Mondo
La costante di Sharon
Vita Magazine in edicola da oggi: Israele, che cosa cambierà dopo la malattia del leader? Intervista a Janiki Cingoli - direttore del Centro Italiano per la Pace in Medio Oriente
Che cosa sarà del piano Sharon senza che il suo artefice possa più portarlo a termine? Paradosso vuole che il grande e violento uomo di guerra, oggi tenga con il fiato sospeso proprio i paladini della pace tra Israele e Palestina. Quale sarà il futuro di Israele senza Sharon? Lo abbiamo chiesto a Janiki Cingoli, direttore del Cipmo, il Centro italiano per la pace in Medio oriente, attento osservatore di tutti i movimenti politici in quell?angolo infuocato del pianeta.
Vita: Ci si interroga, oggi, su chi sia stato davvero Sharon. Lei che idea s?è fatto?
Janiki Cingoli: Sharon è stato un uomo capace di fare i conti con se stesso. Accusato di essere un oltranzista, un ultraconservatore, addirittura un macellaio, in realtà Sharon non è stato un ideologo, bensì un politico empirico, uno stratega, un militare. Basta vedere quale è stato il suo approccio sugli insediamenti. Quando, nella sua visione, questi erano necessari in chiave difensiva, non ha esitato ad impegnarsi per la loro costruzione. Ma quando ha capito che la presenza ebraica nella Striscia di Gaza non aveva più senso dal punto di vista strategico, militare e demografico, ha messo tutta la sua forza per realizzare quel piano di disimpegno che questa estate ha fatto abbandonare agli 8mila coloni di Gaza le loro case. Sharon si era anche reso conto, come già prima di lui Rabin, che la pura repressione non era in grado di fare fronte alla questione palestinese, e di assicurare la sicurezza ad Israele. Si è trattato di un processo complesso, per molti versi ancora in corso. Questo non sempre lo si è compreso in Europa, dove si è passati dalla demonizzazione alla beatificazione del personaggio, senza mantenere la sempre necessaria capacità di valutazione critica.
Vita: Dovesse dare segni di ripresa, ci sarà ancora spazio per lui nella politica israeliana?
Cingoli: Non svolgerà più un ruolo nella politica attiva. Se sopravviverà, potrà svolgere per così dire un ruolo da ?padre spirituale? del paese e anche del suo nuovo partito, Kadima. La sua uscita di scena può avere comunque forti ripercussioni. Sharon è stato in grado fino a oggi di superare le resistenze interne quando si trattava di prendere le decisioni più difficili; il suo congedo lascia tutti più soli, e questo vale anche per i laburisti e per gli stessi palestinesi.
Vita: Anche il destino di Kadima è fortemente condizionato dalla sua uscita di scena?
Cingoli: Su Kadima ci sarà per forza di cose una forte ripercussione, ma il processo avviato con la formazione del nuovo partito centrista è comunque sostanzialmente irreversibile. Per lo meno in questa fase, così come anche la situazione di isolamento a destra di quel che resta del vecchio Likud. Infatti, la componente liberale del Likud, passata a Kadima, rappresenta un?aggregazione formatasi nel tempo, attraverso la presa di coscienza della necessità di un nuovo approccio alla questione palestinese e alle questioni legate alla sicurezza di Israele. È dunque una visione che va oltre Sharon. La formazione di Kadima corrisponde in realtà a una esigenza profonda del paese, che è stanco di estremismi ideologici, di sangue e di paura, e che vuole una pace che garantisca sicurezza. Questo non significa che le proposte di questo partito siano di per sé sufficienti a raggiungere la pace, e in questo potrà giocare un ruolo essenziale la bilancia delle forze che si determinerà, dopo le elezioni, con il Partito Laburista, le cui posizioni sono certamente più aperte verso i palestinesi. Sono questi due partiti i perni essenziali intorno a cui si formerà il nuovo governo dopo le elezioni di marzo.
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