Sostenibilità

La corsa all’energia eolica. A cavallo del vento

L’applicazione di Kyoto impone il ricorso alle fonti alternative. Come l’energia ricavata dal vento, per troppo tempo trascurata. (di Luca Leone)

di Redazione

Douglas Mawson era un giovane ricercatore universitario australiano. Aveva trent?anni quando, nel dicembre 1911, si imbarcò a bordo dell?Aurora con destinazione Antartide per tracciare la mappa delle 2mila miglia di costa che fronteggiano l?Australia meridionale. Mawson è stato un grande pioniere, fondatore delle prime due basi australiane di esplorazione in territorio antartico. E oggi la principale base antartica australiana porta il suo nome. Un nome che, dopo quasi un secolo, sta per essere associato a un nuovo grande progetto: lo sfruttamento dei venti antartici per produrre energia.

Sfida catabatica
In nessuna regione del pianeta spirano venti più potenti di quelli antartici. Sono i venti catabatici, che raggiungono velocità anche superiori ai 300 chilometri orari (km/h), come dire 80 metri al secondo (m/s).
Scriveva nel 1910 l?esploratore norvegese Fridtjof Nansen: «Il vento catabatico nel suo incessante soffiare spazza via ogni traccia in questo deserto di neve». Oggi non solo il vento catabatico non fa paura, ma presto potrebbe rappresentare un?eccezionale fonte di approvvigionamento energetico. È, infatti, dello scorso agosto l?approvazione ad opera del governo australiano di un progetto che prevede, dall?estate di quest?anno, la costruzione di tre torri eoliche alte 34 metri, in grado di generare 300 kilowatt (kW) di potenza completamente pulita.
La sfida australiana è, innanzitutto, ingegneristica ed oltre che nel produrre energia pulita consiste nel farlo in condizioni estreme. I tecnici del governo di Sydney dovranno costruire sul duro granito antartico tre torri eoliche capaci di resistere a temperature inferiori ai 40 gradi centigradi e a raffiche di vento che, negli ultimi 50 anni, hanno fissato il record di velocità a 252 km/h. La generazione di aerogeneratori in uso fino ad oggi si blocca automaticamente quando i venti raggiungono i 90 km/h.
Le torri antartiche australiane saranno dotate di nuova tecnologia tedesca, in grado di produrre energia con raffiche fino ai 130 chilometri orari e di resistere a venti di potenza pari a 300 km/h. L?esperimento australiano permetterà di produrre da subito l?80% dell?energia necessaria ogni anno alla gestione della stazione di Mawson, con la prospettiva di arrivare entro pochi anni al soddisfacimento dell?intero fabbisogno.
In termini di impatto ambientale, il tutto si tradurrà nel risparmio della combustione di 800mila litri l?anno di combustibile diesel, oltre che nell?azzeramento di rischi di disastro ambientale come quello sfiorato nel 1990 nella base antartica australiana di Casey. In quella occasione 90mila litri di combustibile si riversarono in mare, costringendo il personale della base a lavorare a 20 gradi sotto zero, per evitare il disastro ecologico.

A buon mercato
Sono sempre di più i Paesi e le grandi compagnie interessate allo sfruttamento dei venti per produrre energia elettrica. La chiave di questo interesse sta nell?evoluzione della tecnologia eolica, che negli ultimi anni ha compiuto passi da gigante, e nella congiunta diminuzione dei costi di produzione. Oggi il mercato più interessante del mondo per i produttori di energia eolica sono gli Stati Uniti i quali, pur essendosi interessati al settore dopo l?Europa, possono considerarsi il Paese più all?avanguardia. E infatti il governo Usa ha recentemente prolungato fino al 2003 la tassa federale di 1,5 cent per kW/h che ogni americano paga allo Stato, per finanziare la ricerca in campo eolico e la costruzione di nuovi impianti. In termini economici questo vuol dire che, dal 2003, gli Usa potranno investire tre miliardi di dollari nel settore eolico. È cresciuto, di conseguenza, l?interesse dei grandi gruppi per il settore, in virtù anche del fallimento di Enron e della divisione delle spoglie del gruppo californiano. Così oggi la più grande azienda impegnata nello sfruttamento dell?energia eolica negli States è General Electric Power Systems, che ha in animo di rilevare da Enron Wind non solo le turbine statunitensi, ma anche quelle tedesche, spagnole e olandesi, cosa che urta con gli interessi dei grandi e medi gruppi elettrici europei. Ma non con quelli dei produttori di turbine, danesi (Vestas e Neg Micon) in testa.
E, dopo General Electric, ecco affacciarsi sul mercato eolico anche Siemens, Abb e il gigante petrolifero anglo-olandese Shell. Questo perché, ormai, produrre energia eolica costa poco: dai 20 centesimi di qualche anno fa, ormai si è arrivati a 3-4 cent al kW/h.

Pensando a Kyoto
Così si spiega la grande corsa all?eolico oltre che, naturalmente, con i crescenti problemi di approvvigionamento petrolifero e con i parametri di Kyoto da raggiungere. Oggi già dieci milioni di case, nel mondo, sono in parte o integralmente alimentate grazie al vento.
Se fino al 2000 è stata l?Europa a fare la parte del leone, con la produzione del 70% dell?energia eolica mondiale, ora l?iniziativa è passata nelle mani degli Stati Uniti che, nel solo 2001, hanno installato impianti in grado di produrre 1.700 megawatt (MW) di energia eolica. Aumentando del 60%, a 4.258 MW, la loro quota eolica e contribuendo sensibilmente all?incremento globale del 45% registrato nel mondo nel 2001 (oggi la capacità globale è di 24mila MW, contro i 7.636 MW del 1996).

Venti record
E dal 2003 la quota dovrebbe crescere ancora, soprattutto grazie agli investimenti promessi nel settore da Danimarca, Francia, Gran Bretagna (che, oggi fanalino di coda, costruirà 1.000 turbine entro il 2020) e Germania. Quest?ultima, con 11mila impianti (e il 3,5% dell?energia prodotta) per superare le problematiche di impatto ambientale sollevate, ha in progetto di costruire 5mila impianti eolici in alto mare.
Luca Leone

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