Spesa militare

La corsa al riarmo fa ricca anche l’industria bellica italiana: 32 miliardi di euro in bilancio per il 2025

La Rete italiana Pace e disarmo lancia un nuovo allarme, alla luce degli ultimi dati Sipri: le spese globali per gli armamenti sono arrivate alla cifra record di oltre 2.440 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto all’inizio del secolo. Dal 10 aprile al 9 maggio 2025 in tutta l'Italia una serie di iniziative contro il riarmo

di Redazione

La spesa militare italiana, prevista nell’ultima Legge di bilancio, ammonta a oltre 32 miliardi: di questi, ben 13 sono destinati all’acquisto di nuovi armamenti (il 40% del totale, quota storicamente mai raggiunta prima). I dati sull’export militare italiano, relativo al 2024 e da poco trasmessi al Parlamento tramite la Relazione annuale prevista dalla legge n. 185/90, dimostrano che anche l’industria militare del nostro Paese sta traendo enorme profitto dal clima globale di riarmo. «Stanno crescendo in maniera significativa le autorizzazioni complessive all’esportazione, che concretizzeranno nei prossimi anni un grande aumento degli incassi delle aziende produttrici di armi a seguito della vendita a Paesi stranieri», denuncia in una nota la Rete italiana Pace e disarmo. «Anche per il 2025, va dato atto al Governo Meloni di avere trasmesso la Relazione prevista dalla legge praticamente nei tempi dovuti; l’obbligo sarebbe quello di una presentazione al Parlamento entro il 31 marzo, non replicando i gravi ritardi degli esecutivi precedenti. Va poi considerato positivo il fatto che la Relazione annuale continui a essere redatta con una struttura coerente e che, nonostante la sterminata mole di pagine, permette a chi la sa leggere di ottenere dei dati significativi. Anche perché sono stati mantenuti quei piccoli miglioramenti di lettura che qualche anno fa le amministrazioni pubbliche hanno adottato anche su sollecitazione delle nostre reti, organizzazioni e campagne. Rimane comunque una minaccia grave all’orizzonte: se verrà confermata la modifica di legge attualmente in discussione in Parlamento, che punta a una riduzione del controllo della trasparenza, quella del 2025 potrebbe essere l’ultima Relazione annuale a riportare molti dei dati e dei dettagli cruciali per comprendere le dinamiche dell’export militare italiano. Soprattutto per quanto riguarda i dati sul sostegno degli istituti di credito agli incassi derivanti dalle esportazioni. Per tale motivo, ancora una volta, la Rete italiana Pace e disarmo rilancia la richiesta di diffusione e sostegno della campagna “Basta favori ai mercanti di armi”».

Nel 2024, sottolinea ancora la nota della rete, «la crescita delle autorizzazioni complessive all’export militare, cioè di quanto il Governo italiano ha autorizzato a seguito di richieste di contratti di vendita sull’estero delle nostre aziende, è aumentata in maniera davvero rilevante. L’anno scorso il valore complessivo delle licenze rilasciate per il trasferimento di materiali d’armamento è stato di 8,69 miliardi di euro: 7,94 miliardi sono stati riferiti a esportazioni e intermediazioni mentre 743 milioni ad importazioni (escluse le movimentazioni intra-comunitarie Ue/See). Una valutazione, rispetto al 2023, mostra una continuazione del trend di rilevante incremento delle autorizzazioni individuali di esportazione (quelle rilasciate verso singoli Paesi per sistemi d’arma specifici) che sono aumentate del 35%, per un ammontare complessivo di 6,45 miliardi di euro. Questa specifica forma di autorizzazione dell’esportazione di armi traina il totale complessivo delle pure licenze di autorizzazione di 7,7 miliardi, che costituisce un aumento del 23,5% rispetto al 2023 e di ben il 57% rispetto al 2022! Ciò avviene perché subiscono solo una leggera flessione (-15%, da 1,47 a 1,23 miliardi di euro) le licenze globali sia di progetto che di trasferimento per co-produzioni strutturate con Paesi Ue-Nato. Ancora una volta le non ben chiarite, nella loro natura, autorizzazioni di intermediazione che noi consideriamo come parte dell’export continuano nel loro andamento altalenante con un aumento da 87 a 257 milioni (erano 397 nel 2022), rimanendo ad un livello superiore della media degli anni precedenti. La già segnalata e continua crescita delle autorizzazioni individuali spinge il dato complessivo ad un nuovo aumento del totale export militare italiano del 25% complessivo, dai 6 miliardi 311 milioni di euro del 2023 ai 7 miliardi 948 milioni del 2024 (erano 5.289 milioni di euro nel 2022). Si tratta di numeri che confermano i trend evidenziati anche dalle recenti valutazioni del Sipri (acronimo inglese dell’Istituto internazionale di ricerche sulla Pace di Stoccolma, ndr) – basate su indicatori pluriennali capaci di “spalmare” l’effetto delle licenze emesse in ogni singolo anno – che hanno mostrato un enorme aumento tra gli ultimi due lustri del commercio internazionale di armi italiane pari all’132% (l’Italia si colloca al sesto posto nella classifica globale per Paesi)».

«Non siamo ancora arrivati ai picchi di una decina di anni fa, derivanti da mega contratti per sistemi d’arma molto complessi, ma il trend in continua crescita, soprattutto delle autorizzazioni individuali, ci dimostra come il tentativo sia quello di lucrare ogni anno di più sulla crescita delle spese militari globali, in particolare per i sistemi d’arma», commenta Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana Pace e disarmo. «È poi importante sottolineare come l’aumento significativo delle autorizzazioni individuali abbia comportato anche una crescita dello sbilancio tra esportazioni verso Paesi dell’Unione europea e della Nato, che dovrebbero invece essere prioritarie, ed esportazioni fuori da queste alleanze politiche e militari dell’Italia».

Francesco Vignarca

Dal punto di vista delle consegne effettivamente registrate dall’Agenzia delle Dogane, vengono confermate le tempistiche dilatate, anche per motivazioni produttive e logistiche, rispetto al momento di concessione del documento di autorizzazione. Nel 2024 le esportazioni effettive definitive hanno registrato un controvalore di 3,58 miliardi, in diminuzione sia rispetto ai 4,63 miliardi di euro del 2023 sia in relazione ai 5,5 miliardi del 2022. «Siamo comunque a un livello ben superiore alla media usualmente registrata prima del 2021, e il robusto aumento complessivo delle autorizzazioni porterà ad un aumento significativo di tale dato nei prossimi anni», precisa la nota. «Considerando anche le esportazioni temporanee e le riesportazioni, il totale complessivo del controvalore di armi uscite dall’Italia nel 2024 è di circa quattro miliardi di euro (dato significativamente minore rispetto alle stime di valore dell’export militare abbastanza gonfiato diffuse dal comparto industriale…). Il numero di Paesi destinatari delle autorizzazioni all’esportazione di armi italiane è significativamente cresciuto nel 2024, raggiungendo il ragguardevole totale di 90 Stati (erano 83 e 82 nel 2023 e 2022) grazie probabilmente anche all’aumento del numero complessivo delle autorizzazioni: 2.569 contro le 2.101 nel 2023. Nel 2024, diversamente dai quattro anni più recenti, un solo Paese (l’Indonesia) ha ottenuto autorizzazioni per un valore complessivo superiore al miliardo di euro, mentre sono stati 15 i Paesi con valori compresi tra i 100 milioni e un miliardo di euro».

Dietro alla già citata Indonesia si collocano la Francia (591 milioni), la Nigeria (ben 480 milioni), il Regno Unito, la Germania e vari Paesi Nato con oltre 300 milioni ciascuno, mentre sopra i 200 milioni troviamo Stati problematici come Emirati Arabi Uniti, Egitto, Macedonia del Nord, India e Ucraina.

Con il webinar formativo “Come mobilitarsi contro le politiche di riarmo” dello scorso 3 aprile, è entrata nel vivo la campagna “Ferma il riarmo” promossa dalla società civile italiana contro l’aumento delle spese militari. «È tempo di intervenire, tutte e tutti, sulla politica, sui media, sulla nostra stessa società, per stimolare una riflessione su queste nostre proposte di alternativa alle spese militari, e su cosa sia davvero necessario per ridurre l’insicurezza armata globale e ridare fiducia nel futuro, in particolare alle nuove generazioni», è il cuore del messaggio della mobilitazione promossa da Sbilanciamoci, Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace, Rete italiana Pace e disarmo, Greenpeace Italia. Si inserisce nell’ambito della campagna globale sulle spese militari che ha lanciato, dal 10 aprile al 9 maggio 2025, le proprie giornate di azione globale. Un periodo in cui anche in Italia verranno organizzati incontri, conferenze, approfondimenti, eventi, manifestazioni, iniziative di varia natura, per rilanciare una richiesta di abbassamento della spesa militare e spostamento dei fondi verso usi più utili, necessari, capaci di promuovere pace e sicurezza. «L’obiettivo di questo mese di mobilitazione della campagna internazionale è chiaro: dobbiamo chiedere la fine di questa sconsiderata corsa agli armamenti. Il mondo non ha bisogno di più armi, ma piuttosto di dialogo, cooperazione e impegno per la giustizia e la dignità umana», è riportato in una nota delle organizzazioni che hanno promosso la campagna.

Lo strumento principale di coinvolgimento della campagna “Ferma il riarmo” sarà la fotopetizione con la quale anche i singoli cittadini, in aggiunta alle adesioni delle organizzazioni della società civile, potranno sostenere le richieste della campagna. Dalla quale emergono alcune proposte chiare: riduzione nazionale e internazionale della spesa militare, con creazione di nuovi percorsi di disarmo; utilizzo delle risorse liberate dalla spesa militare per spese sociali, ambientali e per il rafforzamento degli strumenti di pace; tassare gli extra profitti dell’industria militare; diminuire i fondi destinati alle missioni militari all’estero; aumentare i controlli sull’influenza indebita dell’industria militare su bilancio ed export militare.

Secondo l’ultima stima del Sipri, le spese militari globali sono arrivate alla cifra record di oltre 2.440 miliardi di dollari impiegati per armi ed eserciti: quasi raddoppiate rispetto all’inizio del secolo.

Credits: foto d’apertura di Somchai Kongkamsri su Pexels; le tabelle sono di Rete italiana Pace e disarmo

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