incremento del 9,4% rispetto all’anno precedente. Il volume maggiore delle risorse, più di 125 milioni di euro (68,2%), è stato impegnato dalle amministrazioni del Nord. Il Centro, con quasi 24 milioni di euro, ha coperto il 13% del totale degli impegni, mentre le Regioni del Sud hanno sfiorato il 19% con oltre 34 milioni di euro. Nell’ambito della spesa per le politiche del lavoro, l’apprendistato continua quindi ad avere un peso consistente.

La sfida per il 2013 e per i prossimi anni? «È quella di individuare modelli da portare a regime in tutte le Regioni e in tutti i settori, al fine di garantire il diritto alla formazione degli apprendisti e l’acquisizione di competenze distintive e certificate», risponde Fornero. «L’auspicio è che la ridefinizione dei sistemi regionali sia fatta all’insegna della capitalizzazione delle esperienze precedenti, valorizzando le reti di relazioni e le prassi di lavoro costruite e consolidate nel tempo. È altresì necessario, tuttavia, che si crei un "sistema nazionale dell’apprendistato", che consenta alle imprese di operare in più aree regionali, sfruttando processi e procedure standardizzate, e ai giovani apprendisti di muoversi con facilità sul territorio, soprattutto in quelle Regioni che nell’ultimo decennio si sono distinte per un lavoro mirato alla costruzione di un sistema di formazione per l’apprendistato rispondente alle specificità del contesto produttivo territoriale e fondato sulla concertazione ampia con le Parti sociali».

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